Il referendum irlandese fu un caso mediatico, ora la notizia è censurata
di Redazione | 21 Dicembre 2015 ore 16:59 Foglio
Il 22 maggio scorso i cittadini irlandesi hanno approvato con il 62 per cento dei voti il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Era la prima volta in un paese di tradizione cattolica, era la prima volta in cui uno stato approvava le nozze gay attraverso un referendum popolare. Non era certo la notizia a mancare. Infatti per giorni e giorni sui principali giornali mondiali, sulle tv e nei social media dominarono le informazioni, e soprattutto i festeggiamenti per l’avvenuta svolta civile e antropologica della ex cattolica Irlanda. Bene. Domenica 20 dicembre, in Slovenia, un analogo referendum abrogativo ha bocciato con un altrettanto sonoro 63 per cento la legge che nel marzo scorso aveva equiparato il matrimonio omosessuale a quello eterosessuale, consentendo anche l’adozione di bambini.
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Ora, come sulla Settimana enigmistica, trovate la differenza. La differenza balza agli occhi, ed è questa: il vergognoso silenziatore – giusto la notizia in cronaca – imposto dalle maggiori testate italiane e internazionali a un avvenimento che ha una portata socio-culturale non trascurabile (anche il piccolo paese della ex Yugoslavia, come l’Irlanda, è a maggioranza cattolica). Ma l’eccezionalismo culturale di un piccolo paese che allo Zeitgeist omossessualista si oppone, è evidentemente un fatto da censurare. Un blogger italiano, ospitato da un giornale di forti pulsioni populiste, è riuscito a scrivere: “Sappiamo benissimo che l’astensionismo premia le peggiori pulsioni di un paese”. Una bella idea della democrazia, chapeau. Ci sarebbe da dire che anche altri paesi di “nuova democrazia” come la Croazia e la Slovacchia hanno recentemente scritto in Costituzione che il matrimonio è l’unione di un uomo e di una donna. Ma che importa, farlo sapere?
Categoria Cultura