IL 70% DI QUANTO PRODUCONO LE GRANDI IMPRESE ITALIANE È “ESTERO SU ESTERO”:

Categoria: Economia

 NON È UN CASO PERCHÉ LA REDDITIVITÀ IN ITALIA (5,2%) È MENO DELLA METÀ – PER LE GRANDI AZIENDE CHE OPERANO DA NOI NEL 2014 LE VENDITE SONO SCESE DEL 4,3% E L’OCCUPAZIONE È IN CALO DELL’1,1% UN PAESE IN FUGA

ANSA-Dagospia 10 AGO 2015 16:36

Secondo i dati di R&S Mediobanca, dal 2008 (inizio della crisi) le imprese della pelle e cuoio hanno visto aumentare i fatturati di oltre il 33%, le imprese di costruzione del 26%, il conserviero del 21%, con tutto l'alimentare in positivo. Molto male invece i prodotti per l'edilizia (-38%), il settore stampa ed editoria (-36%) e le telecomunicazioni, che hanno ceduto il 24% dei ricavi…

1 - ITALIA NON CONVIENE, 70% PRODOTTO ALL'ESTERO

 (ANSA) - Il 70% di quanto prodotto dalle grandi imprese italiane è 'estero su estero' - senza coinvolgere impianti e manodopera nel Paese - anche perché i margini di redditività sono la metà di quelli oltreconfine. Lo afferma Ricerche & Studi di Mediobanca, secondo il quale il ritorno sul capitale (Roe) è del 5,2% contro il 14,3% all'estero.

2 - R&S MEDIOBANCA; NON FINITA, KO VENDITE E LAVORO

 (ANSA) - Per le grandi imprese che producono in Italia l'anno scorso le vendite sono scese del 2,2%, del 4,3% sul solo mercato interno, con l'occupazione in calo dell'1,1%. Lo afferma un rapporto di Ricerche & Studi di Mediobanca, con stime per il 2015 non molto diverse: il miglioramento più probabile è nei soli investimenti.

In particolare ancora molto preoccupanti i dati sull'occupazione, che nel rapporto R&S Mediobanca sulle 2055 maggiori imprese dell'industria e dei servizi che lavorano in Italia non sono mai stati positivi dal 2008. Dall'inizio della crisi le attività di questi grandi gruppi nella penisola hanno visto un taglio dell'8,5% del numero di operai (che sale al 12,3% nella sola manifattura) e del 2% di 'colletti bianchi'.

A ridurre maggiormente i dipendenti sono stati i gruppi di proprietà estera, che hanno perso il 19% dei propri operai e quasi l'8% degli impiegati. Il problema è che chi è rimasto nelle aziende non guadagna di più, anzi: nelle attività delle grandi aziende in Italia il potere di acquisto dal 2006 è sceso del 2,3%, con segnali di tenuta solo nella manifattura (+1%) e un costo del lavoro nei gruppi pubblici in media superiore del 25% rispetto a quelli privati.

 Nei singoli settori produttivi la salute è comunque molto diversa: secondo i dati di R&S Mediobanca, dall'inizio della crisi le imprese della pelle e cuoio hanno visto aumentare i fatturati di oltre il 33%, le imprese di costruzione (cioè soprattutto i grandi 'general contractor') del 26%, il conserviero del 21%, con tutto l'alimentare in positivo. Molto male invece i prodotti per l'edilizia (-38%), il settore stampa ed editoria (-36%) e le telecomunicazioni, che dal 2008 hanno ceduto il 24% dei ricavi.

Qualche segnale positivo dagli investimenti: l'anno scorso sono cresciuti del 9% totale, con la manifattura in aumento del 4%. Il trend dovrebbe proseguire anche nel 2015, con attesa per il settore dei servizi che è il più lento a cercare una via d'uscita dalla crisi. Il problema è che comunque si è perso tantissimo: in totale dal 2005 le attività italiane dei grandi gruppi hanno tagliato in generale il 31% di investimenti, con le aziende pubbliche in calo del 43% e il terziario del 52%

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