C'è un modo sicuro e facile per capire se sinistra e sindacati sono per i poveri

Categoria: Cultura

Questo tsunami di no ai partiti tradizionali non ha modificato i comportamenti di chi (anche se non per sempre) ha in mano il potere. Il principio che la scuola, in Italia, è al servizio del suo personale e non dei suoi studenti

 di Pierluigi Magnaschi, Italia Oggi 15.7.2016

Il pil non cresce, la disoccupazione aumenta, i risparmi sono a rischio, il debito pubblico si dilata nonostante i tagli (saranno fatti o sono solo annunciati?) ma la politica italiana non solo si è incartata (e lo resterà almeno fino a ottobre) sul referendum relativo alla riforma costituzionale, ma anche non dà segni di ravvedimento nonostante che l'elettorato, prima disertando massicciamente le urne e poi votando per l'M5s senza nemmeno turarsi il naso (tanto, dice, la puzza c'è dappertutto), abbia mandato dei segnali inequivocabili e preoccupanti per tutti coloro che hanno a cuore il futuro del paese. Questo tsunami di no ai partiti tradizionali non ha modificato i comportamenti di chi (anche se non per sempre) ha in mano il potere. Certo, qui e là (basterebbe ricordare le recenti esternazioni di Chiamparino efficacemente esposte su ItaliaOggi da Carlo Valentini) c'è chi suona il campanello di allarme al Pd richiamandolo ai problemi della povera gente che sono ormai sistematicamente disattesi (se non a parole) da una classe politica esclusivamente parolaia, nemmeno più post marxista ma solo post sessantottarda e quindi inevitabilmente radical chic, modello Montblanc.

Ci sono certo dei problemi non semplici che fanno star male la gente che già sta male. Non si può infatti intervenire istantaneamente con la bacchetta magica su questioni complesse, incancrenite da un trentennio di disattenzioni e di finanza allegra. Ma si potrebbe cominciare da qualche cosa, immediatamente risolvibile, anche se solo in parte. Ad esempio, i sociologi che scoprono una strozzatura e poi passano subito al ginger come se niente fosse, stanno dicendo che in Italia si è fermato l'ascensore sociale, quello strumento cioè che, ancora negli anni 70, consentiva al figlio di un operaio di laurearsi (anche se con grandi sacrifici da parte di tutta la sua famiglia) e quindi di fare il salto di qualità e di retribuzione nella società. L'ascensore, è un fatto, si è rallentato per tutti, visto che l'economia non cresce. Ma, ad esempio, per chi non conosce bene l'inglese (in modo da saper leggere un contenzioso giuridico o clausole contrattuali, ad esempio, non certo per rimorchiare una ragazza) l'ascensore è già fermo da tempo e fra poco rischia anche di scomparire del tutto.

Ma in Italia, inutile che ci nascondiamo dietro un dito, la scuola non insegna l'inglese a nessuno. Salvo straordinarie eccezioni, i giovani che in Italia sanno parlare bene l'inglese sono solo coloro che frequentano le scuole inglesi o che si sono potuti permettere delle tate anglofone in casa o che hanno studiato all'estero. In parole povere, da noi imparano l'inglese solo coloro che hanno i mezzi, mentre coloro che non li hanno, restano a secco e finiranno per essere emarginati nella società e sul posto di lavoro. Infatti, nel 2016, la conoscenza dell'inglese non è più una conoscenza accessoria od opzionale ma è uno strumento indispensabile per poter competere o anche solo galleggiare in un mondo globalizzato. A maggior ragione, questa necessità sarà assolutamente indispensabile nel 2036, quando cominceranno a entrare nel mondo della produzione (e delle relazioni economiche e culturali) i bimbetti che, al prossimo autunno, entreranno nella scuole materne.

Inoltre, non solo i giovani poveri non apprendono l'inglese in Italia, anche nell'esibita, spocchiosa e colpevole indifferenza dei partiti e delle organizzazioni che dicono di voler tutelare i diritti dei ceti meno abbienti, ma questi ultimi sono anche spesso costretti a imparare, fin dalle medie inferiori, il francese. Non perché il francese sia una lingua internazionale che possa nemmeno lontanamente competere con l'inglese ma solo perché le cattedre esistenti (che obbediscono a criteri di cent'anni fa) sono occupate da insegnanti di francese e quindi, il ministero dell'istruzione, dovendo arbitrare fra le esigenze degli studenti e quelle degli insegnanti, preferisce da sempre tutelare quelle degli insegnanti, in base al noto e inossidabile principio che la scuola, in Italia, è al servizio del suo personale e non dei suoi studenti.

 

Pertanto le famiglie (anche quelle povere infatti hanno capito che con il francese non si va lontano e l'inglese è diventato uno strumento indispensabile per tutti) che pure vorrebbero che i figli imparassero, al più presto e con un numero decente e non simbolico di ore, quel poco inglese che si insegna a scuola, sono costrette a iscrivere i loro ragazzi ai corsi di francese per poter accontentare la professoressa che non si vuol riciclare. Non solo, anche ammesso l'inaccettabile (e cioè la subordinazione dell'interesse delle famiglie a quelle dei professori), siccome sul ruolo dell'inglese c'è certezza da almeno mezzo secolo, se le cattedre di francese arrivate a scadenza fossero state convertite negli ultimi trent'anni, in quelle di inglese, si sarebbero stati lasciati i docenti di francese di raggiungere comodamente la loro fine carriera, ma oggi tutti gli studenti delle medie potrebbero studiare, come prima lingua, l'inglese.

Berlusconi disse, a suo tempo, quando era premier, che voleva introdurre lo studio dell'inglese anche nelle scuole elementari. La decisione era importante anche se veniva attuata in dosi omeopatiche e in misura pressoché simbolica. Ma si ricorse a maestri di inglese che non sapevano l'inglese fra l'indifferenza di tutti e la connivenza dei sindacati. Infatti furono organizzati dei corsi di abilitazione burletta di poche decine di ore alla fine dei quali i supposti maestri di inglese vennero messi in cattedra. Sarebbe come se, in mancanza di chirurghi, venissero autorizzati a fare le operazioni i barbieri. Questa operazione infatti si concluse con la semplice creazione di altri posti di lavoro parassitari, dando un'altra volta l'illusione alle famiglie (e poi il sistema si lamenta del successo dei grillini) che i loro figli sarebbero stati introdotti e accompagnati verso e nella modernità.

Se ci fossero in Italia delle forze di sinistra (politiche, sindacali e culturali) interessate alle esigenze reali delle famiglie più povere questo scandalo della creazione di due classi di studenti (quelli coi mezzi e quelli no) non avrebbe mai dovuto cominciare. Ed oggi dovrebbe cessare rendendo effettivo l'insegnamento dell'inglese come prima e unica lingua straniera nella scuola media. E immettendo in ruolo solo docenti perfettamente bilingui con accertamenti rigorosi della loro competenza . Accertamenti che possono anche essere fatti per via elettronica con dei test, di valore internazionale molto oggettivi e diffusi. Basta volerlo. Ma non lo si vorrà. Bisognerebbe introdurre la meritocrazia. Il che è impossibile. Anche se sarebbe facile se lo si volesse.

Pierluigi Magnaschi