Gay, Podemos e islam. Dal realismo al linguaggio del cuore

Categoria: Cultura

Abbiamo abbandonato un decennio dominato da guerra di civiltà, mobilitazione dell’occidente e richiesta cristiana di uno spazio pubblico per piombare in un decennio di paura, sentimentalismo e risciacquatura non ragionata di uguaglianza, libertà e amore. Speriamo che questi tromboni non facciano troppi danni

Papa Francesco e Barack Obama durante un incontro in Vaticano del marzo 2014 (foto LaPresse) 

di Giuliano Ferrara | 25 Maggio 2015 ore 14:05 Foglio

Nel primo decennio di questo secolo dopo il Novecento dominavano la guerra di civiltà, la mobilitazione dell’occidente dopo l’11 settembre, la richiesta cristiana di uno spazio pubblico in cui l’esserci di Dio fosse un esserci come se Dio ci fosse, e del rispetto di criteri di vita indisponibili alle maggioranze numeriche. Dominava la questione del fondamento, la questione di Ratisbona, una roccia di esistenza e cultura, una tradizione politica e religiosa che fu base e scaturigine delle moderne democrazie liberali e della loro effettiva e sana laicità. In questo secondo decennio domina la paura ideologica della crisi, della disoccupazione e della perdita del welfare, la paura dell’immigrazione epocale, il grande remplacement dei popoli, il suicidio a Notre Dame, l’indignazione come risposta alla malevolenza dell’austerità, l’affermazione di diritti indifferenti alla diversità di genere e alle conquiste culturali, istituzionali, delle passate generazioni di uomini e donne, su tutti primeggia l’aborto che sarà tra breve anche irlandese, e su tutto risplende una risciacquatura non ragionata, gridata, creduta, dei concetti di uguaglianza, libertà e amore. Dal decennio del realismo, e dal suo epos drammatico, siamo passati al decennio del sentimentalismo, delle emozioni, del linguaggio del cuore.

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Questa mi sembra l’essenza della situazione presente. A meno che non si voglia stare a discutere della lista che difende i debitori insolventi di mutui ipotecari catalani (le victimas di conio più recente), e che prende voti a Barcellona tra le Ramblas, o le farraggini grottesche di un Casaleggio sulla stagione neodemocratica del web, che vincicchia a Parma, o le cazzate sparate grosse di un Salvini, le astuzie da provincia grossa di una Marine Le Pen, le ubriacature divertenti di un Farage, la goffaggine pericolosa del governo antagonista di Tsipras e Varoufakis. L’essenza dell’essenza è in due nomi: Obama e Francesco. Due retori, due oratori, due inclinazioni profetiche riluttanti che puntano a venire a patti con i tempi, a dire che si può, you can, podemos, a patto di essere indigné e di non fare rigorosamente nulla che costi qualcosa, che abbia delle conseguenze, che richieda uno sforzo, un senso di speranza e di tentativo razionale. Tutto è negoziabile, anche e sopratutto per il grande capitale finanziario che è sempre alla ricerca di un valore aggiunto ai profitti dai derivati, il derivato del sentimentale, della filosofia sorosiana di occupy Wall Street e di Thomas Piketty: Kabul, Raqqa, Ramadi, Mosul, e domani Baghdad e Damasco, si transige, noi podemos e loro pasaràn. Le uniche imprese, leading from behind, sono quelle insane come a Tripoli e a Bengasi; è poi negoziabile il divorzio in chiesa, sono negoziabili la biologia, la patri e matrilinearità della procreazione, il matrimonio gay, “it’s so amazing!”, l’insegnamento nelle scuole, anche cattoliche, la più totale secolarizzazione, secondo un modello che nemmeno la Rivoluzione francese, creatrice per lo meno di miti massonici sostitutivi, avrebbe avallato per la sua piattezza, per la sua falsa umanità, per il suo richiamo ai desideri personali particolari intesi come diritti umani universali e come lotta alla discriminazione e al pregiudizio. Dopo chi-sono-io-per-giudicare ogni giudizio è pregiudizio, ogni realtà è irrealistica.

Io mi faccio gli auguri tutte le mattine, spero che questi tromboni non facciano troppi danni, che il sonoro di questo tempo alla fine non debba cedere al grande silenzio della rassegnazione, della sconfitta, della sanzione che creditore è brutto, debitore è bello, privato è ladro e assistenziale è celestiale, mi auguro che gli asiatici e forse persino gli islamici, tra profitti conseguiti con il lavoro produttivo e espansionismi dell’ego musulmano, non debbano poi alla fine dilagare in un occidente svuotato di senso. Rivolgo anche a voi il più caldo augurio di una buona estate a metà del decennio della grande bellezza e della youth (solo il cinema italiano irresponsabile di sé e della sua estetica poteva nominare tanta belluria).

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