Perché Fmi e Berlino hanno fatto saltare tutto

Categoria: Economia

Ciascuno si preoccupa della sua popolarità, compreso il capo del Fmi che dovrebbe curare la stabilità monetaria mondiale

Francesco Forte - Lun, 29/06/2015 - 08:15 Il Giornale

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Ciò che accade fra l'Europa e il Fondo Monetario e la Grecia comporta un pesante giudizio negativo per Angela Merkel e la Germania e per Christine Lagarde e il Fmi, i due principali protagonisti del pasticcio i cui danni ricadono su tutti noi.

Si salva solo la Bce di Mario Draghi, che con la sua politica monetaria ha evitato che il modo sbagliato con cui è stata condotta la trattiva generi una tempesta sui mercati finanziari, mettendo a rischio la zoppicante ripresa dell'Europa, che ci è costata tanti sacrifici. Solo la Bce ha un «piano B». Gli altri hanno giocato a poker, senza sapere che cosa fare, ora che hanno perso la partita. Angela Merkel, il cancelliere tedesco che si è assunto impropriamente il compito di rappresentare l'Europa ha cercato di indurre la Grecia a un accordo, mediante il solito «tira e molla». Ma all'ultimo momento si è irrigidita, perché il vice cancelliere, il socialdemocratico, Sigmar Gabriel, che sino a ieri faceva la colomba verso la Grecia, adesso è diventato falco e vorrebbe che uscisse dall'euro come quasi il 60% dei tedeschi.

Il ministro delle Finanze Schauble, che ha sempre fatto il «poliziotto cattivo» nel gioco di sponda con la Merkel, si è trovato spiazzato e ha detto che il tempo della Grecia è scaduto. La Merkel così ha acconsentito alla linea dura. Ciò dimostra che la politica attuale dell'Europa è assurda. La Germania ha solo il 25,6% delle quote dell'Eurozona. Non ha titolo per decidere chi deve stare dentro fuori dall'euro e a quali condizioni. Neanche lo ha sommata alla Francia- guidata dall'opaco Hollande- che ha il 20%. L'Italia con il 17,5% è la terza per importanza dell'euro. Ma Renzi non fa valere la nostra quota. Si occupa della «buona scuola» cioè di assumere 100mila precari per riacquistare popolarità. Non sa come comportarsi con la Grecia perché mettendosi contro Syriza il partito di Tsipras perde altri voti a sinistra. Però la responsabilità maggiore del pasticcio la ha il Fondo Monetario, tramite le impuntature della Lagarde. Essa ha detto «no» alle proposte del governo greco, basate sull'aumento delle aliquote agevolate dell'Iva anziché sulla rinuncia ai programmi di pensioni anticipate. La Lagarde sostiene che gli aumenti fiscali rendono meno facile la crescita del Pil. Ma, nello stesso tempo, chiede che l'Ue rinunci a parte del credito con la Grecia, per consentire che paghi prioritariamente gli interessi e gli ammortamenti sul debito con il Fmi che è di 24 miliardi, di cui 1,6 in scadenza domani. Ma il debito pubblico greco con il Fondo europeo di stabilità finanziaria è di 142 miliardi. A ciò vanno sommati 53 miliardi di prestiti bilaterali di stati dell'euro zona alla Grecia e altri 27 della Bce. In totale 222 miliardi. La Bce inoltre ne ha prestato varie decine alle banche greche. La Lagarde vuole esser rieletta, gli asiatici che fanno parte del Fmi sono esigenti. Lei ora fa fallire un negoziato che riguarda circa 260 miliardi crediti pubblici dell'Eurozona (di cui la quota italiana è di circa 45 miliardi ) per gli 1,6 dovuti martedì al Fondo. L'argomento che l'aumento dell'Iva riduce la crescita, in sé corretto, non sta in piedi dato che la Commissione europea ha suggerito all'Italia di aumentare l'Iva e la tassazione degli immobili per ridurre il deficit . Tsipras potrebbe chiedere perché per la Grecia l'aumento dell'Iva agevolata non va bene, se un analogo aumento, su richiesta dalla Commissione Europea, è stato inserito, come clausola di salvaguardia, per 10 miliardi, nel bilancio italiano per il 2015. La Grecia non cresce per molte ragioni. Ma questa dell'Iva non è la più importante. Ora Tsipras ha fatto deliberare il referendum sull'euro chiedendo di votare «no». Sa che i sondaggi danno il «no» all'euro dei greci solo al 30% circa. Ma lui vuol fare la vittima e l'eroe ad un tempo. Ciascuno si preoccupa della sua popolarità, compreso il capo del Fmi che dovrebbe curare la stabilità monetaria mondiale.

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