Wirecard, ecco come funzionava il “sistema Braun”

Categoria: Economia

È una questione destinata a tenere banco in Germania ancora per molte settimane quella legata alla società finanziaria Wirecard AG, da leader di mercato a vergogna nazionale nell’arco di meno una settimana.

Andrea Massardo 1.7.2020, ilgiornale.it lettura 6’

Per. it.overside.it -È una questione destinata a tenere banco in Germania ancora per molte settimane quella legata alla società finanziaria Wirecard AG, da leader di mercato a vergogna nazionale nell’arco di meno una settimana. Soprattutto, a causa dei suoi risvolti all’interno della BaFin (l’organo di vigilanza della Germania), del Dax di Francoforte e di tutto il comparto finanziario tedesco, sui quali molti dubbi sono stati calati anche in queste ultime ore. Uno scandalo che, insomma, non ha risparmiato proprio nessuno: nemmeno la società incaricata di revisionare i conti della Wirecard AG, la Ernest&Young, accusata – stando a quanto riferito dall’agenzia di stampa Reuters – adesso di non essersi accorta per tempo della frode finanziaria messa in campo dall’ex amministratore delegato Markus Braun.

Bilanci e quotazioni drogate: ecco come funzionava il “sistema Braun”

Dopo l’ultima serie di controlli nei bilanci della Wirecard, la E&Y si era rifiutata di convalidare il bilancio proposto dal consiglio di amministrazione a causa della probabile mancanza di 1,9 miliardi di euro segnati come attività del colosso finanziario. A seguito del fatto le azioni della società di Ascheeim sono crollate quasi del 80% del proprio valore ed hanno condotto l’amministratore delegato Braun e l’azionista Jan Marsalek a delle dimissioni che sin da subito dono parse come ammissione di colpevolezza. Mentre però Braun si è costituito a seguito del mandato d’arresto, l’ex membro del consiglio di amministrazione – anch’egli austriaco – si è reso irrintracciabile e probabilmente nascosto tra le Filippine e la Cina.

Dopo le accuse provenienti dalla procura di Monaco, Braun è stato accusato anche dalla procura di Vienna. Il capo d’imputazione in questo caso sarebbe quello di frode finanziaria e manipolazione del mercato, a causa dei valori gonfiati del bilancio societario e del tentativo – in parte riuscito – di alzare il valore dei titoli della Wirecard. E da questa accusa, secondo quanto emerso dalle ultime indagini e come riportato dal Der Spiegel, sembra che Braun troverà davvero più di una difficoltà nel difendersi.

In particolare, sarebbe stato rilevato un finanziamento ottenuto da Braun per un importo di un milione di euro e che gli aveva permesso di portare a termine l’acquisto di un pacchetto d’azioni di 2,5 milioni di euro, aumentando il valore di mercato delle azioni societarie. In questo modo, dalla loro cessione è stato generato un plusvalore in grado di ripagare l’investimento e lasciando nelle mani di Braun e Marsalek l’utile dell’operazione. E sulla questione si è iniziata a muovere in questi giorni anche l’ente di vigilanza della Germania, col fine di scoprire se la speculazione messa in atto possa essere considerata nella fattispecie di natura fraudolenta.

Wirecard, una bomba speculativa

Il modo in cui è stata gestita sotto l’amministrazione di Braun la rende un perfetto esempio di società fondata quasi esclusivamente sulla speculazione finanziaria sul proprio valore azionario e in grado di generare profitti dal nulla per i propri azionisti di maggioranza. Potendo gestire un immenso quantitativo di fondi grazie ai depositi effettuati dai clienti e grazie ai finanziamenti ed alle disponibilità concesse dagli istituti di credito, la società di Ascheeim era diventata una vera e propria potenza europea in grado di scalzare la Commerzbank dall’indice del Dax. Tuttavia, col passare degli anni le cifre inesistenti iscritte come utili di bilancio sono diventate troppo grandi per essere nascoste, gettando la società e gli attori della frode finanziaria nel baratro del fallimento e delle indagini giudiziarie.

Come si è potuto dedurre almeno da questa prima fase di indagini, per Braun e Marsalek non era infatti fondamentale il reale rendimento della società. l’importante era che essa apparisse appetibile agli occhi degli investitori, in modo da poter generare la maggiore speculazione possibile sulla compravendita delle azioni. Trasformando a tutti gli effetti un’istituto di moneta elettronica in una bomba speculativa, potenzialmente in grado però – come accaduto – di esplodere tra le mani degli attori da un momento all’altro. E gettando luci ed ombre su un intero sistema di gestione aziendale che, purtroppo, potrebbe non essere però esclusiva della semplice Wirecard AG.

La BaFin sapeva, ma non ha agito

Non è la prima volta che una società iscritta in uno degli albi dell’Unione europea per l’emissione di moneta elettronica viene bloccata a seguito di dichiarazioni mendaci nei bilanci societari. Meno di un anno fa, infatti, come ricorda il Corriere della Sera, anche una società italiana era stata sospesa con la stessa motivazione, creando non pochi disagi ai consumatori muniti dei buoni spesa emessi sotto il nome di Qui! . E anche in quel caso, come accaduto per le carte prepagate emesse da Sisalpay e poggianti sul circuito di Wirecard, i pagamenti vennero sin da subito rifiutati ed il loro utilizzo sospeso.

L’esempio dell’italiana Bio-On sarebbe dovuto servire da esempio per l’ente di vigilanza tedesco, che si trovava ad aver a che fare con una società operante sostanzialmente nello stesso modo. Ma non è soltanto l’iscrizione all’albo speciale per gli istituti di moneta elettronica l’unico termine di paragone tra le due società: Bologna ed Ascheeim erano infatti accomunate anche dallo stesso revisore di conti, la Ernest&Young. Quest’ultima, anche alla luce di quanto emerso negli ultimi giorni, è stata indicata come una dei principali colpevoli della situazione, avendo revisionato i bilanci di Wirecard AG negli ultimi senza accorgersi – se non due settimane fa – della mancanza di 1,9 miliardi di euro dai conti societari e dichiarati in conti fiduciari nelle Filippine.

Tuttavia, la situazione ha coperto di dubbi e perplessità anche lo stesso organo di vigilanza della Germania, la BaFin, accusata dagli operatori di mercato di aver vigilato in modo inefficace sulla società guidata dall’ex amministratore delegato Markus Braun. Infatti, e come emerso nello svolgimento delle indagine, sulla Wirecard Ag erano stati già aperti molteplici fascicoli riguardanti implicazioni nel mercato del porno e delle scommesse. Inoltre, sui suoi bilanci avevano già messo gli occhi gli analisti del The Financial Times, che nello scorso autunno avevano già preventivato che qualcosa all’interno della società non stesse funzionando correttamente.

La BaFin aveva ignorato le accuse dei fondi d’investimento

Era il 2015 quando il fondo con sede a Londra Zatarra Research and Investigations – il quale si occupa anche delle indagini relative alle frodi finanziarie – evidenziò una serie di acquisti volti ad accrescere illegalmente il prezzo del titolo azionario della società di Ascheeim. Inoltre, e come sottolineato precedentemente, erano state messe in luce anche ripetute violazioni della legge americana sul gioco d’azzardo ed altre irregolarità che avevano contribuito all’accrescimento illecito dei bilanci societari. Lo schema era chiaro e semplice: accrescere il valore del titolo in borsa per generare la maggiore speculazione possibile.

Tuttavia, nonostante le accuse pesanti rivolte alla società, la procura di Monaco di Baviera ha sorvolato sulla questione. In parte per le difficoltà nel portare avanti indagini internazionali e in parte per la difesa portata avanti dall’amministratore delegato Braun che rimandava al mittente le accuse di speculazione. E in questa situazione, anche per la credibilità della tesi che vedeva la stessa Zatarra interessata ad un’operazione di speculazione sul titolo di Wirecard, la Bafin decise di abbandonare la questione, con la società quotata al Dax di Francoforte che riuscì a salvarsi dalle gravi accuse che pesavano su di lei.

Nel quadro delineato, dunque, appare chiaro come la mancata vigilanza portata avanti dalla BaFin sia stata decisiva nel crac che ha colpito la società con sede ad Ascheeim. Senza agire per tempo, i bilanci societari sono diventati talmente gonfiati da creare uno scandalo con davvero pochi eguali nel vecchio continente e che getta nelle ombre il comparto finanziario di tutta la Germania; in uno scenario che, purtroppo, sarebbe stato evitabile