Servono i laureati ma non di ogni tipo

Quanto all'industria, vi è uno scarso riconoscimento economico del neo-laureato che rende poco appetibile l'ingresso in azienda

 di Carlo Valentini  15.9.2017 da www.italiaoggi.it

Un esempio di discrasia tra domanda e offerta di lavoro è che, da un lato, si registra (nonostante qualche miglioramento) un alto tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, tanto che molti cercano rifugio all'estero, dall'altro i comparti produttivi e dei servizi lamentano lo scarso numero dei laureati e quindi la difficoltà a reclutare collaboratori. Una situazione resa ancor più grave dal fatto che una parte degli iscritti alle università scelgono percorsi non idonei all'inserimento nel mondo del lavoro e che negli ultimi anni il numero degli iscritti è sensibilmente diminuito. Perfino la Turchia (27,5% rispetto alla platea dei giovani) ha più laureati dell'Italia (25,1%). Inoltre l'Anvur (agenzia di valutazione del sistema universitario) annota che il 42% degli iscritti non arriva alla laurea (la media europea è del 30%).

Lo scollamento tra università e industria e la mancanza di un orientamento scolastico-professionale a forte impronta pubblica (mai una proiezione statistica argomentata sui bisogni futuri del mercato del lavoro, mai una documentata trasmissione di servizio ai ragazzi e alle loro famiglie da parte del governo sull'emittente pubblica ecc.) sono tra le tante ragioni di questo handicap italiano.

Quanto all'industria, vi è uno scarso riconoscimento economico del neo-laureato che rende poco appetibile l'ingresso in azienda.

Poi ci sono le università, spesso chiuse in se stesse, che propongono fantasiosi e improbabili indirizzi di studio, e che non hanno saputo valorizzare i corsi triennali. Poco più del 40% di chi si diploma decide di iscriversi a una università mentre la media Ue (dove i corsi triennali funzionano) è del 60%. La sfiducia verso il triennio è spesso intrecciata con la mancanza di un sostegno economico. Le tasse universitarie sono oggi piuttosto alte, quindi ci dovrebbero essere i contrappesi delle borse di studio e delle agevolazioni per gli studenti di nuclei familiari con una limitata fascia di reddito. Alle prese coi bilanci, molti atenei hanno in parte tagliato questi aiuti, impedendo di fatto molte iscrizioni.

La competizione internazionale avviene oggi soprattutto sul piano della cultura scientifica e umanistica delle popolazioni, che poi si irradia nella produzione, nell'apparato burocratico, nella società. Un numero cospicuo di bravi laureati è una ricchezza. Si può continuare a formarne pochi e poi, quei pochi, farli fuggire all'estero?

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