Come (e quanto) cresce la sfida tra Usa e Cina nell’Intelligenza Artificiale

Categoria: Economia

Una delle ragioni dietro questa rapida crescita  è la capacità di attirare ricercatori cinesi di talento che hanno studiato o lavorato negli Stati Uniti

12 novembre 2017 di Redazione  in www.Analisi Sicurezza.it

La Cina sta investendo moltissimo (e con apparente successo) nello studio dell’Intelligenza Artificiale. Ciò sta generando qualche preoccupazione in Occidente, soprattutto negli Stati Uniti che, tuttavia, restano saldamente i leader indiscussi in questo settore a livello globale. Ma la sfida è appena cominciata.

Secondo un’analisi delle più autorevoli ricerche sul tema – operata da Nikkei e dal gigante delle pubblicazioni accademiche Elsevier contando il numero di documenti citati tra il 2012 e il 2016 – due università del colosso asiatico risultano essere tra le prime 10 (Chinese Academy of Sciences terza e Tsinghua University nona) al mondo più considerate nel campo dell’Ai. Gli atenei salgono a 15 se ad essere analizzate sono le prime 100 organizzazioni.

Una delle ragioni dietro questa rapida crescita – rileva un ampio approfondimento del Nikkei Asian Review – è la capacità di attirare ricercatori cinesi di talento che hanno studiato o lavorato negli Stati Uniti, offrendo loro incentivi finanziari per cimentarsi in un ambiente florido e competitivo in casa. Ciò starebbe funzionando, alimentando la ricerca di qualità negli atenei del Paese, sia grandi sia di medie e piccole dimensioni.

USA-Cina

A suonare la sveglia su questo tema – ripresa dal Dipartimento della Difesa sul suo sito – è stato recentemente Eric Schmidt, presidente del consiglio di amministrazione di Alphabet, public company a cui fanno capo Google e altre società controllate, e del Defense Innovation Board. “Se gli Stati Uniti non attiveranno un sostanzioso piano di ricerca e innovazione in tema di Intelligenza Artificiale” (in particolare quella per il settore militare), ha detto recentemente il manager intervenendo durante un convegno, “il rischio è che entro il 2020” la Cina possa sorpassarli e prendere il sopravvento in uno dei settori più critici dei prossimi anni.

Schmidt non è comunque stato il primo. Negli ultimi mesi, sullo stesso argomento, hanno provato ad attirare l’attenzione diverse e autorevoli analisi. Due per tutte: una di Foreign Policy (nella quale si lamentavano alcuni tagli dell’amministrazione Trump su questo tema) e un dettagliato report di Goldman Sachs nel quale si descrivevano la crescita egli investimenti di Pechino nell’AI.

Tuttavia, al momento, gli Stati Uniti continuano a detenere una posizione di assoluta leadership in questo campo. Solo a ottobre scorso 2016, durante la presidenza Obama, la Casa Bianca ha rilasciato un report con indicazioni e future direzioni da intraprendere per governare la crescente influenza dell’Intelligenza Artificiale nella società. Lo studio ha esaminato lo stato attuale dell’AI, le sue applicazioni esistenti e potenziali e le questioni che il progresso in questo campo potrebbe sollevare nella società e nella politica pubblica. Inoltre, al primo posto della classifica realizzata da Nikkei-Elsevier c’è un colosso statunitense, Microsoft.

La presenza americana prosegue al quinto posto, occupato dalla Carnagie Mellon University, al settimo (Massachussetts Institute of Technology), all’ottavo (da Google) e al decimo (New York University). Il Nord America conta anche sul Canada, che occupa la sesta posizione con la University of Toronto. E se l’unica nota europea è la Francia con il CNRS (quarta posizione), al secondo posto si trova un altro ateneo asiatico (Nanyang Technological University di Singapore).