Deutsche Bank, quando Mps occultò 367 milioni di perdita con un interest swap

Categoria: Economia

Secondo alcune ricostruzioni, nel 2008 un trade con Deutsche Bank ideato da Michele Faissola consentì a Mps di occultare 367 milioni di perdita

 Affaritaliani 24.1.2017

Secondo un’inchiesta pubblicata da Bloomberg Businessweek alla quale finora è stata data poco risalto dalla stampa italiana, un “trade dubbio” messo in piedi nel dicembre 2008 dal team di Deutsche Bank, all’epoca guidato dal quarantenne banchiere d’affari italiano Michele Faissola (poi uscito dal gruppo e finito sotto inchiesta a Milano con altri 12 ex colleghi sia di Deutsche Bank sia di Nomura e di Mps con l’accusa di aver aiutato l’istituto senese a falsificare i bilanci della terza maggiore banca italiana e manipolare così il mercato), avrebbe consentito di mascherare una perdita di 367 milioni di euro accumulata su un singolo investimento.

Perdere una cifra simile sarebbe stato considerato in qualsiasi momento una notizia negativa per qualsiasi istituto, ma portarla a bilancio (come previsto dalla legge) in piena tempesta finanziaria mondiale, con Lehman Brothers fallita da un paio di mesi, Merrill Lynch venduta in tutta fretta per salvarla e banche come Citigroup che avevano dovuto chiedere alle autorità americane prestiti pubblici multimiliardari per non colare a picco, avrebbe voluto dire scatenare il panico e mettere a serio rischio la sopravvivenza del più antico istituto di credito al mondo.

Faissola avrebbe così tirato fuori dal cilindro una soluzione: aprire un nuovo trade che avrebbe fatto “magicamente” sparire la perdita attraverso una manovra audace quanto al limite, e forse oltre, di quanto consentito dalla legge. Il trade sarebbe consistito in un “interest rate swap”, ossia un’operazione sui tassi composta di due operazioni: la prima avrebbe visto Mps siglare una scommessa con esito certo e positivo, così da utilizzare il guadagno di questa operazione per compensare la perdita pregressa e non doverla evidenziare a bilancio. Ma siccome nessuna banca, tanto meno Deutsche Bank, regala soldi a nessuno (meno che mai a un cliente- concorrente come Mps), la seconda operazione avrebbe visto Mps fare una scommessa con esito altrettanto certo, ma negativo.

Con una importante differenza: mentre l’esito della prima scommessa si sarebbe chiuso in pochi giorni, così da “sistemare” il bilancio di quel fatale 2008, la seconda sarebbe rimasta aperta per anni e avrebbe pertanto spalmato le perdite su più esercizi, senza che le stesse dessero troppo nell’occhio. Presiedeva la riunione Ivor Dumbar, a sua volta finito sotto processo a Milano per questa vicenda, ma se tra i partecipanti al meeting la soluzione di Faissola suscitò entusiasmo, tanto che bastarono 90 minuti di trattative perché si trovasse l’accordo e l’operazione fosse approvata, qualcuno provò ad avanzare dei dubbi, come William Broeksmit, all’epoca risk-manager di Deutsche Bank e con decenni di attività alle spalle e specializzato in operazioni di ottimizzazione del rischio, che in una e-mail avrebbe provato ad avvertire i colleghi, peraltro senza successo, dei rischi (in particolare rischi reputazionali per Mps) che l’operazione avrebbe comportato.

A distanza di otto anni, nessuno dei top manager di Deutsche Bank è per ora stato accusato di illecito, mentre Michele Faissola per ora si è rifiutato di commentare la ricostruzione della vicenda come pubblicata da Bloomberg, al pari delle due controparti coinvolte (Mps e Deutsche Bank), mentre Broeksmit è stato ritrovato impiccato nel suo appartamento a Londra, apparentemente suicida all’età di 58 anni.

Mentre Mps continua a cercare di risolvere una volta per tutti i suoi persistenti problemi, dopo la mancata ricapitalizzazione di mercato tentata da Marco Morelli in dicembre, Deutsche Bank ha accettato di pagare 7,2 miliardi di dollari alle autorità Usa per chiudere l’inchiesta sulla vendita di carta finanziaria collegata a mutui subprime avvenuta, per ammissione della banca, in modo illecito e tale da indurre in errore gli investitori.

L’istituto tedesco, che in questi anni ha già pagato penali per 9 miliardi di dollari a causa di inchieste su pratiche attuate per favorire l’evasione fiscale di alcuni clienti, ha anche un’ulteriore indagine in corso in Russia dove è accusata di aver aiutato alcuni clienti a riciclare capitali all’estero.

Luca Spoldi