Klaus Welle, il capo occulto del parlamento Ue

Categoria: Estero

Welle è il segretario generale. Ma a Bruxelles ha più potere del nemico Schulz. Sogna gli Stati uniti d'Europa. E il primato dei funzionari. A scapito dei politici.

Klaus Welle, segretario generale del parlamento Ue.

di Antonietta Demurtas | 02 Maggio 2016 lettera43 da Bruxelles

 Il capo del parlamento Ue è tedesco, ma non è il presidente Martin Schulz. Si chiama Klaus Welle ed è il segretario generale dell'istituzione europea.

Tedesco, cristiano democratico, ex segretario del partito popolare europeo (Ppe), a Bruxelles lo chiamano «il principe delle tenebre».

«Ah, vuole parlare di Welle» - lungo silenzio, sorriso preoccupato e arcata di sopracciglio - «e perché?»: è questo il primo commento che la maggior parte dei funzionari, deputati, ricercatori e persino guardie della sicurezza del parlamento europeo di Bruxelles fanno davanti alla domanda: «Che cosa pensa del segretario generale?».

«QUI DENTRO È IL CAPO». Poi, dopo la rassicurazione di poter parlare off the record, raccontano: «Qui dentro è il capo», «è la persona che in questa casa ha più potere», «è il segretario generale più famoso che il parlamento abbia mai avuto», «di solito questo ruolo non è mai stato così sotto i riflettori».

Ma una buona parte di questa celebrità è stata lui stesso ad alimentarla con discussioni, critiche, decisioni azzardate e prese di posizione dure.

L'ultima, che ha fatto indiavolare i parlamentari, è la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del bando di assunzione di circa 110 autisti del parlamento, sinora lavoratori assunti da un'azienda esterna in outsourcing, che Welle vuole invece internalizzare giustificando un aumento dei costi di 3.7 milioni di euro a carico del bilancio Ue (che porterebbero il costo totale del servizio a 10.5 milioni) con la questione della sicurezza e della necessità di controllare meglio chi lavora in parlamento.

«VA BEN OLTRE IL SUO INCARICO». Una spesa eccessiva per i deputati che avevano infatti votato una risoluzione sul bilancio del 2017 dove chiedevano tra le altre cose la sospensione di questa proposta.

Un niet che non è piaciuto al tedesco Welle, segretario dal 2009 ma in parlamento dal 1999. Da sette anni e per altri tre, fino allo scadere del contratto decennale, è il responsabile dell'amministrazione del parlamento e controlla direttamente il bilancio Ue.

«Ma il suo ruolo sta andando ben oltre il suo incarico», racconta a Lettera43.it l'europarlamentare del Pd (gruppo S&D) Daniele Viotti, che come altri suoi colleghi - meno disponibili a rilasciare commenti se non off the record -, non condivide l'impostazione del lavoro di Welle: «Il suo obiettivo è trasformare il parlamento Ue nel Congreso degli Stati Uniti», continua, «pensa che noi parlamentari dobbiamo stare più sui territori, non in parlamento e nelle commissioni a Bruxelles».

I malumori a Bruxelles: «Vorrebbe far gestire tutto dai funzionari»

Così che alla fine il lavoro al parlamento europeo lo farebbero più i funzionari che i politici. Welle appunto.

«Non che non siano bravi, comunque lavorano sulle nostre direttive, ma io mi rendo conto che la nostra presenza è importante, perché limitarla?», si chiede Viotti.

Quello che alcuni deputati criticano è proprio l'idea del ruolo del parlamento che il segretario generale ha in mente, e che non ha mai nascosto. «Tenta sempre di ridurre la nostra presenza a Bruxelles, quest'anno per esempio facciamo due settimane verdi in più», commenta un deputato di lungo corso riferendosi al calendario che prevede altre due settimane di missioni esterne o nelle circoscrizioni elettorali. Quindi non attività parlamentari a Bruxelles.

«ORARI FOLLI». «Welle pensa che il lavoro possa essere concentrato», dice un altro politico britannico favorevole alla logica Welle.

Il risultato è però che «durante la settimana della plenaria a Strasburgo gli orari di lavoro diventano folli», tra votazioni in aula e riunioni delle varie commissioni, i politici non riescono a fare tutto, oppure fanno tutto e male.

«Il segretario vorrebbe che noi andassimo solo a votare, e che il resto venisse gestito dai funzionari», dice chiaro una deputata francese, che i conti di Welle li ha capiti bene.

E, spiega, non sono legati all'esigenza economica di ridurre i costi: nel 2015 Welle si era addirittura battuto per introdurre un nuovo metodo di lavoro che avrebbe comportato il cambiamento strutturale degli uffici dei parlamentari, creando un open space con nuovi arredi e tecnologie.

«Obiettivo», scriveva lo stesso Welle nella relazione ai vicepresidenti, «è quello di fornire agli eurodeputati condizioni di lavoro ottimali in moderni edifici che offrono un alto livello di prestazioni energetiche e di garantire la loro sicurezza, comfort e benessere».

ALLERGICO AGLI APPALTI. La proposta, che prevedeva una profonda revisione della struttura Paul Henri Spaak, costruita appena 20 anni fa, fu bocciata per non gravare sul bilancio Ue, grazie anche all'opposizione del Ppe e del presidente del parlamento Schulz.

«Non so se la sua proposta era fatta per blandire noi parlamentari e conquistare qualcuno più incline ai privilegi della casta», dice un deputato, «quest'anno voleva persino aumentare la cifra dedicata alle nostre attività svolte a livello locale, per poter lavorare meglio da casa».

Un amministratore molto attento alle esigenze dei dipendenti parlamentari, un po' meno alle tasche dei cittadini europei: «Solo l'anno scorso, per la prima volta, grazie al vicepresidente del parlamento Sassoli siamo riusciti a far fare una gara di appalto per assegnare i servizi mensa e ristoro del parlamento», ricorda ancora Viotti, «prima erano tutti dati a piacere, a discrezione degli amministratori».

Dal settore bancario alla politica: l'ascesa del fedelissimo di Kohl

Ma Welle «se vuole, può decidere su tutto, dal gestore della rete internet all'assunzione del ricercatore o della donna delle pulizie», spiega una fonte, «e anche se a volte non agisce in maniera ortodossa, nessuno può dirgli nulla». Neanche Schulz.

Il presidente del parlamento è il suo grande nemico, mai dichiarato ufficialmente.

In comune hanno la terra madre Germania e il federalismo, ma per modus operandi e ideali politici sono completamente diversi. «Con Schulz si odiano, ma hanno fatto un patto di non belligeranza, ognuno gestisce il suo», raccontano a Bruxelles, «anche perchè è impossibile rimuovere Welle dal suo ruolo, Schulz non ha questo potere», è il commento, «alle spalle di Welle c'è Angela Merkel in persona».

E tutto il partito popolare europeo, che per quanto ultimamente abbia dato segni di insofferenza per alcune posizioni assunte da Welle, non può disconoscere colui che ha fatto grande il partito in Europa.

FIGURA DECISIVA PER IL PPE. Prima di diventare segretario generale, Welle è stato capo di gabinetto del presidente del parlamento europeo Hans-Gert Pöttering (anche lui tedesco cristiano-democratico).

Prima ancora è stato segretario generale del Partito popolare europeo e del gruppo parlamentare Ppe.

Dalla piccola città di Beelen, nella Germania occidentale, Welle si è trasferito a Bonn dove, nonostante i suoi trascorsi lavorativi nel settore bancario, ha iniziato a occuparsi di politica europea ed estera per i cristiano democratici (Cdu).

Nel 1994 fu il cancelliere Helmut Kohl a mandarlo a Bruxelles per dar vita al Ppe, sino ad allora una piccola realtà che Welle ha contribuito a rendere grande convincendo il partito di Berlusconi, Forza Italia, e i conservatori britannici, a salire a bordo.

Welle ha inoltre rappresentato il parlamento europeo come 'sherpa' nei negoziati sul Trattato di Lisbona durante la presidenza tedesca dell'Ue nella prima metà del 2007.

LO CHIAMANO PRINCE OF DARKNESS. Per quanto tutti lodino la sua intelligenza, la dedizione al lavoro e l'abilità politica, sono ancora molti a temere le sue idee. È stato definito «il principe delle tenebre» (prince of darkness) per le sue macchinazioni politiche, spesso è stato accusato dai suoi detrattori di politicizzare l'amministrazione nominando suoi simpatizzanti in posti chiave. I suoi sostenitori, invece, soprattutto in ambienti Ppe, preferiscono definirlo «uno stratega politico di talento».

Nel 2009, quando Welle divenne segretario generale, Monica Frassoni, co-presidente del gruppo dei Verdi, disse al settimanale European Voice che la nomina era la «dimostrazione che il parlamento europeo è un'organizzazione veramente politica». «Un conservatore europeo ambizioso con forti reti politiche e la capacità di usarle tatticamente», riportava ancora il magazine nel 2009.

Quando è stato nominato, uno dei commenti più comuni era: «Avremo un politico per un posto semi-amministrativo, che può essere una cosa positiva o negativa, a seconda di come egli userà la sua posizione».

A distanza di sette anni, per quanto il suo potere decisionale, a livello amministrativo, sia invariato, è quello politico che sembra aver superato la linea di demarcazione, almeno per una parte della classe politica parlamentare, che mal sopporta le «interferenze» e «le troppe proposte in salsa americana» di Welle.

Sognando gli Stati Uniti d'Europa: il grande obiettivo di Welle

Una fissa, quella per gli Usa, che sembra confermata anche da un recente profilo pubblicato sul quotidiano Politico, nel quale Welle pare non solo un appassionato lettore di Joseph Ellis, ma un visionario che dai libri dello storico americano vorrebbe trarre ispirazione per fondare gli Stati Uniti d'Europa.

I FUNZIONARI? PIÙ GESTIBILI. Per ora, il sogno federalista Welle lo ha realizzato contribuendo all'istituzione del Servizio di ricerca parlamentare europea, un in-house think-tank che funziona come il Congressional research service degli Stati Uniti. E spingendo per un ruolo più ampio alla Corte dei conti europea, ispirandosi al modello del Congressional budget office Usa e del Government accountability office (Gao).

L'obiettivo è rendere il parlamento sempre più indipendente dal punto di vista della gestione del bilancio e della legislazione dalla Commissione e dai governi nazionali. «Ma per riuscirci deve creare una struttura più forte di funzionari, sicuramente più gestibili dei partiti politici e dei deputati, spesso troppo legati alle logiche nazionali», commentano a Bruxelles.

LO SCONTRO CON SCHULZ. Un tentativo sinora ostacolato da Schulz, che fa dei partiti politici la sua prima forza. Anche se la frizione tra i due, che dura ormai da anni, sembra essersi affievolita. Schulz è al termine del mandato e anche Welle è sulla stessa via: dovrebbe finire nel 2019.

Il presidente potrebbe rimuoverlo prima se volesse. «E se potesse lo farebbe», commentano i più maliziosi al parlamento, ma «Klaus è intoccabile».

Per ora sono cadute nel nulla le voci di corridoio che volevano uno Schulz pronto a sostituire Welle con il suo capo di gabinetto Markus Winkler.

Certo è che se riuscisse a ottenere la presidenza del parlamento per un terzo mandato, potrebbe scegliere di non rinnovare il contratto dello storico nemico.

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