Dove sorgeranno i nuovi depositi di scorie nucleari

Categoria: Ambiente

L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ha messo a punto una cartina con i siti potenzialmente adatti ad accogliere i depositi di scorie nucleari

ANSA newsletter 12/10/2015 PAOLO BARONI La Stampa

Abitate nel 70% di territorio italiano che verrà certamente lasciato fuori dall’elenco dei siti potenzialmente adatti ad ospitare il nuovo deposito di scorie nucleari a bassa e media intensità a causa del rischio sismico troppo elevato, oppure in quello 0,8% di porzione delle Stivale che resterà ancora disponibile dopo aver applicato gli altri 27 criteri di esclusione? Basta guardare la cartina messa a punto dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia per rendersene conto.

Tre regioni escluse 

In pratica il grosso delle aree idonee è concentrata in poche zone: la parte meridionale della Puglia, piccole zone della Basilicata ionica e del Molise, alcune zone costiere della Campania, del Lazio e della Toscana, aree queste ultime che poi verrebbero ulteriormente ridotte applicando un altro criterio che fissa una distanza minima di 5 chilometri dalla costa. In base al criterio del rischio sismico totalmente escluse sarebbero tre regioni su 20: Marche, Umbria e la quasi totalità dell’Emilia Romagna. Ma anche le altre aree del paese verrebbero scremate in base ad altri criteri arrivando ad escludere ben oltre il 90% del Paese: dal limite di altitudine fissato a 700 metri sul livello del mare - certamente mette in sicurezza tutta la Valle d’Aosta e le aree più settentrionali di tutte le regioni alpine - a quello minimo di 20 metri, dalla pendenza dei versanti che non può essere superiore al 10%, alla distanza “adeguata” dai centri abitati ai mille metri che come minimo sono previsti rispetto ad autostrade, strade statali e linee ferroviarie. Per non dire delle zone che presentano rischi di tipo geologico ed idrogeologico. La Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, che ha appena depositato in Parlamento una nuova relazione sulla gestione dei rifiuti radioattivi, giudica però il requisito di rischio sismico, fissato ai tempi del devastante terremoto di Fukushima, troppo restrittivo. “Non è che non si può fare un deposito in aree dove c’è rischio sismicità – sostiene il presidente della commissione, Alessandro Bratti (Pd) – bisogna solo costruirlo con le caratteristiche idonee. Un’esclusione così drastica potrebbe non essere necessaria”. Vedremo cosa deciderà il Parlamento quando sarà chiamato a discutere la nuova relazione. 

 

LA MAPPA: nella cartina, redatta dall’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia sono indicate le aree “a rischio sismico” dell’Italia. La zona tratteggiata è quella dove non può essere localizzato il deposito nazionale di scorie radioattive. La guida dell’Ispra esclude tutte le aree dove, in base alle vigenti norme tecniche per le costruzioni c’è una probabilità del 2% che in un periodo di 50 anni si verifichi un terremoto con picco di accelerazione pari o superiore a 0,25 g. Dell’Italia peninsulare restano in pratica solo la parte meridionale della Puglia, piccole zone della Basilicata ionica e del Molise e alcune zone costiere della Campania, del Lazio e della Toscana, zone che peraltro sono poi ulteriormente ridotte da un altro criterio che fissa una distanza minima di 5 km dalla costa. Risultano del tutto escluse le Marche, l’Umbria e la quasi totalità dell’Emilia-Romagna.

 

Governo in ritardo 

Intanto però i piani del governo stanno rallentando, tant’è che dell’elenco dei siti idonei atteso per fine agosto si sono perse le tracce. La campagna di informazione è partita a fine luglio e durerà ancora due mesi: spot tv, inserzioni sui giornali, affissioni e banner sui siti web. Spesa prevista: 3,4 milioni di euro. Per la Commissione d’inchiesta sui rifiuti sta passando però troppo tempo. E per questo sollecita il governo a darsi una mossa. In particolare, nel documento si esprime “preoccupazione per il prolungarsi dei tempi di attesa per la pubblicazione della proposta di Carta delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del deposito nazionale, soprattutto per l’effetto negativo che i successivi, ripetuti rinvii possono produrre sull’immagine di trasparenza del procedimento”.

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