I militari, guardati in tralice dai buonisti, mettono in gioco la loro vita per salvarli

Categoria: Cultura

Il risultato è il dilagare di un buonismo melassoso e imprevidente

 di Pierluigi Magnaschi Italia Oggi 26.8.2015

Settant'anni di non partecipazione a guerre da parte dell'Italia sono un bel record che non si era mai verificato prima nella storia del nostro paese. Nella generazione dei nostri nonni e bisnonni, ci furono invece alcune sfortunate classi di età che parteciparono addirittura a due conflitti mondiali, non a caso distanti, l'uno dall'altro, di poco più di vent'anni. In Italia quindi, quasi inevitabilmente, sono sempre più folti gli ambienti che si sono convinti che la partecipazione dell'Italia a una guerra sia impossibile (per loro, il nostro paese, in un certo senso, ne sarebbe stato definitivamente vaccinato, com'è successo con la poliomielite) e che, ad ogni modo, se proprio si dovrà affrontare un conflitto, a questo compito si possono sempre dedicare i soli Stati Uniti. Sono, o non sono, i gendarmi del mondo? E allora provvedano.

Il risultato è il dilagare di un buonismo melassoso e imprevidente che, a dispetto della Costituzione italiana (che si loda à la carte, prendendo solo ciò che piace), guarda di mal occhio le forze militari, ritenute da certi ambienti buonisti come non lo strumento per assicurare la libertà al paese ma come un'organizzazione provocatoria, finalizzata alla rissa fra i popoli. Da ridimensionare, quindi, se proprio non la si può cancellare.

La vicenda dell'attentatore musulmano sul treno ad alta velocità Amsterdam-Parigi, fortunatamente bloccato dall'intervento di due militari americani (che hanno svolto la parte principale nella neutralizzazione del terrorista) dovrebbe far rinvenire dal sogno pacifista (che non è l'opposto del termine guerrafondaio) quegli ambienti che vedono nei militari non dei cittadini che si assumono un grave e rischioso compito a difesa della società che è continuamente minacciata, ma dei soggetti potenzialmente pericolosi, come pensano molti prelati e preti che magari eccepiscono sulla preghiera dell'alpino passata indenne da un trentennio di recitazioni ufficiali nelle chiese delle nostre zone di montagna, ma si guardano bene dal chiedere, altrettanto risolutamente, l'abolizione del ruolo dei preti militari, che sono regolarmente pagati dallo stato italiano che assicura loro pure un'invidiabile carriera con le stellette da ufficiale, anche se il panorama dei soldati delle nostre forze armate è diventato sempre più pluriconfessionale.

Come è stato possibile che due soldati disarmati siano riusciti ad avere la meglio su un fanatico terrorista, non solo disposto a morire, ma che possedeva anche un fucile mitragliatore di uso versatile e potentissimo come il kalashnikov, e anche una pistola e un coltello? L'americano Spencer Stone, che è quello che più risolutamente è intervenuto nella lotta, riportando anche grosse ferite, ha detto in tv: «Ciò che mi ha motivato, nella mia reazione, è stata la sopravvivenza, mia e dei passeggeri del treno». In poche parole, Stone ha espresso ciò che è l'essenza della formazione e della pratica di un soldato combattente. Anche se questo scopo fa rabbrividire le anime buone (e anche quelle fintamente buone), un soldato viene (e deve essere) addestrato per uccidere e non farsi uccidere. Non è quindi, per definizione, una viola mammola ma uno che, con il suo coraggio, la sua tecnica reattiva, la sua determinazione e i suoi automatismi di combattente è riuscito a far sì che le 270 pallottole in possesso del terrorista arabo non andassero a segno, provocando un'autentica carneficina fra passeggeri innocenti, molti dei quali minori.

Per capire come un paese civile e previdente debba poter contare su militari come Spencer Stone bisogna ricordare che, contro il terrorista arabo del treno ad alta velocità, si era lanciato per primo, un giovane francese di 28 anni che però aveva tentato inutilmente di bloccare il potenziale assassino. Il ventottenne infatti era coraggioso e volitivo, ma mancava di tecnica di combattimento. Ostacolò perciò, per un attimo, il terrorista, ma non riuscì a impedire una sventagliata di colpi che hanno infranto dei vetri e colpito un passeggero francese.

Solo l'intervento dei due militari Usa (addestrati, ripeto, a uccidere ma anche a non farsi uccidere) è riuscito a impedire la carneficina. Dimostrando così che dei militari ben addestrati a fare il loro compito, e a operare nei limiti loro imposti dalla legge, non solo servono, ma sono anche preziosi. E quindi vanno considerati come tali dal paese che li esprime. Gente utile, in genere. Eroi, in questo caso. Perché hanno scelto di anteporre la vita degli altri alla loro. Agendo naturalmente, istintivamente, automaticamente. Da natural born killer? Certo, contro chi ti vuole ammazzare, una preparazione di questo genere è un valore. Non un disvalore. Per te e per gli altri che tu difendi. Non bisogna aver paura delle parole, nemmeno quando queste cono state imbastite come slogan e che invece descrivono una realtà di questo mondo. Terribile ma anche vera e purtroppo inevitabile, se non con molta preparazione.

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