L'origine della famiglia. Mamma, papà e figli eventuali. I benpensanti alla Melloni che attaccano

Categoria: Cultura

chi oggi va in piazza contro gender e nozze gay vengano a discuterne con i laici che ragionevolmente difendono una realtà indiscutibile

Un momento della manifestazione del Family Day 2007 (foto LaPresse)

di Giuliano Ferrara | 19 Giugno 2015 ore 19:30 Foglio

E’ politicamente e teologicamente scorretto, e fa scandalo per il benpensante Alberto Melloni, il mobilitarsi di gruppi cattolici in favore della famiglia e contro l’ideologia del gender o indifferenza sessuale. E magari contro l’utero in affitto o la filiazione contro natura (e paternità e maternità) artificialmente e commercialmente determinata per coppie lesbiche o gay o altro (Lgbt). E’ colpa del ruinismo e del ratzingerismo, si fida di scrivere nel Corriere di venerdì il nostro bardo del secolarismo impazzito, è colpa del precedente Family day se oggi la legislazione sta per approdare al matrimonio omosessuale inteso come diritto all’uguaglianza, fuori da ogni discriminazione per ragioni sessuali come impone la carta di Nizza. Per dissociarsi da questa prospettiva, ma rispettando la “bellezza della diversità” evocata dal commissario della Cei monsignor Galantino, i cattolici invece che aderire a manifestazioni strumentali, aggressive verso il Papa e la sua idea di una vasta “famiglia umana”, devono – secondo questo spirito laico e progressista – “leggere il vangelo e battersi il petto” (una festa sacra di autoflagellazione, come fanno ben altrimenti legittimati gli islamici nel giorno dell’Ashura, al posto di una mobilitazione culturale e politica). Il disprezzo per la famiglia delle “mamme e papà”, come scrive con sarcasmo il guru del dossettismo nell’èra del genderismo, diventa un principio non negoziabile. Non è buffo tutto questo?

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 Lasciamo stare la resa dei conti intra moenia. Ha un carattere troppo triviale per occuparsene. Gli ordini di monsignor Galantino non si discutono, si sa, anche perché il prelato messo da Francesco a sorvegliare e punire la collegialità dei vescovi italiani seppe castigare come strani animali da tenere a bada gli antiabortisti che pregano davanti alle cliniche, eccitando in pubbliche dichiarazioni il condiscendente malanimo del prete che sa esercitare il perdono solo quando gli convenga. Io sono extra moenia, sono sposato in municipio, sono uno di quei “pubblici concubini” che la retriva mentalità dei manifestanti di Roma, sempre secondo Melloni, venerdì condannava e ora rivaluta moralisticamente come baluardo contro la libertà, contro il matrimonio gay, contro il desiderio e i diritti anti discriminazione del mondo Lgbt, e lo fa per ragioni strumentali di appoggio alla destra politica (nel cui novero, per sua fortuna trasversale, Melloni mette anche Matteo Renzi come frequentatore della piazza del Family day dell’odiato Ruini). Bene. Io sono per la famiglia, madre e padre e figli eventuali, e non mi scuce un baffo di sarcasmo il binomio lessicale mamma-papà giudicato ridicolo dallo storico cattolico della scuola di Bologna (una volta incubatrice di analisi serie della catastrofe familiare e demografica secolare per la penna di un sociologo di valore come il compianto Achille Ardigò).

Considero questa posizione (contro, sì, contro) un diritto culturale e civile, detesto gli imbroglioni della diversità che parlano di “discriminazione” quando è evidente, è dato di senso comune e di altissima poesia, che l’origine del mondo, per dirla con un famoso quadro di Courbet, è l’organo riproduttivo femminile fecondato da quello maschile nel delirio lucreziano (anche materialista e irreligioso, se vogliamo) dell’amore venereo (Aeneadum genetrix, hominum divomque voluptas). La bellezza della diversità è quella, e l’amore omosessuale ha tutto il posto del cuore e del piacere che ciascuno voglia dargli, ma non quello istituzionale del matrimonio e della famiglia. La pretesa di negare questo dato di fatto, di opporre ideologia pura del gender a questo elemento di realtà indiscutibile, la considero un modo sofistico di introdurre nel linguaggio di questo secolo un conformismo totalitario della correttezza e dell’obbligo (lacaniano) a godere nello scambio osceno di desiderio e diritto. E se il cattolico Melloni vuole bandire altri cattolici come “irrilevanti”, “impotenti” e reazionari incapaci di fronteggiare “l’inevitabile mutare dei costumi”, sbaglia indirizzo quando se la prende con i ratzingeriani. E’ con la ragione umana rappresentata dai laici e dai loro modelli classici e cristiani che deve venire a discutere. La rissa di bottega con il Cammino neocatecumenale o Comunione e liberazione, magari in nome della necessità ipocrita del solito dialogo, lascia il tempo che trova. Buona sfilata ai laici di piazza San Giovanni, e buona autoflagellazione ad Alberto Melloni e altri faziosi.

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