«Basta soprusi, unitevi a noi»: nato da 14 studenti il movimento anti-bulli

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L’iniziativa al tecnico commerciale di Lecce: sito e pagina Facebook

I ragazzi dell’istituto «Galilei-Costa» di Lecce

di Paolo Di Stefano Corriere della sera16 febbraio 2016 | 07:50)

«Quando abbiamo parlato in classe del caso della ragazza di Pordenone ci è venuta l’idea». La storia di Pordenone è quella del gennaio scorso: una dodicenne vittima del bullismo dei suoi compagni che tenta il suicidio gettandosi dalla finestra: «Sono una sfigata, non ce la faccio più». A reagire è una classe che vive all’altro capo dell’Italia: la I A dell’Istituto tecnico-economico Galilei-Costa di Lecce, guidata dal professore di informatica Daniele Manni. Proprio quel docente che l’anno scorso fu selezionato tra i 50 candidati del cosiddetto Nobel dell’insegnamento.

Sono nove ragazzi e cinque ragazze. Si chiamano Giorgio, Martina, Mattia, Mirko, Jacopo, Patrick, Marta, Lorenzo, Niki, Simone, Francesca, Michela, Edoardo, Alice, e hanno pensato di creare il primo movimento dal basso contro il bullismo. Alla triste storia di Pordenone si sono aggiunte quella di Nuoro (la ragazza additata come «porta iella» e perseguitata dai compagni) e quella di Galatone (il 12enne costretto a stendersi sui binari per essere bersagliato da una pioggia di gommini). Non si contano gli altri casi di bullismo, fisici e digitali, fa lo stesso. Qualche giorno fa sul Corriere Ivan Cotroneo ha raccontato di aver ascoltato, durante il casting per il film «Il bacio», molte testimonianze di soprusi subìti da ragazze e ragazzi. E si soffermava sui rischi che corrono in Rete gli adolescenti: disprezzo, offese, minacce per lo più anonime.

Il grido di protesta

«MaBasta!» è un grido di protesta. E attorno a questo acronimo (Movimento Anti Bullismo Animato da Studenti Adolescenti) i ragazzi di Lecce vorrebbero raccogliere le adesioni dei coetanei di tutta Italia. Contagiare la sensibilità su un fenomeno che minaccia di diventare una piaga sociale: l’aggressività sistematica di gruppo contro un individuo percepito come più vulnerabile. Perché i bulli, essendo fragili a loro volta al di là delle apparenze, colpiscono laddove colgono la debolezza. Ed è accertato che il disagio spesso accomuna il persecutore coetaneo e la vittima designata, che talvolta ha difficoltà a comunicare subito la propria sofferenza. Si tratta poi di identificare il responsabile, punirlo certo, ma anche aiutarlo a uscire da quella tragica coazione. «Chiediamo il sostegno e la collaborazione di tutti i ragazzi, dalle elementari alle superiori: vogliamo diventare tantissimi», propongono gli alunni di Lecce. È l’idea di «associarsi per formare una grande voce contro la prepotenza e il sopruso», dice Jacopo, «perché non c’è bisogno di essere vittime per ribellarsi».

L’aiuto dei social network

E a questo nobilissimo scopo, che coinvolge il senso di responsabilità e di cittadinanza, il movimento «MaBasta» si dà da fare come può: una pagina Facebook e un sito internet autoprodotto con una campagna di video-spot e fotografie (www.mabasta.org è in corso di allestimento). «Come ogni anno — dice il prof Manni — abbiamo cercato un’idea operativa per un lavoro in rete: vere e proprie startup da avviare subito, sin dalla scuola superiore. Leggendo i giornali ci siamo soffermati sul caso di Pordenone e Giorgio ha suggerito: perché non lavoriamo sul bullismo? Ora avvieremo il progetto, incontrando esperti del settore, adulti che guidino i ragazzi con la loro esperienza». Intanto è arrivata l’adesione di quattro importanti siti che si occupano di educazione: Your Edu Action, OrizzonteScuola, Aetnanet e MasterProf. Già, perché la parola chiave è sempre quella: educazione. Prima dei loro figli devono conoscerla i genitori.

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