Pacifismo sempre meno popolare anche fra la sinistra antagonista

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I venti di guerra cominciano a provocare effetti nelle formazioni politiche europee, con conseguenze ancora embrionali ma già visibili soprattutto nell'area di sinistra, che storicamente è abituata a subire in modo più consistente le iniziative pacifiste.

 di Sergio Soave Italia Oggi, 2.12.2015

I venti di guerra cominciano a provocare effetti nelle formazioni politiche europee, con conseguenze ancora embrionali ma già visibili soprattutto nell'area di sinistra, che storicamente è abituata a subire in modo più consistente le iniziative pacifiste. Il dato nuovo, costituito dall'atteggiamento apertamente bellicista assunto da François Hollande dopo gli attentati terroristici che hanno ferito Parigi impedisce alla sinistra tradizionale di riversare tutta la responsabilità di scelte difficili sulla destra e tanto meno sull'America, avviata dalla presidenza Obama su un vicolo neoisolazionista.

L'area antagonista, che aveva ottenuto un successo rilevante con l'adesione al pacifismo del Labour party britannico, ora si trova in difficoltà, tanto è vero che Jeremy Corbin ha dovuto lasciare libertà di voto ai deputati laburisti sulla partecipazione dell'aviazione britannica ai raid anti Isis. In Portogallo, dove si è costituito un governo di minoranza socialista appoggiato da comunisti e antagonisti, le preclusioni dell'estrema sinistra che chiedeva l'uscita dalla Nato sono state rapidamente abbandonate e anche questo è un segno dell'attenuazione della presa del pacifismo sulla sinistra europea.

I due maggiori partiti europei di quest'area, la Spd tedesca e il partito democratico italiano si barcamenano, anche per gli specifici interessi geopolitici dell'Italia, che intende affermare l'importanza dello scacchiere libico nella lotta antiterroristica e della Germania che deve digerire il cambiamento radicale di atteggiamento nelle relazioni con la Turchia, col rischio che questo rovini quelle assai produttive che intrattiene con la Russia.

Nell'area moderata europea, invece, è la questione europea, cioè la scelta se delegare all'unione funzioni reali di politica estera e in prospettiva militari, a determinare tensioni. La cancelliera Angela Merkel propende per una maggiore responsabilizzazione dell'Unione, ma altre formazioni, a cominciare naturalmente dai conservatori britannici, non ne vogliono nemmeno sentir parlare. I movimenti che vengono un po' genericamente definiti populisti, dal Front national francese alla Lega italiana, che traggono vantaggi elettorali dall'incapacità delle istituzioni europee di governare i flussi migratori e di contrastare efficacemente le guerre terroristiche che ne provocano una buona parte, naturalmente soffiano sul fuoco dell'indignazione e dell'insoddisfazione. È anche questa cornice politica instabile e assai frastagliata a rendere improbabile la costruzione di una coalizione antiterroristica in cui l'Europa abbia un peso corrispondente alla sua dimensione, il che spiega anche il ricorso di Francia e Gran Bretagna a iniziative nazionali poco efficaci ma che servono da re una dimostrazione di volontà (o velleità) combattiva.

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