Riforma Popolari, parte il grande Risiko bancario

Categoria: Economia

Occhi sugli istituti. Dopo il decreto governativo il mercato si aspetta i colpi. Banco Popolare e Ubi pronti a creare il terzo polo italiano. Bpm guarda a Carige.

di Francesco Pacifico | 10 Settembre 2015 lettera43

Il grande vecchio delle Popolari, Piero Giarda, lo ha ammesso senza remore: «Andiamo in slow motion. Siamo nella fase in cui tutti parlano con tutti. Sono al lavoro gli advisor».

Per poi aggiungere che «finché non ci saremo trasformati in SpA (come prevede il decreto governativo per gli istituti che superano gli 8 miliardi di attivi, ndr) non c'è pericolo» sull'arrocco di uno straniero.

TESORO ALLARMATO.

Tempi e modi che allarmano il Tesoro e che fanno temere in via XX settembre che il settore stia tentando di boicottare la riforma che cancella il voto capitario e liberalizza entro il 27 dicembre del 2016.

Tanto che dal Forum di Cernobbio il ministro Pier Carlo Padoan ha incoraggiato gli istituti «ad approfittare dell'opportunità perché alla fine di questo meccanismo siano più forti e di maggiore dimensione».

Il risiko bancario fatica a ingranare.

PER ORA SOLO RICORSI.

 Quando presentò la riforma, Matteo Renzi notò che ci voleva un consolidamento nel settore perché in Italia «ci sono troppi banchieri e poco credito».

Da allora ci sono stati solo grandi progetti e tre ricorsi alla Corte costituzionale (due da parte di soci delle Popolari, uno dalla regione Lombardia) e uno al Tar del Lazio presentato da Federconsumatori e Adusbef.

Eppure sul mercato continua a registrarsi denaro sui principali titoli del settore.

OCCHI PUNTATI SU UBI.

A riprova che qualcosa sta per muoversi. C'è anche chi fissa una data: il 10 ottobre.

Per quel giorno Ubi Banca ha in programma la sua assemblea per trasformarsi in società per azioni.

Intanto, per gestire la transizione e facilitare il raggruppamento delle deleghe, ha reso noto di voler «proporre in via transitoria e come consentito dalla legge un limite al diritto di voto pari al 5% del capitale sociale. Il 'tetto' durerà due anni, a partire dall'entrata in vigore della legge e quindi fino al 26 marzo 2017».

Dalla fusione tra Ubi e Banco Popolare nascerebbe il terzo gruppo italiano

.Dopo il 10 ottobre il mercato si aspetta grande colpi.

Gli analisi scommettono sul matrimonio tra Ubi e Banco Popolare, dal quale scaturirebbe il terzo gruppo bancario italiano alle spalle di IntesaSanpaolo e di UniCredit.

Sempre il gruppo bergamasco avrebbe riposto le sue mire sulla Popolare di Milano e su Mps, con Siena che aspetta occasioni dell'ultim'ora dopo che il duo Viola-Profumo ha riportato sotto controllo i ratio patrimoniali e l'esposizione verso Nomura.

BPM GUARDA A CARIGE.

 Guardando all'altro grande player del settore, Bpm, i rumor dicono che in piazza Meda si guarda a Carige.

I maggiori azionisti della storica banca genovese, i Malacalza, avrebbero già intavolato le prime discussioni con il consigliere delegato di Bpm, Giuseppe Castagna.

BPER MOLTO ATTIVA.

 Molto attivismo nel Nord-Est da parte della Bper.

La preda è Veneto Banca che al momento sembra però più impegnata a una ristrutturazione organizzativa, iniziata dal neo direttore generale Cristiano Carrus.

In caso contrario Reggio Emilia virerebbe in Valtellina su Creval e PopSondrio.

RESISTENZA A VICENZA.

Vorrebbe invece resistere alle avance, che pure non mancano, le Banca popolare di Vicenza.

Ma i conti potrebbero spingere il territorio ad abbandonare i progetti del presidente Gianni Zonin e guardare anche a Veneto Banca.

Un'operazione impensabile soltanto qualche mese fa.

Gli istituti, quindi, traccheggiano.

ADVISOR COL TURBO. Hanno invece messo il turbo i loro advisor. Rothschild è stata ingaggiata da Veneto Banca, Mediobanca sia dalla Popolare di Vicenza sia dal Banco Popolare, che a sua volta ha chiamato Bank of America-Merrill Lynch per la definizione delle sue strategie.

A Mediobanca guarderebbe anche Carige, Ubi starebbe per chiedere l'aiuto di Credit Suisse, Bpm ha nominato Citigroup e Lazard e Bper Goldman Sachs.

Tutti grandi nomi che a differenza dei signori delle Popolari non vogliono perdere altro tempo e incassare le ricche plusvalenze legate a questo tipo di operazioni.

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