CATTIVI SCIENZIATI Immunità di gregge, un'idea affascinante ma smentita dai fatti

Categoria: Ambiente

Nuove varianti non trovano ostacolo nella loro propagazione nel fatto che la popolazione si sia precedentemente infettata, semplicemente perché varianti immunoevasive sono facilmente selezionate

ENRICO BUCCI 27 GEN 2022 ilfoglio.it lett3’

Vi è un’idea affascinante, ma fallimentare, che i dati ottenuti dopo la diffusione di Omicron hanno definitivamente smentito: quella che, lasciando infettare la popolazione, si raggiunga poi la tranquillità, grazie ad una diffusa immunità protettiva.

Questa idea fu ben espressa a suo tempo da Boris Johnson e dal governo inglese: si disse che il virus sarebbe stato sconfitto, una volta che una frazione della popolazione sufficientemente ampia fosse stata infettata. Johnson, mentre i suoi esperti spiegavano quella che secondo loro era la migliore strategia, si spinse persino a dichiarare: "Molte famiglie, molte più famiglie, perderanno i propri cari prima del tempo".

Da allora, fortunatamente disponiamo di vaccini efficaci almeno da un punto di vista clinico; ma è interessante analizzare proprio gli ultimi dati inglesi, per capire come quella idea fosse folle, e come di conseguenza lo sviluppo di nuovi vaccini debba continuare e tutti debbano essere vaccinati, inclusi i bambini.

L’Imperial College ha appena rilasciato un’analisi, riferita al periodo dal 5 al 20 gennaio 2022, dunque in piena ondata Omicron, la quale esamina 100.607 risultati dei test molecolari nel Regno Unito. Da questi, si deduce che l’infezione si è propagata abbondantemente rispetto al periodo precedente; inoltre, esaminando la sequenza di 1406 isolati dai tamponi risultati positivi, si conferma che Omicron è responsabile di oltre il 90 per cento delle nuove infezioni di gennaio.

Queste le premesse; il risultato importante è che fra gli oltre 4000 casi di nuove infezioni, più del 64 per cento percento corrisponde ad individui che hanno una storia di precedente infezione (da altre varianti) confermata mediante PCR.

Questo significa che, dal punto di vista della capacità infettante di Omicron, l’infezione da parte di precedenti varianti, così come l’immunità conferita da due dosi di vaccino, risulta scarsamente protettiva; e dunque possiamo certamente concludere che, contrariamente a quanto i propugnatori della strategia dell’immunità di popolazione tramite infezione propugnavano, nuove varianti non trovano ostacolo nella loro propagazione nel fatto che la popolazione si sia precedentemente infettata, semplicemente perché varianti immunoevasive sono facilmente selezionate.

Bene, si potrebbe dire, ma potrebbe pur darsi che le nuove varianti immunoevasive siano scarsamente patogeniche, cioè che l’immunità pregressa protegga dalle conseguenze cliniche peggiori. Questo è certamente vero; tuttavia, non è sufficiente a dimenticarci del virus, per la semplice ragione che – come omicron dimostra – la pericolosità sociale del virus è il prodotto della probabilità di infezione per la probabilità di conseguenze gravi; se la prima probabilità si alza a sufficienza, una diminuzione della seconda non basta ad evitare una crisi sanitaria e alla fine un gran numero di morti, come si dimostra per esempio negli USA – dove l’ultima ondata di delta, arrivata nell’autunno 2021, è stata superata in quanto a morti settimanali dall’attuale ondata, nonostante la popolazione fosse in autunno meno vaccinata di oggi e nonostante delta fosse più patogenica di omicron, e dove le ospedalizzazioni hanno battuto ogni precedente record con l’arrivo di questo ceppo.

La “Great Barrington Declaration”, alla luce di questi prevedibili dati, dimostra tutta la sua stupidità; ma la cosa più importante è che l’insieme di questi dati significa che oggi è indispensabile pensare alle prossime lettere dell’alfabeto greco, cioè a nuove, future varianti immunoevasive ed altamente infettive, che emergeranno in forza della selezione Darwiniana. Il processo è iniziato, perché Omicron sta già differenziandosi, con il sottoceppo BA.2 che pare di gran lunga più infettivo; quando emergerà qualcosa che sia in grado di aggirare l’immunità attuale, non è possibile saperlo, ma la selezione naturale non va presa sottogamba.

Cosa fare, quindi, per prepararsi senza dichiarare la prossima variante “mild” e poi vedere gli ospedali pieni?

Semplice: utilizzare il tempo di relativa quiete che avremo per adattare i nostri vaccini alle nuove varianti di coronavirus, come si fa con quelli per l’influenza, sapendo che i prodotti di cui disponiamo contro SARS-CoV-2 sono molto migliori di quelli che abbiamo contro l’influenzavirus.

La Pfizer ha cominciato la sperimentazione di un prodotto adatto a bloccare anche l’infezione, e non solo la patologia, indotta da Omicron; è importante, tuttavia, che non si esiti troppo a lungo con le nuove varianti, sfruttando tutta la rapidità che le nuove tecnologie consentono.

I vaccini non estingueranno il virus, questo è vero; ma con essi, gli antivirali e la sorveglianza epidemiologica potremo davvero smettere di parlare di COVID-19, senza dover sperare nella gentilezza di una macchina probabilistica chiamata virus.