La sceneggiata dello sciopero sulla scuola

Categoria: Cultura

Dalla valutazione degli insegnanti (ancora del tutto teorica) al merito che soccombe ancora sotto il feticcio dell’uguaglianza. La scuola italiana ha ancora molti problemi, ma sono esattamente il contrario di quelli citati negli striscioni dello sciopero

di Redazione | 13 Novembre 2015 ore 13:43  Foglio

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Lo sciopero generale della scuola che si è svolto ieri indetto da sigle sindacali antagonistiche non ha ottenuto un grande successo. I cortei, compreso anche quello romano ingrossato dalla confluenza degli studenti, non  hanno raccolto più di qualche migliaio di partecipanti, ma in qualche città, da Milano a Napoli, hanno portato a scontri con la polizia. Le motivazioni della protesta contro la riforma della scuola riguardano i metodi di valutazione degli insegnanti e il sistema scuola-lavoro, oltre alla richiesta di “stabilizzazione di tutti i precari ingiustamente esclusi”, il tutto condito dal prezzemolo della richiesta di aumento delle retribuzioni. La genericità delle rivendicazioni degli insegnati (per non parlare di quelle degli studenti che gridano “ci riprendiamo tutto”) rendono poco comprensibile il senso sindacale della protesta.

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Le assunzioni di massa di docenti hanno tolto mordente alla consueta polemica sul precariato, gli stanziamenti per la scuola che sono stati decisi dopo un lungo periodo di vacche magre rendono inattuale la trita parola d’ordine sul degrado della scuola pubblica. Resta naturalmente lo sfondo antagonistico, che però finisce con l’essere l’unica motivazione comprensibile della protesta. Per la verità la scuola italiana ha ancora molti problemi, ma sono esattamente il contrario di quelli citati negli striscioni dello sciopero. La valutazione degli insegnanti resta puramente accademica, manca una selezione del personale scolastico che favorisca davvero il merito e l’impegno e una formazione orientata a coprire i paurosi vuoti che riguardano soprattutto le discipline matematiche e scientifiche. Il rapporto tra scuola e lavoro, che è lo strumento indispensabile per evitare che la macchina formativa giri a vuoto, è ancora considerato come un aspetto secondario e sperimentale.

La riforma, che pure contiene qualche passo in avanti, caso mai va criticata per l’eccesso di timidezza e per la logica da “todos caballeros” dell’immissione in ruolo dei supplenti. Esattamente il contrario di quel che confusamente si chiede nelle rivendicazioni degli scioperanti, che non riescono a coprire con la fraseologia estremista il loro sostanziale conservatorismo.

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COMMENTO

guido valota • 3 ore fa

Il peggio dell'Italia e del sindacato si concentra proprio nella Pubblica istruzione, che dovrebbe aggregare invece il meglio. Per un processo di selezione sociale-naturale si è instaurato il criterio del demerito esattamente come in altri settori pubblici con cui si accomuna almeno per qualche elemento, come magistratura, sistema dei partiti, sistema sindacale. La moneta cattiva deve scacciare quella buona.