È il Mondo Nuovo della morte on demand

Categoria: Cultura

La ragazza è morta domenica in Olanda. Un paese in cui si proclama e propugna il diritto di ognuno di seguire le proprie tendenze. Compresa la morte

di Redazione 4 Giugno 2019 www.ilfoglio.it

Commenti 17

Una ragazza olandese di 17 anni, Noa Pothoven, si è lasciata morire di fame e di sete dopo avere richiesto l'eutanasia a seguito di una violenza sessuale subita all’età di 11 anni. In Olanda l'eutanasia è legale ma i medici avevano risposto alla sua richiesta rimandando la data di esecuzione. La giovane è morta dunque domenica, sotto sedazione terminale, assistita da medici nella sua casa ad Arnhem, nei Paesi Bassi, dopo aver pubblicato su Instagram l’ultimo post: una foto e le parole “con amore, Noa”.

  

E’ sempre complicato e doloroso entrare in vicende simili. Ma qui c’è una riflessione da fare. L’Olanda è un paese in cui si proclama e propugna il diritto di ognuno di seguire le proprie tendenze. Compresa la morte. E comprese ormai tutte le “circostanze”, come si dice. L’eutanasia è praticata in massa anche a chi è “stanco di vivere”, chi ha la malattia di Lou Gehrig, la sclerosi multipla, la depressione o la solitudine cronica. Nelle linee guida della Royal Dutch Medical Association l’eutanasia è concessa a chi ha “disturbi mentali e psico-sociali”, come la “perdita di funzionalità”, e la solitudine e la perdita di autonomia sono considerati “criteri accettabili per l’eutanasia”. Il documento sostiene che il “concetto di sofferenza” è “ampio” rispetto alla sua interpretazione e include “disturbi della vista, dell’udito e della mobilità, cadute, confinamento a letto, affaticamento, stanchezza e perdita di fitness”.

L’eutanasia era iniziata come metodo estremo per porre fine alle sofferenze dei malati incurabili, condannati a morte certa, per abbreviarne il calvario. “Compassione”, si disse. Gli oppositori avevano evocato lo slippery slope, il tema del piano inclinato. Non ci saremmo fermati ai malati incurabili. E portando a 12 anni l’età legale per accedere all’eutanasia, qualcuno avrebbe chiesto di estenderla ai neonati. Detto fatto. I bambini sono eutanasizzati. In Olanda è realtà, come in Belgio. La vicenda di Noa questo ci dice: una volta che si accetta di camminare sul piano inclinato si finisce contro il muro della “death on demand”. La morte su richiesta. Come un qualunque altro servizio sanitario. E’ un Mondo Nuovo. Un mondo post-umano. Parliamone.

Commenti

Giovanni

05 Giugno 2019 - 12:12

Un caro amico fu colpito da un grave esaurimento nervoso. Per anni soffrì penosamente. Chiedeva alla moglie di ucciderlo, persino al figlio, chiedeva di essere mandato in un paese dove fosse possibile l'eutanasia. Niente , nessuno lo poteva aiutare: una notte salì su una seggiola e si lanciò dall'ottavo piano del palazzo in cui abitava. Io sono per l'eutanasia quando vi sono le condizioni per praticarla. La ragazza olandese non ce la faceva più, soffriva atrocemente e probabilmente si sarebbe suicidata. Così almeno ha potuto salutare con amore i propri familiari, senza sofferenza fisica e senza esser stata obbligata a togliersi essa stessa la vita con mezzi quasi sempre atroci.

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04 Giugno 2019 - 21:09

Al direttore - Una società edificata sul dogma del “il diritto di ognuno di seguire le proprie tendenze. Compresa la morte.” È il paradigma di un sistema in cui l’entropia è arrivata al massimo. Si passa ad un sistema equilibrato, ordinato, ad uno tendenzialmente privo di punti fermi di riferimento. Se non quello del disordine assunto come soggetto di riferimento.

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Rispondianna.maria.loi

04 Giugno 2019 - 20:08

L'aborto, legalizzato per i casi di violenza sessuale e di grave pericolo per la vita della madre, è diventato un "diritto umano", l'eutanasia, legalizzata per i casi di "sofferenze estreme" diventata uno strumento per ristabilire i deficit dell'assistenza sanitaria, di che meravigliarsi in una società dove tutto è capovolto?

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RispondiBacos50

05 Giugno 2019 - 09:09

Gran belle parole, eticamente ineccepibili, ma come sempre dette rivolgendosi al sedere degli altri! Mi piacerebbe osservare la faccia di tutte queste donne che si strappano i capelli, quando si scagliano contro le proprie simili che "pretendono" di abortire dopo una violenza o che osino farlo, sapendo che in ballo c’è la loro vita. Ecco, vorrei osservarle mentre son costrette a nutrire il frutto di una violenza o costrette ad andare avanti sapendo di poter morire. Per il resto, ognuno di noi è libero di decidere della propria vita come ritiene opportuno. Se invece quella ragazza si fosse un giorno suicidata o l’avesse già fatto e allora tutti pronti a profondere lacrime di coccodrillo a catinelle. Applaudo a chi invece su un grande giornale, dopo aver tratteggiato la storia di quella povera ragazza, ha sentito di desiderio di concludere scrivendo: "Rinuncio alla tentazione arrogante di giudicarla".

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Rispondibranzanti

04 Giugno 2019 - 21:09

Quindi, domandina facile facile, la madre dovrebbe morire? O il moribondo soffrire senza lenimento?

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RispondiCarlo A. Rossi

05 Giugno 2019 - 11:11

Branzanti, non faccia come sempre finta di non capire e di rivoltare la frittata. Non si tratta di lasciar soffrire qualcuno senza lenimento, ma del fatto che, come sempre, quella che all'inizio viene descritta come "libertà" alla fine si tramuta in "licenza". L'aborto è, non mi stancherò mai di dirlo, al più un male necessario, ma non è certo un diritto inalienabile o una conquista sociale pari solo all'abolizione della schiavitù. Un bambino che non si desideri può nascere e poi affidato ad altri (la famosa "ruota", per dirne una): la soppressione è una soluzione che fu molto in voga nell'antichità classica, a cui molti oggi guardano estasiati. Stesso discorso per l'eutanasia: chi decide quale sia una vita "degna di essere vissuta"? Ricordo che i nazisti si arrogarono questo diritto (non Trump, il fascista supremo per finta, quelli veri) e si sa come terminò. E le argomentazioni dei nazisti erano sempre legate alla pietà verso chi soffre, per essere chiari.

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RispondiSilvius

05 Giugno 2019 - 15:03

Lei chiede: chi decide quale sia una vita "degna di essere vissuta"? Una domanda inutile la cui unica risposta possibile disturba molto le persone che ragionano come Lei: ognuno di noi che tale vita deteniamo. Quindi anche Lei per la Sua di vita. A dispetto di tutti i piani inclinati e di tutte le contraddizioni.

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Rispondibranzanti

05 Giugno 2019 - 14:02

Caro Rossi io smetterò di far finta di non capire e di provocare quando su questi temi termineranno certi approcci apocalittici. Fino ad allora a fronte di chi sostiene che la vita è un dono di Dio e tutto va accettato (ma i genitori?) io continuerò ad esercitare il libero diritto alle mie opinioni di laico ateo ed alla loro difesa. Se superiamo certi dogmi sono il primo a discutere di aborto come intervento patologico, che in moltissimi casi potrebbe essere semplicemente prevenuto con educazione e contraccezione. Ma se non si vuole neanche questo...

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Rispondivalentinab

05 Giugno 2019 - 14:02

Lei dà per scontato che un embrione sia un bambino perciò tutto il suo commento è discutibile in partenza. Se anche l'aborto non fosse un diritto inalienabile (e per me lo è) una donna non porterà mai avanti una gravidanza che non vuole e nessuno potrà impedire questo, legge o non legge, il passato ce lo dimostra.

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RispondiCarlo A. Rossi

05 Giugno 2019 - 15:03

(Continua) In più, indipendemente dalle mie credenze, il problema è prima di tutto etico. Chiaramente io non posso parlare a nome di una donna incinta, per dire. Etico, perché si scarica un problema su una creatura (il feto) che non ha responsabilità alcuna: che esso sia stato concepito, non è colpa sua. Può essere frutto di una violenza (in questo caso, capisco il tormento, ma non è il feto che si è impiantato da solo; e il tormento dello stupro non scompare eliminando il frutto, a meno che con esso scompaiano le memorie) o di poca attenzione o superficialità (sempre per parlare di diritto: la superficialità è fra le due cause di responsabilità, è stato forse il feto ad essere superficiale?). In ogni caso, le vostre argomentazioni sono fallaci dal punto di vista etico. Sono capziose, questo sì: spostano il fulcro del problema e vi aiutano a sentirvi così progrediti. Quando l'aborto veniva praticato dalle società più arcaiche, pensateci un po'.

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RispondiCarlo A. Rossi

05 Giugno 2019 - 15:03

Rispondo ad entrambi. E.g. la Costituzione Svizzera (parlo di diritto che conosco) garantisce i diritti civili ad un feto, posto che ovviamente nasca poi vivo (nella fattispecie, si parla e.g. di diritto a rendite per orfani). Ora, io non sono un giurista (ma per lavoro ho dovuto impararlo e mi tocca di usarlo): ma se si garantiscono ad un feto i diritti civili (che ovviamente decadono qualora esso morisse), si ammette implicitamente che esso sia vivo. Questo dal punto di vista del diritto. Dal punto di vista della logica, il feto respira, si nutre, in qualche modo: dal che se ne deduce che esso viva. Il feto pensa? Questo non lo so. Ma indipendentemente da ciò, non penso che voi possiate dimostrare che l'anima, o il discernimento, se parlare di anima offende le vostre sensibilità di atei, entri nel corpo vivo esattamente nel momento del parto. Potete fissare un termine ante quem un feto non sia un essere senziente? (Continua