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 “RENZI È UN IGNORANTE” CHE NON PUÒ ASFALTARE I VALORI DEL CENTROSINISTRA PERCHÉ SE LO FA “È UNO STUPIDO

Foto Reichlin e Renzi

2. DI FRONTE ALLA PLATEA DELLE MINORANZE PD, NOTI CAMPIONI DI CORAGGIO E RISOLUTEZZA, IL GRANDE VECCHIO AGGIUNGE CHE “IL PROBLEMA NON È RENZI, MA IL PENSIERO POLITICO CHE NON C’È”. E BISOGNA CHIEDERSI “COSA C’È DIETRO DI LUI”. GIÀ, NON SARÀ A PALAZZO CHIGI SOLO PER FARSI LE FOTO CON MARCHIONNE E PIAZZARE GLI AMICI DEL GIGLIO TRAGICO

3. POI PASSA LUIGI ZANDA, RENZIANO DI COMPLEMENTO, E ALZA IL DITINO AMMONITORE: “TROVO SCANDALOSO CHE L’AGGETTIVO ‘RENZIANO’ SIA USATO COME UN INSULTO DENTRO AL PD”

Dago Spia,

28 GIU 2015 13:28

1.LA SINISTRA SI RICOMPATTA MA REICHLIN STRIGLIA TUTTI “NON CI SERVE UNA SETTA” BERSANI: “NOI RESTIAMO”

Giovanna Casadio per “la Repubblica”

Tocca al novantenne Alfredo Reichlin bacchettare tutti: Renzi in primo luogo, ma anche le minoranze del Pd guidate da Roberto Speranza e Gianni Cuperlo, che ieri si sono unite in un’assemblea a Roma, in vista di una grande convention autunnale. «Stiamo attenti a non diventare una setta come le altre – mette in guardia lo storico leader– Il problema non è Renzi ma il pensiero politico che non c’è». Insomma «cosa c’è dietro di lui?».

E poi meglio sarebbe parlare meno di Civati e più delle forze produttive del paese. Reichlin sta con gli anti renziani. Del premier e segretario dice che è «un ignorante» che non può asfaltare i valori del centrosinistra perché se lo fa «è uno stupido».

Ma non è solo giornata di vecchi leoni al centro congressi vicino piazza di Spagna, dove si riunirono i grandi elettori dem indicando Mattarella per il Quirinale. Qui ora la sinistra del Pd invoca la riscossa ed esorcizza le perdite. Nel fronte anti renziano infatti non c’è solo chi ha lasciato il partito (Civati, Fassina) e chi si è convinto a più miti dissensi (Martina, Damiano, Amendola). Bersani in prima fila rinuncia a parlare per non fare ombra alla nuova leva, soprattutto al “delfino” Speranza: «È la giornata di Roberto..».

Però una cosa l’ex segretario non può non dirla. Riguarda l’Italicum, che non sarebbe mai dovuto passare. I duri e puri della sinistra dem non votarono la fiducia a Renzi sulla legge elettorale e Speranza si dimise da capogruppo. «L’Italcium è un danno e chi l’ha voluto se ne assuma la responsabilità. Penso e spero non ci saranno altri abbandoni – commenta Bersani – Si deve rafforzare il progetto originario del Pd che è l’unica alternativa al centrodestra».

Il Pd è il centrosinistra, non è un partito indistinto che perde a sinistra e non pesca a destra. Lo dice Speranza e attacca Renzi che, snobbando la sinistra, «sega l’albero su cui siede. E a forza di evocare gufi diventiamo struzzi...».

Da Firenze Renzi ironizza, riferendosi ad una platea che lo ascolta sotto il sole per l’intesa tra Italia e Istituto buddista: «La sinistra estrema si sta sciogliendo, dal punto di vista tecnico e non politico... ». A Roma contro l’Italicum Speranza suona la carica: «L’Italicum è un errore gravissimo, è intelligenza ammettere i propri errori. Se non lo si cambia, si modifichi la riforma del Senato».

E Cuperlo ricorre alla metafora del sarto per spiegare che è stato un abito proprio sbagliato, fuori taglia, quello dell’Italicum, era per un Pd che non c’è e il popolo-sarto lo ha svelato alle ultime elezioni. Spiega Miguel Gotor: «Stiamo asfaltando l’autostrada per i 5Stelle».

Nel mirino anche l’altra minoranza che fa capo a Martina. «Ci sono i renziani della prima, della seconda, della terza e ora anche dell’ultima ora», è l’affondo di Speranza. Cuperlo, persino più tagliente, sferza quelli che fanno «da stampella», che pensano di «levigare lo spigolo..».. Per la sinistra dem al gran completo la leadership di Renzi si è infragilita ed è in difficoltà. Zanonato invoca la separazione: mai più un premier che sia anche segretario del Pd. È la parola d’ordine.

roberto speranza

ROBERTO SPERANZA

Applauditissimo Errani, seduto in platea. Epifani chiede di avere «spalle larghe per una sfida dentro il Pd, perché fuori c’è una sinistra minoritaria e ristretta». Però la sinistra dem è tutta da costruire. Non è stata capace di stoppare Renzi sulla scuola. Ci vorrebbe la fantasia di un Rivera: esemplifica Cuperlo. La riscossa parte dai circoli, molti del sud presenti. In prima fila la nuova generazione Stumpo, D’Attorre, Leva, Agostini. «Compagni...», esordisce l’eurodeputato Paolucci, scattano applausi: torna una parola di sinistra e si scommette sul Pd oltre Renzi.

2. “PATTO PER IL PD MA NON SI DICA RENZIANO COME INSULTO”

Francesco Bei per “la Repubblica”

Luigi  Zanda, nocchiero di un gruppo di 113 senatori democratici, ha già mandato in porto la Buona scuola e nelle prossime settimane lo aspettano prove altrettanto difficili. A partire dalla riforma costituzionale, «che sarà approvata nel giro di 40-50 giorni». Ma l’Italicum, avverte «non si cambierà ».

La sinistra interna oggi si è rimessa in cammino. Ha visto l’assemblea di Speranza?

David Sassoli e Luigi Zanda

DAVID SASSOLI E LUIGI ZANDA

«Mi chiede della vita interna al Pd? Tema certamente importante, anche se la nostra attenzione oggi è sul possibile default della Grecia, sull’offensiva degli islamisti in tre continenti, sui segnali inquietanti di un ritorno alla guerra fredda, sulla crisi economica. Ma se vuole parliamo del Pd».

 Insomma, la minoranza si starebbe guardando l’ombelico senza pensare al contesto mondiale?

«Non dico questo e, come vedono tutti, in un anno e mezzo di Renzi c’è stata necessariamente un’attenzione riservata soprattutto ai temi di governo, con una minor cura alla vita interna di partito».

È da mesi che parlate di come si deve stare nel partito e non è cambiato ancora nulla. Non è arrivato il tempo di fare qualcosa?

«Dobbiamo assolutamente ricostruire le regole della nostra vita interna: come si prendono le decisioni, quale rapporto deve esserci fra quello che stabilisce il partito e come votano i gruppi, l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione».

 Ma?

«Ecco il punto: i contrasti interni possono essere un’occasione di crescita, oppure possono essere agitati come una copertura per cercare un posizionamento politico ».

 La sinistra dem accusa Renzi di non tener in alcun conto il parere delle minoranze, di guardare solo al centro perdendo per strada milioni di elettori. Non è cosi?

«Guardando al Pd io vedo tre realtà diverse. C’è una parte maggioritaria che ha sempre sostenuto Renzi fin dalle primarie e lo ha portato alla segreteria. C’è un’altra parte che non lo ha sostenuto all’inizio ma ne riconosce la legittimità come segretario e vive una forma di collaborazione politica, senza per questo essere diventata renziana. E c’è infine una terza parte che non solo non lo ha votato, ma conduce una battaglia politica interna di opposizione. Il che va benissimo, ma i partiti non reggono senza un patto politico che leghi maggioranza e opposizione».

E questo patto è quello che manca secondo lei?

«In una parte temo di sì. E mi faccia aggiungere, da uno che non lo ha votato alle primarie e non è renziano, che trovo scandaloso che l’aggettivo “renziano” possa essere usato come un insulto all’interno del Pd».

Alfredo Reichlin, pur criticando il segretario, invita la minoranza a non trasformarsi in una «setta» e a dotarsi di un progetto politico. Alla sinistra interna manca un progetto?

«Se lo dice Reichlin...Quando le minoranze hanno un buon progetto possono anche guidare un partito: mi viene in mente Aldo Moro nella Dc».

Si chiedono anche dove Renzi stia portando il Pd. Lei lo ha capito?

«La scommessa di Renzi è quella di mettere sul piatto un pacchetto di riforme ispirato alla famosa lettera della Bce del 2011,uno shock che possa rendere credibile l’Italia in Europa, favorire gli investimenti, una drastica riduzione delle tasse e fare una reale politica di sinistra».

Destra e sinistra per Renzi sembrano posizionamenti superati. Cos’è per voi la sinistra?

«Una politica di sinistra è quella che dà risposte ai bisogni grandi dei ceti più deboli: anzitutto lavoro, sviluppo, qualità della vita. E senza risanamento economico non è possibile alcuna politica di sviluppo».

Le minoranze chiedono di rivedere l’Italicum appena approvato. Ci sono margini?

«Durante la segreteria Bersani sono stato nel gruppo che ha cercato di cambiare il Porcellum. Non ci siamo riusciti. Abbiamo impiegato un anno a portare a casa l’Italicum: ci penserei molto prima di rimetterci le mani. Nè si può dire che se non lo cambiamo allora può vincere Grillo! Le leggi elettorali non si fanno contro qualcuno».

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