POST-IT/ Sarkozy? Incarcerato da un super-Pm nominato da Macron

Categoria: Economia

In Francia i magistrati inquirenti non sono indipendenti dal governo. Dunque è improprio, fare certi paralleli

Nicola Berti 24 Ottobre 2025 ilsussidiario.net lettura3’

In Francia i magistrati inquirenti non sono indipendenti dal governo. Dunque è improprio, come fa Ferrara sul "Foglio", fare certi paralleli

L’entusiasmo per la riabilitazione postuma di Silvio Berlusconi da parte della Cassazione ha spinto Giuliano Ferrara a un parallelo con l’incarcerazione dell’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, sulla base di una pronuncia non ancora in giudicato. La decisione dei magistrati parigini si presta naturalmente a essere dibattuta sul fronte sempre aperto e caldo fra potere politico e giudiziario, non solo in Italia. Ma non pare esatto affermare – come ha fatto l’ex direttore del Foglio – che “il Parquet nazionale finanziario ha agito in nome del mito dell’autonomia assoluta dell’ordine giudiziario”.

Basta leggere le prime parole del decreto di nomina dell’attuale capo del PNF, Jean-François Bonhert: “Per decreto del Presidente della Repubblica, in data 7 ottobre 2019…”.

Quel presidente era Emmanuel Macron, tuttora in carica anche nelle funzioni di Presidente del consiglio dei ministri, ministro della Giustizia compreso. E il PNF è una super-procura speciale istituita soltanto nel 2014, soggetta – in parte non trascurabile – al ministero: come tutti i parquet, i magistrati inquirenti d’Oltralpe (solo quelli giudicanti sono in regime di totale autogoverno).

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Il braccio investigativo creato ad hoc per il PNF – l’Office central de lutte contre la corruption et les infractions financières et fiscales – è dal canto suo un servizio della direzione centrale di polizia giudiziaria, una sub-divisione del ministero. Da otto anni un “dipartimento” della presidenza monarchica di Macron.

Come la precedente amministrazione, retta dal socialista François Hollande, anche quella attuale non è affatto estranea alle indagini sui finanziamenti elettorali giunti in Francia dalla Libia – ancora sotto il regime di Muammar Gheddafi – all’origine della condanna di Sarkozy. L’ex presidente gollista – in carica fra il 2007 e il 2012 – è stato protagonista dell’operazione NATO contro la Libia, con l’eliminazione fisica di Gheddafi. Continua a dichiararsi innocente dei reati di corruzione per cui è stato condannato.

CAOS FRANCIA/ 2. E ora Macron ha contro anche i magistrati grazie a Sarkozy

Appena tre giorni fa sul Sussidiario è stato annotato che in Francia l’incarcerazione di Sarkozy è in questi giorni certamente un caso: ma lo è anche il movimentismo politico che lo sta accompagnando.

Macron ha ricevuto il predecessore all’Eliseo alla vigilia e il Guardasigilli Gérald Darmanin ha già annunciato di volerlo visitare alla Santé, prima del giudizio d’appello previsto nell’arco di un paio di mesi. Nel frattempo Remy Hetz, procuratore capo della Corte di cassazione francese, massima carica della magistratura francese – ha lanciato un altolà contro Darmanin, appena nominato ministro nella laboriosa gestazione del governo Lecornu. Il richiamo al rispetto dell’indipendenza dei giudici è parso però un gesto di nervosismo non diverso da quelli di Macron o di Darmanin.

La magistratura francese (inquirente e giudicante) sa di essere esposta verso l’opinione pubblica per un caso forse più scottante ancora: la pronuncia di ineleggibilità per la leader del Rassemblement National, Marine le Pen, sfidante di Macron al ballottaggio presidenziale sia nel 2017 che nel 2022.

Come Sarkozy, anche Le Pen è stata indagata e condannata in primo grado – dopo la débâcle di Macron nei voti dell’estate 2024 – per un reato di “finanziamento della politica”: nel caso specifico per abuso di fondi del Parlamento europeo, dove la leader RN è stata a lungo deputata. Ma nessuno dimentica che nell’ultimo duello per l’Eliseo – a guerra russo-ucraina appena deflagrata – Macron usò pesantemente la carta di passati finanziamenti russi alla destra lepenista.

Se c’è dunque un sospetto parallelo sul terreno politico-giudiziario è che dietro i casi Sarkozy e Le Pen non si celi il massimalismo corporativo della magistratura, ma uno dei tanti usi spregiudicati dei poteri del semipresidenzialismo gollista che stanno connotando la “fine impero” di Macron.