Dal 1968 l’Occidente pratica l’odio di sé

Categoria: Cultura

Nel Regno Unito si vuol bandire Platone e Aristotele perchè bianchi, razzisti e anche sovranisti. E gli stranieri che entrano possono dettare le regole, mentre chi c’è già, le deve accettare. E’ l’effetto del politicamente corretto

di Max Del Papa, 10.4.2019 www. italiaoggi.it

In Inghilterra alcuni studenti di culture esotiche vogliono bandire Platone e Aristotele in fama di bianchi, razzisti, suprematisti e anche sovranisti. In Germania, a una ragazza tedesca che lamentava difficoltà in un contesto multireligioso, il preside ha suggerito di indossare anche lei il velo islamico per non avere fastidi. In Italia, papa Bergoglio arriva a dire che la mafia non l'hanno inventata i nigeriani ma gli italiani, constatazione priva di senso. Multiculturalismo, sincretismo, sono suoni, suggestioni care ai progressisti di buona volontà ma la pratica li contraddice, ribalta i ruoli, è chi entra a dettare le regole e chi ospita ad accettarle. Non si tratta del fatidico «Graecia capta ferum victorem cepit» (la Grecia conquistata - dai romani - conquistò il selvaggio, ndr) perché la dinamica è unidirezionale, fondata sulla pretesa aprioristica da una parte e sulla concessione acritica dall'altra: non c'è contaminazione, scambio fertile, c'è esplosione di problemi e di emergenze.

Chi arriva sono popolazioni poco o per niente scolarizzate, pochissimo evolute, senza niente da perdere, inclini, e si può capire, a qualsiasi passo per tutelarsi. Molti assorbiti dalla malavita organizzata «inventata dagli italiani» o allestita in proprio, altri semplicemente allevati al culto del rilancio: dal «dovete salvarmi», obbligo umanitario condiviso sotto qualunque cielo, al dovete ospitarmi, alloggiarmi, mantenermi, provvedere ai miei familiari, dotarmi dei comfort che vedo a disposizione dei locali, nazionalizzarmi, istituzionalizzarmi. Secondo una prassi sindacale che la sinistra ha colpevolmente fomentato in questi anni senza preoccuparsi di alcun elemento di reciprocità.

È il famigerato «politicamente corretto», che, come ha messo in chiaro Eugenio Capozzi in un recente volume, postula la resa, graduale ma incondizionata, di ogni elemento culturale originario, nel tentativo di realizzare per via moralistica quella rivoluzione socioeconomica fallita dal marxismo. Così che non può stupire la reazione di risacca, non di rado scomposta, delle famigerate periferie e, su un piano più teorico, di chi non si adegua a mostruosità sempre più invasate, dalla rimozione dei padri nobili del pensiero occidentale, Platone e Aristotele come Tommaso, Dante, Shakespeare (a quando Leopardi, in fama di protoliberale?), alle eresie sul riscaldamento globale che, seppure tutto da dimostrare scientificamente, sconsiglierebbe eticamente di fare figli, visti come elementi perturbanti dell'autonomia femminile e dell'ambiente; laddove vengono, invece, incoraggiate le più spericolate contaminazioni genetiche: bambine figlie della loro nonna, sorelle del loro padre, nell'indiscutibile nome dell'amore.

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Con questi chiari di luna, viene da chiedersi se uno come il cardinale guineiano Robert Sarah sia il pericoloso reazionario che dicono o uno col coraggio di denunciare la resa incondizionata dell'Occidente ai suoi diritti e alle sue responsabilità; e si capisce ancora meglio un libro necessario come quello appena uscito di Giulio Meotti, La tomba di Dio, sul genocidio dei cristiani d'Oriente. Un libro, in fondo al quale, si arriva con un senso di stanchezza, di disperazione quasi catartica non solo per l'allucinante messe di casi cruenti, di massacri, di nefandezze raccolte da Meotti, in un lavoro straordinario e sicuramente faticosissimo di documentazione; non solo per l'angosciante scomparsa di intere comunità religiose, esseri umani dei quali quasi nessuno si occupa da anni; a demoralizzare è pure la continua dimostrazione, pagina dopo pagina, della risoluta incapacità dell'Occidente a tutelarsi.

Una incapacità istituzionale, culturale, etica, religiosa troppo scoperta per non essere volontaria. L'odio di sé l'Occidente lo pratica in modo compulsivo, forse irreversibile: in nome di cosa, non è dato capire al netto delle suggestioni postrivoluzionarie, anticapitaliste da secolo scorso. Sì, il libro di Meotti lascia raggelati di spavento e di rimorso: vien da chiedersi dove eravamo noi, dove siamo mentre uno sterminio quotidiano si consuma dal Nord Africa alle Filippine, e in mezzo ci sono i cristiani, visti come ultimo baluardo di quell'Occidente del quale, ci piaccia o meno, non possiamo non dirci figli.

Dopo questo lavoro, dire che non sapevamo non si potrà più; minimizzare non sarà ancora possibile; ci viene preclusa ogni via di fuga, per il semplice quanto drammatico motivo che non si parla «solo» di bambini, vecchi, donne, uomini, comunità massacrate per ragioni fideistiche, quanto che quei macelli arrivano a noi riverberati in forma di continua rinuncia a salvaguardare chi siamo stati, chi siamo tuttora. O forse, chi non siamo più.

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