MAGELLANO/ Altro che bitcoin: quando le spezie valevano più di un’Odissea

Categoria: Cultura

Si deve allo storico italiano David Salomoni un recente, stimolante saggio su “Magellano. Il primo viaggio intorno al mondo”

Magellano (1480-1521)  dipinto  (foto dal web)

16.02.2022 - Maurizio Vitali ilsussidiario,net lett4’

Alla fine del Medioevo i chiodi di garofano valevano più di un bit-coin, le spezie più delle terre rare e del litio. Metterci le mani sopra valeva il potere mondiale. Perciò le isole delle spezie, le Molucche, erano l’Eldorado da raggiungere. C’era però di mezzo una faccenda non da poco: il papa aveva spartito il mondo in due zone d’influenza, un emisfero al Portogallo (quello a est di un certo meridiano), e uno alla Spagna (quello a ovest), così che le due superpotenze cristiane non si facessero la guerra. Per la Spagna l’unico modo per raggiungere le Molucche, dall’altra parte della terra, era far rotta ad ovest attraverso l’Atlantico e poi affrontare l’ignoto.

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Sul portoghese Fernão de Magalhães, Ferdinando Magellano (1480-1521), autore dell’impresa inaudita per conto della Spagna, sono stati scritti un sacco di libri: romanzi d’avventura che catturano molti lettori o, all’opposto, studi storici che catturano pochi specialisti. David Salomoni è uno storico italiano dell’Università di Lisbona con la penna da scrittore. Il suo Magellano. Il primo viaggio intorno al mondo (Laterza 2021) è un’opera divulgativa che rende interessante e godibile la “storia” di quella straordinaria impresa. La sua narrazione, infatti, racconta la drammaticità estrema e appassionante dell’avventura per mare ma bene collocandola nel contesto geopolitico e culturale dell’epoca, ed esplorandola in tutti i suoi aspetti: non solo la personalità forte e complessa del Comandante, ma la dimensione collettiva dell’impresa, la difficile convivenza tra nazionalità eterogenee, l’impatto sconvolgente con il diverso, lo spirito della reconquista e la volontà di guadagnare al Dio cristiano le genti sottomesse, la rilevanza delle conoscenze scientifiche e della cartografia.

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La partenza di Magellano dalla Spagna, il giorno dell’Assunta del 1519, con cinque navi e un equipaggio multietnico di 237 uomini, non spuntò come un fungo: “Magellano, gigante fra i giganti della storia, fu a suo tempo un nano seduto sulle spalle di chi lo precedette”. Nel primo capitolo, intitolato Preistoria di un viaggio, incontriamo i grandi navigatori, l’apprendistato del Nostro per mare e terre lontane, gli amici con cui matura l’idea dell’impresa di aprire una via commerciale per le Indie da ovest. Veniamo a conoscere gli indispensabili rapporti con chi disponeva delle conoscenze teoriche e delle carte, come Faleiro; delle conoscenze sul campo (come l’amico Serrao); delle finanze (come De Haro); del potere decisivo di firma (Carlo V).

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Sulle navi salpate erano presenti “soldati e religiosi, matematici e carpentieri, aristocratici e avanzi di galera… Un pezzo d’Europa lanciato verso l’ignoto”. Difficilissimo da governare, preso com’era tra due fuochi, l’autoritarismo assoluto di Magellano e le divisioni in base alle diverse appartenenze etniche. Nel capitolo intitolato Atlantico l’autore ci offre spaccati molto efficaci della vita, rissosa e penosa, di bordo, attraverso anche una rilettura accorta della preziosa Relazione di Antonio Pigafetta. Vita che nella navigazione verso Sud alla ricerca del passaggio verso il Pacifico conosce momenti di tragedia per la fame, le malattie, le morti, l’ammutinamento e le terribili punizioni per i ribelli ma anche per i colpevoli di sodomia, la defezione di una nave, il naufragio di un’altra. Lo stesso capitolo racconta, attraverso gli occhi soprattutto di Pigafetta, l’incontro sconvolgente con esseri che vivono nudi e praticano l’antropofagia, e insieme una curiosità indomita di conoscenza che spinge il Pigafetta, nel tempo di convivenza a bordo con alcuni indigeni catturati, a scoprirne la natura umana. Scontato per noi oggi, ma mettetevi nei panni di Pigafetta.

Il nostro autore accompagna le tre navi nell’incredibile navigazione nel Pacifico, un’immensità mai neanche lontanamente immaginata di 180 milioni di kmq; 18mila miglia di navigazione senza scalo. La scoperta delle isole che in futuro si sarebbero chiamate Filippine, i rapporti amichevoli, ostili, ambigui con le popolazioni locali, fra alleanze, scontri, messe e battesimi. Fino a subire – “per presunzione” – due massacri, a Mactan e a Cebu. Nel primo trovò la morte lo stesso Magellano, “ormai in preda a un momento mistico in cui visione politica e religiosa si fondevano”. Nel secondo massacro l’equipaggio si ridusse a un centinaio di elementi, insufficienti per governare tre navi, per cui una fu affondata.

Nelle Filippine avvenne la misurazione della longitudine ad opera del cosmografo Andrés de San Martín, con raffinate misurazioni astrali e complicatissimi calcoli. L’approssimazione del risultato fu di appena due gradi, ma per fare meglio, e scoprirlo, ci vollero più di due secoli. Comunque sia l’amara scoperta fu che le Molucche ricadevano, per un pelo, nell’emisfero portoghese.

E siamo al capitolo quattro, intitolato Indico, cioè delle Indie, Oceano Indiano, con cui Salomoni prosegue il suo Magellano con la stessa cura e ricchezza di narrazione, a differenza di tante opere sulla prima circumnavigazione del mondo che non danno rilievo all’altra metà del viaggio, quella appunto successiva alla morte del comandante e compiuta da una sola nave, la Victoria, al comando di Juan Sebastián Elcano (l’altra aveva scelto di far rotta in senso opposto, attraverso il Pacifico sino all’America centrale).

La Fine del viaggio racconta di Elcano che in Spagna ruba la scena a Magellano e di Pigafetta che in Italia si dà da fare tra la Mantova dei Gonzaga, la Venezia dei dogi e la Roma dei papi per diffondere la sua “versione” più favorevole a Magellano e comunque più veritiera, dettagliata ed equanime (quasi sempre). È molto interessante, a questo punto, la tesi dell’autore a riguardo della “eredità culturale” del primo viaggio intorno alla terra: essa fu principalmente raccolta in Italia, quella dell’Umanesimo maturo e del Rinascimento. Le radici di questo interesse variavano dal fascino umanistico delle corti padane agli interessi geo-politici di Venezia, fino alle aspirazioni universali della Chiesa di Roma … Essi erano parte di un unico slancio culturale”. In cui si fa spazio, tra l’altro, l’idea di “scoperta”, si diffondono planisferi e mappamondi. Mentre non esistono, nel modo più assoluto, terrapiattisti