Caro Ministro Valditara, abolisca questa buffonata di “Esame” di Stato
Sciltian Gastaldi 16 Giugno 2025 alle 11:52 ilriformista.it lettura6’
Gentile ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara,
chi le scrive è un dipendente del ministero: un insegnante di Storia e Filosofia che lavora in un liceo di Roma. Mi rivolgo a lei per chiederle di proporre in Parlamento una riforma scolastica che abolisca l’Esame di Stato conclusivo del corso di studio di istruzione secondaria superiore, oggi diventato una inutile formalità e uno spreco di risorse pubbliche. Le scrivo oggi, mentre si insediano le commissione d’Esame in tutta Italia.
Una Maturità voluta da Croce e Gentile
Come lei sa, la genesi di quello che originariamente si chiamava “Esame di Maturità” fu voluto due dei maggiori filosofi idealisti italiani del Novecento: Benedetto Croce e Giovanni Gentile, che occuparono la sua scrivania di ministro prima di lei, poco più di 100 anni fa. Croce, nel 1920-21, nel 5° governo Giolitti, non riuscì a convincere la Commissione sull’Istruzione del suo progetto di esame. Pochi anni dopo il suo amico Gentile riuscì nell’intento come ministro del primo governo Mussolini, nel 1923.
La riforma Gentile istituì un esame da svolgere al termine degli studi liceali, con quattro prove scritte e un orale su tutte le materie dell’intero corso di studi (3 anni per il liceo classico, 4 per il liceo scientifico) che permetteva l’accesso all’università. La commissione era composta esclusivamente da docenti esterni, in gran parte professori universitari. Stando alle statistiche, quel tipo di Maturità nell’anno scolastico 1924/25, vide promossi circa il 59,5% degli esaminandi per il liceo classico e il 54,9% per il liceo scientifico. Era un esame davvero serio, probabilmente troppo, ma aveva un significato sociale di standardizzazione dell’istruzione e di nazionalizzazione che oggi si è del tutto perso.
L’eccesso di selettività degli inizi
L’eccesso di selettività di quel tipo d’esame fu subito notato. Anche per questo, nel successivo governo Mussolini, Gentile non fu confermato nel dicastero di viale Trastevere, nonostante la sua riforma fosse stata battezzata dal Duce come “la più fascista delle riforme”. Durante il secondo governo Mussolini, infatti, la riforma Gentile, subì una serie di modifiche non banali volte ad adattarla alle esigenze politiche e sociali del regime fascista. Il regime, per consolidare il proprio consenso, iniziò a modificare la riforma per renderla meno esclusiva, cercando di ampliare l’accesso alla scuola media e superiore, almeno in parte, per includere anche la media e piccola borghesia, che rappresentava una base sociale importante per il regime.
Nel 1939, con “La carta della scuola” elaborata dal nuovo ministro Giuseppe Bottai, furono delineate nuove linee di riforma per il sistema scolastico fascista, che avrebbero dovuto sostituire la riforma Gentile. L’inizio della Seconda guerra mondiale ne impedì l’attuazione completa.
L’inizio dello smantellamento
Fra il 1952 e il 1969, tramite diverse riforme dei governi repubblicani, si raggiunge lo smantellamento della riforma che aveva in animo Bottai. Tutti i ministri democristiani vollero riformare più volte l’esame per semplificarlo e bilanciare selettività e inclusività. Così s’introdussero i commissari interni, si ridussero le prove scritte, si limitò l’orale a meno materie, si restrinse il campo dello scibile al solo ultimo anno e sempre maggiore attenzione fu dedicata alle competenze trasversali, fino alle più recenti riforme del XXI secolo che, complice anche la pandemia di Covid, hanno ulteriormente annacquato la prova.
I risultati degli ultimi 10 anni ci indicano che gli ammessi all’esame sono stati, in media, il 96,2% mentre i promossi sono stati addirittura il 99,8%. Quello 0,2% di respinti è dovuto al fatto che non si sono fisicamente presentati agli scritti e agli orali, non ad altro.
Ultimi anni: nessuna domanda e tutti promossi
Negli ultimi anni, poi, non è raro trovare presidenti di Commissione che sostengano che i commissari di maturità non debbano nemmeno fare domande ai maturandi. Nessuna interrogazione: occorre lasciare i ragazzi liberi di parlare in un monologo (ancorché la legge parli chiaramente di un “colloquio d’Esame” che, fino a prova contraria, necessita di due persone che si parlano) nel quale gli studenti, a partire da una immagine o un testo che la commissione gli propone, dovrebbero essere lasciati liberi di fare le proprie associazioni con le varie materie. Senza che i commissari possano porre quesiti o esprimere correzioni.
Non so bene come questi presidenti intendano che i commissari debbano “verificare” le conoscenze e competenze degli studenti, ma le giuro che questo atteggiamento lassista, pensato per non avere nessun tipo di problema, è relativamente diffuso. E pazienza se l’Ordinanza Ministeriale n. 67 del 31 marzo 2025 all’articolo 22 reciti che il “colloquio […] ha la finalità di accertare il conseguimento del profilo educativo, culturale e professionale della studentessa o dello studente”. Accertare senza fare domande o un’interrogazione: un’arte divinatoria che si baserà sulle capacità telepatiche dei commissari, immagino.
Un caso assurdo dello scorso anno
A me, personalmente, è anche capitato di assistere, da membro esterno un anno fa, a una esaminanda cui mancavano 18 punti in sede di orale per arrivare al minimo di 60/100. Al termine del suo assai mediocre orale, la commissione era tutta d’accordo su un voto equo di 8 o 10 ventesimi, e dunque una bocciatura. Quindi, le tre commissarie interne chiesero “Quanto le manca al 60? 18 punti? Bene, diamole 18”. Feci mettere a verbale il dissenso mio e dell’altro membro esterno, preannunciai che avrei mandato una PEC agli ispettori del MIUR, cosa poi fatta, naturalmente senza alcuna risposta, perché il problema è ovunque: nelle commissioni come tra gli ispettori del ministero che preferiscono, anch’essi, “troncare, sopire”. Fuori dall’aula, i genitori della ragazza, ben prima di attendere la pubblicazione dei quadri, accolsero la figlia con fiori e bottiglie di spumante. Perché è il segreto di Pulcinella: tutti sanno che se sei ammesso alla Maturità, sei automaticamente promosso, no?
Le famiglie d’oggi non accettano più “no”
Alla luce di tutto ciò, ministro, io credo sia necessario un intervento da parte sua. Dal momento che non è possibile proporre un esame più rigoroso in questa società italiana allergica ai “no” e agli ostacoli da parte delle istituzioni repubblicane, faccia un gesto più logico e radicale: abolisca del tutto l’esame.
Retribuzioni dei commissari ferme da 18 anni
Se fin qui non la ho convinta, lasci che introduca gli ultimi quattro argomenti per abolire questa prova obsoleta e fittizia:
La retribuzione che lo Stato riconosce ai commissari e ai presidenti è ferma a 18 anni fa: il decreto interministeriale del 24 maggio 2007, con importi di circa 399 euro lordi per i commissari interni, 911 euro lordi per i commissari esterni e 1.249 euro lordi per i presidenti di commissione. Converrà che stiamo parlando di cifre ridicole e offensive, oggi. Se non ci sono fondi sufficienti, si tagli tutto.
i casi di ricorso al TAR da parte delle famiglie dinanzi a una bocciatura o a un voto non sufficientemente alto sono a un massimo storico e contribuiscono a rallentare la macchina della Giustizia italiana;
Non ha nessun senso ordinare a circa 91.000 docenti italiani di prendere parte, col caldo estivo a un percorso d’esame che vede la promozione di tutti coloro che si presentano alla Maturità: sa di presa in giro.
Le fortissime differenze regionali che persistono nelle valutazioni dell’Esame, con le commissioni del Meridione che danno “100” e “1oo e lode” a pioggia, nella convinzione errata che si debba facilitare l’eccellenza nel modo più ampio possibile per consentire ai propri studenti di cavarsela nel mondo dell’università e del lavoro successivo. Al Nord, invece, si tenta di riservare l’eccellenza a chi in effetti se la merita. E così, buona notte alla standardizzazione e alla nazionalizzazione tanto care a Croce e Gentile.
Gentile ministro, lei che può agisca contro questa dispendiosa ipocrisia. Entrerà nei libri di Storia.
Sciltian Gastaldi