CI TOLGONO PURE LE TETTE DELLE STATUE –

Categoria: Cultura

L’ATTIVISTA FEMMINISTA BARBIE AAB CONTRO L’USO DEL CORPO DELLE DONNE NELL’ARTE

Caterina Soffici per “La Stampa” 30.12.2020

E ALLORA DOBBIAMO COPRIRE I NUDI FEMMINILI DEL BOTTICELLI E ABBATTERE LA VENERE DI MILO? -

PERCHÉ UNA RAPPRESENTAZIONE DEL CORPO UMANO È DEFINITA ARTE E UN'ALTRA È PORNOGRAFIA E CONSIDERATA UN ATTO OSCENO? BELLA DOMANDA... – FOTO dagospia.com

«Guardate cosa siete abituati ad accettare come normale» recita il cartello al Trafford Centre di Manchester, davanti a una installazione artistica dove un giovane uomo si lava i piedi in una bacinella accudito da un nugolo di donzelle seminude.

Le donne sono acconciate da antiche ancelle, rivisitate in stile moderna velina, sempre comunque secondo il noto e consolidato schema dell'uomo vestito circondato da donne svestite. A reggere il cartello è una ironica Barbie, ovvero la firma di AAB (ArtActivistBarbie, alias Sarah Williamson, ricercatrice universitaria), colpo di genio che sovverte la simbologia della bambola di plastica da sempre nel mirino delle femministe come stereotipo di genere.

Scopo è attirare l'attenzione su come ancora oggi si rappresenta il corpo delle donne, per chiedere più uguaglianza e perché non siano più solo oggetto dello sguardo maschile. La Barbie attivista ha contato la bellezza di cento statue di donne nude per abbellire le corsie del centro commerciale di Manchester, con rispettive duecento tette al vento e zero uomini nudi. Perché mai si continua ancora a usare il corpo nudo delle donne per vendere?, si chiede Barbie.

Altro colpo divertente di ABB (tra l'altro uno dei post più commentati sul suo account Twitter) sono le due foto della bambola davanti al famoso Déjeuner sur l'herbe di Manet. Nella prima la Barbie è nuda e gli uomini vestiti, come nel quadro. Nella seconda la situazione è invertita: la Barbie è vestita mentre i due uomini sono nudi.

Una provocazione interessante e che fa comunque riflettere. Nell'anno in cui sotto la spinta di Black Lives Matter la furia si è abbattuta sulle statue dei mercanti di schiavi è giunta l'ora di coprire i nudi femminili del Botticelli e di abbattere la Venere di Milo? Messa così l'idea rasenta semplicemente l’idiozia.

Ma in un mondo riscritto da nuove sensibilità e nel quale la cultura della cancellazione non è più un tabù, anche il modo in cui il corpo femminile è raffigurato nell'arte torna di attualità. Soprattutto ci si chiede dove sia il confine tra arte e pornografia.

Il tema non è certo nuovo. Già in passato le femministe si erano occupate dell'immagine delle donne e del nudo nell'arte. Nel 1914 la suffragetta Mary Richardson prese a colpi d'ascia la Venere Rokeby di Velázquez, la bellezza nuda con il sedere al centro della tela. Quello che infastidiva la Richardson era il modo in cui gli uomini guardavano a bocca aperta il dipinto alla National Gallery di Londra.

Negli anni 80 le Guerrilla Girls picchettarono il Metropolitan Museum con il cartello: «Le donne devono essere nude per entrare?». Il gruppo di attiviste denunciava che meno del 4% degli artisti nella sezione di arte moderna del museo erano donne, ma il 76% dei nudi erano femminili.

Nel 2018 l'artista britannica Sonia Boyce arrivò a una rimozione ante litteram: per una settimana ha fatto rimuovere alla Manchester Art Gallery il famoso Ila e le ninfe di John William Waterhouse. Apriti cielo. È stata accusata di femminismo estremista, censura, eccesso di correttezza politica. «Il mio obiettivo era attirare l'attenzione e mettere in discussione i modi in cui i musei prendono decisioni su ciò che i visitatori vedono, in quale contesto e con quali indicazioni» fu la sua risposta.

Chiaro che la questione è controversa. Dove porre il limite tra la censura e una nuova sensibilità più attenta all'immagine della donna? Dove finisce la pornografia e inizia l'arte? Su Bbc Culture Hans Maes, docente di storia dell'arte alla Kent University, spiega che «si presume che la pornografia abbia due caratteristiche chiave: è sessualmente esplicita e il suo scopo è quello di eccitare sessualmente lo spettatore».

Dai mosaici di Pompei alle sculture del Kamasutra fino ad alcuni dipinti di Gustav Klimt, attraverso epoche e culture diverse, molte opere d'arte rispondono alle due caratteristiche. Quindi sono pornografia? Dove tracciare una linea di demarcazione?

Nel 2014 l'artista lussemburghese Deborah de Robertis ha messo in atto una performance provocatoria nella stessa posizione di fonte all'Origine del mondo di Gustave Courbet. L'hanno arrestata. Poi ha posato nuda davanti all'Olympia di Manet, sempre al Musée d' Orsay.

L'hanno arrestata ancora. Il suo punto era proprio sollevare la domanda: perché una rappresentazione del corpo umano è definita arte e un'altra è pornografia e considerata un atto osceno?

Una posizione equilibrata e condivisibile è quella della classicista inglese per antonomasia Mary Beard, che sul tema ha tenuto anche una serie tv dal titolo Shock of the Nude. Nel programma ha esplorato i modi in cui gli artisti maschi hanno giustificato l'esistenza dei nudi femminili nelle loro opere. Quello che stiamo guardando è arte o pornografia?, si chiedeva.

«Questa è una domanda complicata e chiunque pensi di conoscere la risposta dovrebbe riflettere attentamente» avverte la Beard. «La mia linea personale è che il confine tra arte e pornogafia è scivoloso. Il punto è che dobbiamo vedere il passato con gli occhi del passato e non con i nostri».