Così il conformismo di sinistra si è preso le università italiane,

Categoria: Cultura

Nelle nostre università dilaga la moda anglosassone degli «studi postcoloniali e di genere», il fiore all’occhiello dell’ideologia woke.

19 Gennaio 2023 – Giulio Meotti ilgiornale.it lettura 3’

Per gentile concessione della casa editrice Lindau pubblichiamo un estratto del nuovo libro di Giulio Meotti, I nuovi barbari (128 pagine, prezzo €14.00)

Una volta Gustav Herling, lo scrittore polacco che visse in Italia, autore di Un mondo a parte, straordinario resoconto del Gulag staliniano, disse: «La dittatura culturale, dittatura tout court, c’è stata in Polonia. In Italia ha prevalso la tranquillizzante abitudine alla reticenza. Basta fare il vuoto attorno, non parlarne. Un clima omertoso che nasconde ugualmente tratti odiosi».

Nelle nostre università dilaga la moda anglosassone degli «studi postcoloniali e di genere», il fiore all’occhiello dell’ideologia woke. L’Orientale di Napoli ha un Centro studi ad hoc, l’Università di Bologna ha corsi e dipartimenti, la Sapienza di Roma ha un Osservatorio scientifico sulla ricerca di genere, all’Università di Catania c’è il Centro interdisciplinare studi di genere, c’è il Centro di ricerca culture di genere all’Università di Milano, il Centro interdipartimentale di ricerca studi di genere all’Università di Padova e il Centro studi interdisciplinari di genere all’Università di Trento, solo per citarne alcuni. La Bicocca di Milano ha organizzato un ciclo di seminari dal titolo Decentrare i saperi. Un’introduzione al pensiero decoloniale. E alla Cattolica di Milano (che di cattolico ormai ha solo il nome) si tengono cicli di conferenze a favore di Black Lives Matter. L’esito di questo avanzo di cultura si può vedere, se non si vuole arrivare in America, in Francia, dove nel giugno del 2022 è stato organizzato un convegno su «Giovanna d’Arco icona transgender e liquida».

 

Abbiamo anche visto l’Università Bicocca cancellare un corso su Dostoevskij. La cancel culture divampa anche nel mondo della musica classica italiana. Il soprano Tamara Wilson si è rifiutata di tingersi il volto di nero per interpretare il ruolo della principessa etiope Aida all’Arena di Verona. Al Maggio fiorentino hanno cambiato il finale della Carmen di Bizet, che si ribella e spara a don José, in omaggio al movimento americano #MeToo. Al Macerata Opera Festival l’Aida è stata reinterpretata come «lotta contro il colonialismo occidentale». A Trapani hanno optato per un Moro bianco per l’Otello di Verdi. Il Lago dei Cigni è stato cancellato a Vicenza, Napoli e Ferrara, la Dama di picche a Bari e Firenze.