La Bce "scarica" il debito italiano: che cosa vuol dire?

Mossa tattica o avvertimento all'Italia su un possibile crollo dei Btp detenuti? La mossa Bce sul debito "scaricato" tra agosto e settembre impone cautela e si presta a diverse interpretazioni

6 Ottobre 2022 - Andrea Muratore ilgiornale.it lettura 4’

Nei giorni successivi alle elezioni arriva sull'Italia una "mina" che andrà gestita con attenzione nei prossimi mesi perché avente a che fare con l'indebolimento dello scudo che ha difeso il Paese negli ultimi anni, soprattutto dopo lo scoppio della pandemia di Covid-19: il piano di acquisto titoli della Banca centrale europea. La stretta estiva sugli acquisti annunciata da Christine Lagarde con lo stop al Pandemic Emergence Purchase Plan (Pepp) varato durante la pandemia è entrata in vigore a fine luglio e i dati sui movimenti dell'Eurotower sui debiti sovrani tra agosto e settembre mostrano una ritirata della copertura della Bce sulle obbligazioni sovrane dell'Italia e di altri Paesi.

Tra agosto e settembre la Bce ha fatto infatti un passo indietro sugli acquisti di bond, riducendo di 1,243 miliardi di euro la quota di Btp detenuti, comunque vicina ai 300 miliardi di euro in seno al Pepp. Una mossa non isolata, dato che l'Eurotower non ha rinnovato oltre un miliardo di titoli spagnoli e greci nello stesso periodo.

Tutto questo dopo che nel bimestre giugno-luglio la Bce aveva dato un aiuto ai titoli della periferià dell'Eurozona, contribuendo a ridurne i differenziali di rendimento e a contenere lo spread, con oltre 17 miliardi di acquisti netti complessivi, 10 dei quali riservati all'Italia.

Siamo entrando nel cosiddetto quantitative tightening, ovvero la grande ritirata dai piani di acquisto titoli inaugurati da Mario Draghi nel 2015 e rafforzati dalla Lagarde col Covid?

Non secondo l'Eurotower. "È solo un ricalibramento fisiologico", spiegano fonti interne sentite da La Stampa, che richiamano alle conclusioni del recente Consiglio Direttivo e segnalano che la posizione della Bce resta quella di un mese fa, e cioè che la Bce "intende reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del programma almeno sino alla fine del 2024", dopo che a giugno l'annuncio parallelo di rialzi ai tassi e ritirata dal quantitative easing da parte della Lagarde aveva scatenato un caos sui mercati. Ma di fatto ad agosto-settembre la Bce ha, per la prima volta dall'inizio della pandemia, disinvestito e scelto di rinnovare titoli per un controvalore di 4,3 miliardi di euro detenuti nel portafoglio complessivo di bond europei.

Fonti finanziarie sentite dall'Ansa ricordano invece che a loro avviso la Bce potrebbe non aver ancora voluto ancora reinvestire titoli italiani che aveva nel portafoglio e che sono giunti a scadenza. Non attivando dunque, non ritenendo fosse il caso farlo, lo scudo anti-spread annunciato a luglio.

Cosa significa per l'Italia tutto ciò? Una prima interpretazione è quella di una Bce attendista, che lavora sui tassi e in questa fase si tiene cauta sui titoli per evitare di irritare i "falchi" che chiedono lo stop totale al quantitative easing in assenza di ulteriori necessità di stimolo dell'economia. Per l'Italia questo significa che l'Eurotower interverrebbe su spread o debito solo in caso di estrema necessità. Ad oggi il differenziale col Bund tedesco si aggira attorno ai 240 punti: ancora ben lontano dal livello di guardia, ma più che raddoppiato rispetto alla fase più attiva del Pepp, in cui era attorno o addirittura sotto i 100 punti base.

Una seconda prospettiva è quella di un messaggio politico volto a "saggiare" l'europeismo della coalizione vincitrice alle urne guidata da Giorgia Meloni. Dimostrando di poter a suo piacimento aprire o chiudere i rubinetti per i titoli di un Paese l'Eurotower potrebbe aver voluto mandare un velato messaggio: abbiamo scelto di non reinvestire oggi, potremmo scegliere di non farlo anche domani, per esempio in caso di braccio di ferro tra la Meloni e Bruxelles su Pnrr o manovra, e dunque questo mostra a Roma che rimane Francoforte l'attore decisivo per la sicurezza finanziaria di Roma.

Terza ipotesi è legata alla volontà di capire fino a che livello gli investitori e i mercati possono, in questa fase, essere "supplenti" dell'investitore comunitario nel sostenere i debiti dei Paesi dell'Eurozona per ricalibrare futuri piani di acquisti dentro o fuori lo scudo anti-spread. Il ragionamento, in quest'ottica, è legato al fatto che con debiti decennali europei che toccano rendimenti tra il 4,5 e il 5% in Paesi come l'Italia e i partner dell'Europa mediterranea e meridionale il rischio-Paese sia adeguatamente compensato dalle cedole prospettate per il futuro.

Ultimo scenario è legato alla prospettiva che, politicamente, il terreno per l'applicazione dello scudo anti-spread e degli acquisti di titoli in forma emergenziale per aiutare i Paesi dell'Eurozona in difficoltà su rendimenti e differenziali non abbia ancora trovato una definizione precisa. Sopra che soglia intervenire per sanare una forbice eccessiva? Con che tempismo? Con quali misure partire? Tutte domande che la Bce si pone mentre nel Consiglio Direttivo si confrontano diverse vedute, da quella del falco tedesco Isabel Schnabel che spinge per tassi alti e ridotti reinvestimenti a quella della "colomba" irlandese Philip Lane, capo economista che ha dato anche consigli sul coordinamento tra politica monetaria e fiscale per la riduzione delle disuguaglianze.

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