a lezione da un gigante. Democrazia e definizioni: il classico di Giovanni Sartori ristampato

Categoria: Cultura

dal carattere de-mistificatorio del volume all'analisi del rapporto tra liberalismo e democrazia..

Carlo Marsonet 06 dic 2025 ilfoglio.it  lettura3'

Non è l'unico libro sul tema nè il più completo scritto dal politilogo fiorentino, eppure i motivi per farci i conti sono tanti: dal carattere de-mistificatorio del volume all'analisi del rapporto tra liberalismo e democrazia. In mezzo la sua vicenda intellettuale, imparagonabile a quella degli scienziati politici contemporanei

A

un anno di distanza dall’anniversario della nascita di Giovanni Sartori, torna disponibile un classico della teoria democratica del Novecento. Democrazia e definizioni, uscito nel 1957 e ristampato in varie edizioni per Il Mulino, è un libro cruciale per capire cosa la democrazia sia realisticamente. Non è l’unico e non è il più completo del politologo fiorentino sul tema: basti pensare a Democratic Theory (1962) o The Theory of Democracy Revisited (1987). Ma rimane un libro con cui non si possono non fare i conti. E i motivi, perlomeno alcuni, sono presto spiegati.

Il primo lo esplicita lo stesso Sartori nella prefazione alla terza edizione: il carattere del volume è profondamente de-mistificatorio. Serve a vaccinare, è proprio il caso di dirlo, contro i virus dell’infantilismo democratico e del perfezionismo democratico: lo studioso lo scriveva nel 1969, trovandosi in un contesto in cui andavano di moda Herbert Marcuse e altri autori che alimentavano aspettative irrealizzabili e utopie pericolose. Il secondo è legato alla vicenda intellettuale di Sartori. Egli, infatti, aveva una formazione filosofica e di storia delle idee del tutto imparagonabile rispetto a quella degli scienziati politici contemporanei. Il suo è un viaggio nella storia del concetto che si affianca a un esame concettuale dello stesso: come scrive nella densa e puntuale introduzione alla nuova edizione Angelo Panebianco, il lavoro sulla democrazia di Sartori è un esempio di “pura teoria politica”. Non esiste dunque buona scienza politica senza un ancoraggio forte alla filosofia politica. In terzo luogo, nella riflessione sartoriana assume una certa preminenza il rapporto tra liberalismo e democrazia. Un rapporto non semplice e privo di conflitti, come nota egli stesso. Eppure, va tenuto presente che “la democrazia senza liberalismo nasce morta”, scriverà in un libro successivo (Democrazia. Cosa è, 1993).

E veniamo più direttamente ai contenuti del volume. La democrazia si trova su un eterno crinale, tra “essere” e “dover essere”. Per questo è costantemente caricata di tensioni ideali che conducono però, altrettanto spesso, a conseguenti delusioni. Alimentando attese circa la concretizzazione di una sovranità popolare letterale, ad esempio, si costruisce una democrazia etimologica: ma questa, nella realtà, è impossibile (non a caso Sartori esordisce affermando che “democrazia è un nome enfatico riferito a qualcosa che non c’è”). Così come è errato ritenere la partecipazione come il fondamento ultimo di un sistema democratico: la libertà assicurata da una democrazia non si esaurisce, come invece molti pensano, nell’atto di partecipazione. Analogamente, è frutto di una certa ideologia sostenere che la democrazia va riempita di contenuti “sociali”: questi ultimi possono essere la conseguenza di precise scelte di policy adottate in seguito alla vittoria elettorale. Ma non le sono consustanziali. Una definizione che Sartori fornisce è allora la seguente: approssimativamente, diciamo democrazia per indicare “una società libera, non oppressa da un potere politico discrezionale e incontrollato, né dominata da un’oligarchia chiusa e ristretta. In tanto c’è democrazia – prosegue l’Autore – in quanto si abbia una ‘società aperta’, nella quale il rapporto tra governanti e governati è inteso che lo stato è al servizio dei cittadini e non i cittadini dello stato, che il governo esiste per il popolo e non viceversa”. Che questo si verifichi poi nella realtà, è ovviamente tutto da vedere.

Ma il punto centrale rimane: la democrazia non va politicizzata. Il che significa che la “democrazia dei moderni” non può essere ridotta a una sorta di riedizione della “democrazia degli antichi”, in cui la partecipazione al potere viene identificata con la libertà: tra l’ideale greco e quello contemporaneo liberale, scrive Sartori, si trova la stessa differenza che corre tra libertà degli antichi e dei moderni. “La qualità e il valore di ‘persona umana’ non è riassorbita nella cittadinanza o politicità: o meglio, non si risolve nella sua ‘statualità’”: la democrazia allora è “chiamata a fungere da garanzia e presidio di una libertà dell’individuo-persona che non intende per nulla risolversi, come diceva Constant, nella ‘soggezione dell’individuo al potere dell’insieme’”. Insomma, senza libertà (da) non esiste libertà politica e liberal-democrazia. Il fulcro del discorso è ancora quello, nonostante vi sia sempre qualcuno che vorrebbe fare qualche salto in avanti. Di dubbia qualità.