Luca Josi. L’AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI È UN DIRITTO. E PROBABILMENTE INCLUDE ANCHE QUELLO AL SUICIDIO” –

Categoria: Cultura

“DOBBIAMO SMETTERE DI ASCOLTARE I MARCIATORI DELLA PACE, ALTERNATIVAMENTE AMBIENTALISTI, CHE NON VOGLIONO IL RIGASSIFICATORE VICINO A LORO MA PREFERISCONO COMPRARE ENERGIA NUCLEARE OLTRE IL GIARDINO”

25.4.2022 luca josi dagospia.com lett5

“A COLORO CHE VI INVITERANNO AD APPROFONDIRE E A NON GENERALIZZARE, RISPONDETE CHE A UN AGGREDITO, INERME, CHE VI CHIEDE AIUTO PER DIFENDERSI NON SI OFFRE UN CEROTTO O UNA PREGHIERA, MA UNO SCUDO E UN’ARMA. POI DECIDERÀ LUI SE FARE IL GANDHIANO; È SEMPRE COMODO FARLO CON LA VITA DEGLI ALTRI..."

L’autodeterminazione dei popoli è un diritto. E probabilmente include anche quello al suicidio.

Oggi, in questo clima triste, riaffiora la dottrina “responsabile”, quella del buon padre di famiglia – buono per autocertificazione – che di fronte a uno stupro o una situazione di violenza di cui si dichiara involontario testimone decide di mostrarsi realista e s’interroga sul “che fare?”:

1.Se intervengo, il bruto, non sazio dello strazio inflitto alla vittima potrebbe irritarsi e rivalersi su di me.

2.Se non intervengo, la vittima soccomberà, ma almeno qualcuno, io e la mia famiglia, potrà continuare a vivere e potrà farlo in pace (ovviamente la sofferta decisione sarà accompagnata da abbondanti prolassi di solidarietà, orale, scritta, o modernamente digitale, ai parenti e alla memoria in generale).

È evidente che l’opzione “1” non esclude la “2” in quanto il bruto, in ragione della sua natura, sfogatosi una prima volta si darà da fare una seconda, una terza e così via.

Si dirà: ma di quanti guai in giro per il mondo non ci siamo occupati? Quante volte abbiamo girato la testa e coperto le orecchie? Proprio queste urla dobbiamo raccogliere? Con il rischio di avere anche a che fare con un aggressore nuclearmente super dotato.

Si potrebbe rispondere che proprio in ragione di quest’ultima preoccupazione, nucleare, la storia regala un precedente. Basta tornare ai vituperati anni ’80, quelli in cui l’Europa aveva la tempia del proprio futuro schiacciata sotto il tiro di una vera e propria roulette russa. Da est ci spiegarono: vi abbiamo puntato i nostri missili atomici, contro; se voi rispondete armandovi, si scatenerà la guerra.

Come fini? L’Italia, Craxi, i democristiani - quella “degenerata” classe politica - approvò l’installazione dei Pershing e dei Cruise sul nostro territorio aiutando l’occidente a piazzare gli “Euromissili”.

Per converso una minoritaria parte del Paese li ringraziò scendendo in piazza - piazza Venezia - con colorate “marce della Pace arcobaleno” nelle quali, in modo pacifico, si bruciavano i manichini delle loro sagome (diversi di Craxi, qualcuno di Cossiga e alcuni, irrinunciabili, di Andreotti); il rogo, si sa, purifica, e soprattutto estingue le tracce delle impronte dei finanziatori di quelle manifestazioni e della loro logistica (l’autobus, il panino, le bandiere e gli striscioni costano e il lungimirante compagno Boris Ponamariov, in quota PCUS, contribuiva a versare il suo contributo; ovviamente in dollari; i rubli, già allora, non li voleva nessuno; si tratta della dottrina Munzenberg, inventore degli “ismi” umanitari, veri miasmi del populismo, che con l’artificio della solidarietà rifilavano, e rifilano, la sòla alle democrazie; ovvero facendo di cause buone – ambientali e sociali – il cavallo di Troia per scardinare il mondo avversario).

Accadde che il deplorato riarmo anziché produrre la corsa all’apocalisse generò la corsa al negoziato e l’Unione Sovietica, pochi anni dopo, cominciò a franare. La vicenda verrà ben raccontata dai diari di Shevardnadze: non potendo più reggere la produzione di SS-20 e 22, al posto di burro e pane – provate voi a mangiare una testata atomica, o anche semplicemente convenzionale, e poi mi direte – l’impero dell’est collassò.

Così quella società rovinò rappresentando un mondo che era stato capace di mandare uomini nello spazio, ma poche salsicce sulla terra e il cui popolo amava vedere, anche a Mosca, la serie “Dallas” mentre a Washington nessuno si sognava di guardare “Togliattigrad” (unico elemento rassicurante è il Made in Italy; se per l’ideologo di Putin, Aleksandr Dugin, l’Occidente è l’anticristo – e non a caso “Il diavolo veste Prada” – il suo leader maximo indossa platealmente piumoni Loro Piana confermando, nella titanica e secolare lotta tra il bene il male, il saldo protagonismo della moda italiana).

Quindi se vogliamo la nostra libertà, la conservazione dei diritti che abbiamo conquistato, lo stile di vita in cui siamo cresciuti, dobbiamo smettere di ascoltare i marciatori della pace, alternativamente ambientalisti (un tanto al kilowattora), che non vogliono il rigassificatore vicino a loro ma preferiscono comprare energia nucleare oltre il giardino, o che urlano la loro indignazione verso la corruzione del costume occidentale, mentre aprono le porte di casa a tecnologie, infrastrutture e capitali, che quei diritti se li mangiano a colazione e i loro concittadini li concimano in testa, forti dei soldi con cui fanno cassa nel nostro occidente.

E tutto questo, manco a dirlo, per buttare nel water sessant’anni di retoriche e tante lacrime sull’ignominia degli stermini nazisti (su quelli comunisti, purtroppo, neanche quelle).

Confermando che un minuto di aiuti sul campo vale più di una vita di commemorazioni a posteriori e che si può essere solidali nella memoria storica, ma claudicanti nella cronaca (se avessimo sommato i fascisti, reali, agli antifascisti, postumi, con il numero di arruolati, per esempio, avremmo vinto la seconda guerra mondiale a mani basse).

Al mondo russo che dice che sono entrati in Ucraina, a casa d’altri, distruggendo intere città, massacrando e ammazzando migliaia di cittadini, deportandone ancor più e tutto questo per il loro bene si risponde banalmente: “ma se gli volevate male, cosa gli facevate?”.

E a coloro che, interdetti e pensosi, vi inviteranno ad approfondire e a non generalizzare, rispondete che a un aggredito, inerme, che vi chiede aiuto per difendersi non si offre un cerotto o una preghiera, ma uno scudo e un’arma. Poi deciderà lui se fare il gandhiano; è sempre comodo farlo con la vita degli altri, ma provate a farlo con voi stessi e con la vita dei vostri figli.

PS: oggi, 25 aprile, c’è notizia che imprese marchigiane avrebbero aggirato l’embargo verso la Russia per rifornire il prezioso mercato e non far morire le loro aziende. Ora: la data è, pacificamente, inopportuna, ma le calzature non sono armi – possono essere sì nocive per eccesso di sudorazione, ma faticherei a equipararle ad armi chimiche e ancor più balistiche (a parte che per alcuni tacchi) – e in realtà non si avvantaggia l’infida nomenklatura oligarca, bensì se ne alleggerisce il portafoglio.

Avrebbero potuto, semplicemente, rivenderla come una subdola operazione di svuotamento finanziario del fronte occupante: “Potevamo lasciarli a piedi, scalzi. Hanno bisogno di noi e con il pagamento delle nostre suole contribuiremo a crescere il nostro PIL per poter finanziare la resistenza Ucraina e il mondo, un po’, più libero”. Non sarebbe stata la nostra “Linea Maginot” ma una dignitosa e scaltra “Linea mocassino”, sì.

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