SCUOLA/ Gli studenti sanno che fare i compiti a casa con l’IA (84%) è autolesionismo? La rinuncia all'uso

Categoria: Cultura

dell'IA nei compiti a casa pone la scuola e soprattutto i docenti di fronte al problema di trovare nuove motivazioni.

Giorgio Ragazzini 3.11. 2025 ilsussidiario.net lettura3’

La rinuncia all'uso dell'IA nei compiti a casa pone la scuola e soprattutto i docenti di fronte al problema di trovare nuove motivazioni. Esse ci sono

Una recente indagine del think-tank Tortuga ha scoperto che l’84% degli studenti si serve regolarmente in varia misura dell’intelligenza artificiale per fare, o meglio per non fare, i compiti a casa. Non solo quindi per controllare l’esattezza delle proprie risposte, ma anche per la produzione di testi o di ricerche e per la soluzione di esercizi e problemi di matematica o di scienze.

Un esito largamente prevedibile, che certo farà piacere a chi i compiti a casa li demonizza, ma deve invece preoccupare tutti quelli che giustamente li considerano un momento indispensabile per consolidare quello che si impara in classe.

Naturalmente il preoccuparsi dovrebbe tradursi in un fattivo occuparsi del problema, per dare agli insegnanti indicazioni e strumenti che salvaguardino la funzione dell’esercizio pomeridiano.

Già lo scorso anno il ministro Valditara parlò dell’uso improprio dell’intelligenza artificiale. “Sappiamo – disse – che molti studenti usano già l’intelligenza artificiale per tradurre testi o scrivere temi. Questo non deve accadere, perché la scuola deve formare individui autonomi e responsabili”. E annunciò un piano di formazione per i docenti “sull’utilizzo consapevole dell’IA in classe”, che si spera in grado di fornire strumenti in proposito agli insegnanti.

C’è anche chi, come su questo giornale Emanuele Frontoni, invita i docenti ad uscire dal loro “analfabetismo tecnologico”, iniziando con l’accettare una realtà in cui il cellulare risolve i problemi di matematica per conto degli allievi (“Non è barare, dal loro punto di vista. È semplicemente usare gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione”). Non senza, ovviamente, avviare l’irrimandabile “rivoluzione epocale” della didattica.

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È bene invece rivolgersi prima di tutto agli stessi ragazzi per metterli in guardia sul carattere autolesionistico di questi espedienti.

Infatti, più ancora che ingannare gli insegnanti, quando cedono alla tentazione di farsi fare i compiti dall’intelligenza artificiale danneggiano sé stessi. Evitando di esercitarsi su quello che hanno appreso, si comportano come un calciatore che facesse allenare un altro al posto suo. Nessuno sport si può praticare senza allenamento. E il cervello va allenato come se fosse un muscolo, con costanza e con la certezza che così si diventa via via più capaci di comprendere, di avere nuove idee e nuovi interessi, insomma si potenzia la nostra intelligenza di base.

L’impegno pomeridiano (ovviamente se non è eccessivo), non è quindi fine a sé stesso. Come ogni forma di impegno, serve anche a rafforzare la capacità di affrontare le difficoltà e i problemi, anche quelli non scolastici.

Non è vero infatti che la scuola ideale è quella tutta interesse e divertimento, cioè basata sulle motivazioni cosiddette “intrinseche” agli argomenti, e che le motivazioni “estrinseche”, come il dovere e lo sforzo in vista di una meta, vanno evitate. Basta pensare agli ostacoli che i protagonisti delle fiabe, dell’epica e dei romanzi di avventura devono superare. È invece necessario sviluppare anche la tenacia che sostiene lo studente quando una materia è o diventa più impegnativa o noiosa. E questo vale tanto per il lavoro in classe quanto per quello a casa.

En passant, i ragazzi dovrebbero considerare che la IA non è esente da errori. Lo ha sottolineato Edoardo Fleischner, docente di Comunicazione crossmediale all’Università di Milano. Errori e falsità non si possono eliminare del tutto e qua e là ci sono informazioni plausibili, ma false. Possono essere forniti dati in sé corretti, ma non pertinenti. Ogni tanto l’IA “tira a indovinare come uno studente sotto pressione”… E, tirando le somme, afferma che si tratta di “un problema molto grosso per la produzione generativa”.

In conclusione, in attesa di verificare la fondatezza degli annunciati contributi dell’intelligenza artificiale a una didattica “più inclusiva” e “personalizzata”, sarebbe essenziale evitare che funzioni come una dannosa scorciatoia e un incentivo alla pigrizia.

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