Albania, viaggio tra gli italiani di Tirana

Categoria: Estero


La movida di Tirana è popolata da italiani.

di Barbara Ciolli | 17 Agosto 2016 lettera43 da Tirana

A Tirana  non si è in compagnia di stranieri.

Non solo perché il 70% degli albanesi parla la lingua di Dante e di Boccaccio e quasi tutti guardano la tivù italiana. Per non citare gli oltre 600 mila albanesi che, dalle ondate di sbarchi del 1991, hanno attraversato l'Adriatico.

In tanti sono rimasti in Italia, qualcuno è tornato. Ma il flusso è, da un po', anche inverso: studenti, giovani imprenditori, lavoratori, pensionati dell'(ex?) Belpaese riempiono le pizzerie e i numerosi caffè dei viali alberati di Tirana.

20 MILA ITALIANI A TIRANA. Le file per il rilascio dei permessi di soggiorno ora si fanno anche in Albania.

Dai dati del ministero dell'Interno albanese, il passaparola ha portato nel Paese delle aquile più di 20 mila nostri connazionali, anche se l'Anagrafe degli italiani all'estero (Aire) conta poco più di un migliaio di residenti registrati, altrettanti gli studenti in trasferta.

Ci sono anziani italiani che vivono da signori con le pensioni lorde detassate.

Altre migliaia di connazionali prendono intanto un permesso di soggiorno per lavorare, diversi non vogliono iscriversi all'Aire per non ricevere cartelle di Equitalia in Albania o rinunciare alla completa copertura sanitaria in Italia.

TRA FLOP E SUCCESSI. I più vanno e vengono, come i docenti nelle università, i soci delle attività in startup o i consulenti.

Tra gli imprenditori in trasferta c'è chi rimane scottato e rimpatria, come il team altisonante del canale tivù Agon Channel, lanciato e chiuso nell'arco di un paio d'anni.

C'è chi invece sfonda come l'abruzzese Maurizio Cantalini del ristorante Vita99 che ha aperto altri locali e va a cucinare in tivù.

Il fermento è alto, come la volatilità.

ALMENO 500 AZIENDE. L'Ambasciata italiana a Tirana conta «tra le 400 e le 500 aziende italiane nel Paese». «Stime però approssimative», precisano dagli uffici diplomatici a Lettera43.it.

La Camera di commercio italiana in Albania è stata ancor meno loquace: ripetutamente sollecitata, non ci ha voluto incontrare né fornire dati più precisi, e per una strana reticenza anche diversi connazionali contattati in Albania hanno chiesto di restare anonimi.

Sono divisi tra loro, ma in giro per Tirana percepiamo che gli italiani sono molto più dei dichiarati.

C'è attesa: dal 2014 l'Albania ha ottenuto lo status di Paese candidato a entrare nell'Ue e «ora bisogna correre, fare i negoziati veloci» ha detto anche Matteo Renzi durante una visita.

Uno degli hub più pieni di italiani, e anche di work in progress, della capitale è l'Università cattolica Nostra Signora del Buon consiglio (Nsbc).

LA VISITA DEL PAPA.  Due anni fa, qui il papa è stato l'ospite d'onore nel suo viaggio in Albania e le foto di Francesco spuntano immancabili alle pareti.

Il suo ricordo è sui sorrisi stampati del personale e degli studenti che, anche di sabato mattina, vanno e vengono per i corridoi.

È estate, in tanti ripassano per gli esami a casa e diversi dei 500 connazionali (su circa 2 mila iscritti) sono rientrati in Italia. Ma negli ambulatori dei centri medici nel campus e decentrati si esercitano ancora praticanti e specializzandi.

L'UNIVERSITÀ DEGLI ITALIANI. Nelle aule sono in corso sezioni d'esame e la biblioteca multimediale è piena.

«La teniamo aperta anche nei fine settimana, come ad Amburgo. Abbiamo investito molto, attingendo anche a finanziamenti, per costruire un archivio con le migliori riviste accademiche», spiega a Lettera43.it il responsabile del Dipartimento di Scienze chirurgiche Francesco Rulli.

La Cooperazione italiana è uno degli enti che ha sostenuto i progetti sociali della Fondazione Nostra Signora del Buon consiglio, istitutrice nel 2004 dell'omonima università.

Da presidente della Repubblica, anche Giorgio Napolitano ha fatto i complimenti all'ateneo.

IL DONO A MADRE TERESA. Una storia che parte da un terreno donato verso la fine della dittatura a madre Teresa di Calcutta. L'albanese beata più nota al mondo ne avrebbe poi passato la gestione all'Istituto dei figli dell'Immacolata concezione, che, per missione, dal 1800 si dedica all'educazione e all'assistenza degli infermi.

Negli anni della crisi albanese e della guerra in Kosovo, la congregazione di religiosi aveva aperto un piccolo poliambulatorio di cura, il loro primo presidio a Tirana.

UN NUOVO OSPEDALE. Dagli Anni 90 lo ha fatto crescere, ora sta ampliando le facoltà della Nostra Signora del Buon consiglio e costruisce un ospedale nel campus. Grazie alle alte rette universitarie (8 mila euro l'anno, con agevolazioni e borse di studio), reinvestite in strutture didattiche e sanitarie.

Una laurea albanese valida nell'Ue

 Il chirurgo Francesco Rulli è tra i 500 professori italiani a insegnare in Albania.

Il fine ultimo è aumentare le cure e le operazioni mediche sicure a costi calmierati.

Il corrispondente cioè di un ticket italiano per esami e prestazioni specialistiche, in un regime di sanità privata, qual è ormai quello albanese, con margini d'azione fin troppo larghi.

Nella capitale pullulano le cliniche a pagamento greche e turche, studi e centri medici vengono aperti in continuazione, come già per le università farlocche di Bossi junior, chiuse in blocco dal governo di Edi Rama.

LAUREE VALIDE NELL'UE.  Al campus della Nsbc si rilasciano invece lauree congiunte, riconosciute in Italia e negli altri Paesi dell'Ue grazie a joint venture con le università di Roma Tor Vergata, Bari e Firenze, da dove viene la gran parte del corpo docente: quasi 500 italiani su 610 professori.

La lingua d'insegnamento è l'italiano e, oltre che con il network accademico cattolico, il presidente della Fondazione Nostra Signora del Buon consiglio, padre Daniele Bertoldi, ha fatto, con il suo team, la scelta laica di convenzionarsi con atenei statali italiani.

UN'IMPOSTAZIONE LAICA. In queste aule si studiano Medicina, Farmacia, Scienze economiche e politiche, ora anche Architettura e Ingegneria.

D'estate si tengono summer school sulla pace e la cooperazione, e si promuove l'incontro tra religioni.

Il vice rettore è un albanese musulmano: non a caso, dall'aula magna di questa giovane università, Francesco ha citato l'Albania come «pacifico esempio di convivenza e collaborazione tra islamici e cristiani».

Il campus ha strutture nuove e nel centro odontoiatrico vicino al cantiere del polo ospedaliero ci saluta Elisa, un'italiana venuta a studiare in Albania.

È impegnata con i pazienti e contenta della sua scelta.

Come lei centinaia di giovani connazionali emigrano qui ogni anno, soprattutto per iscriversi a Medicina. La sera si ritrovano in locali come il Te'vila, oltre la centrale piazza Skanderbeg e la piramide-mausoleo diroccata di Enver Hoxha.

LE PROTESTE DEI BARONI. In Italia i baroni hanno fatto polemica per gli ammessi a Tirana che non avevano superato i test d'ingresso di Medicina in patria.

Ma anche alla Nostra Signora del Buon consiglio si entra con il numero chiuso e la frequenza è obbligatoria. La differenza è che nella selezione pesano più il voto di maturità e meno i quesiti di logica, i programmi accademici sono uguali a quelli di Tor Vergata.

Il popolo dei lavoratori italiani

Per gli albanesi i ragazzi italiani venuti a Tirana sono sinonimo di Nostra Signora del Buon consiglio.

La retta annuale dell'università pesa più del doppio delle tasse degli atenei pubblici in Italia, ormai però per niente economici.

E così con gli affitti più bassi (tra i 150 e i 250 euro) e il costo minore della vita, la spesa per una famiglia con un figlio mandato a studiare in Albania è più o meno la stessa, forse minore, di quella per un fuori sede in Italia.

PRUDENZA E DIVISIONI. Ci ha studiato anche la figlia di Alberto Castagna, il variegato popolo di connazionali che lavora a Tirana li chiama, scherzosamente, «figli di papà»

Alcuni ci aprono le porte delle loro aziende. Altri preferiscono non esporsi e ci raccontano sottovoce che il Paese cresce, «però lentamente», e che deve essere ancora «ripulito dalla corruzione», in ogni caso non vogliono apparire.

TASSE AL 15% PER LE IMPRESE. Operano nella ristorazione, nell'edilizia e nell'energia, nei call center e nel tessile, nelle tante cliniche odontoiatriche sparse per Tirana, nel turismo e in tutti gli altri principali settori.

Colpisce che facciano spesso distinguo tra italiani e italiani, quasi temano la concorrenza 'interna'. Tutti comunque confidano in una pioggia di «finanziamenti Ue» e concordano nel restare «perché le tasse per le imprese sono al 15%».

Dario Pellè, pugliese a un braccio di mare, si è trasferito da quasi un anno dopo aver intravisto, confessa a Lettera43.it, «potenzialità enormi nel turismo in Albania».

Ha preso il permesso di soggiorno e dal suo blog di riflessioni e promozione Brain and Heart, che fa un migliaio di clic al giorno, racconta la bellezza di paesaggi intatti e di cibo e gente genuina.

Vive basato a Tirana ma affitta stanze e appartamenti sulle coste, noleggia scooter per visitatori e propone tour.

UN AZIENDA CON 1 EURO. «Anche un'attività tutto sommato semplice come la mia sarebbe stata molto più difficile da mettere in piedi e da sostenere in Italia», ci spiega.

In Albania effettivamente si può aprire un business con 1 euro, come nello slogan del premier Rama, «ma è meglio spenderne qualche altro in più e affidarsi a un buon consulente per essere tranquilli», raccomanda.

L'operatore turistico è reduce da un giro in barca lungo le coste meridionali di Saranda e in pochi mesi i suoi collaboratori sono riusciti a piazzargli la pubblicità sull'equivalente del Corsera albanese. «Per adesso», chiosa, «sto meglio qui che in Salento».

Da un anno e otto mesi, anche il giornalista Alessandro Zorgniotti, originario di Cuneo, si è trasferito a Tirana senza rimpianti: «Sono un piccolo professionista iscritto all'Aire e, a livello individuale, la mia qualità di vita è ottima», racconta a Lettera43.it.

ALTA QUALITÀ DELLA VITA. «La sensazione psicologica, per un 40enne come me, è un po' quella di trovarmi nell'Italia che mi raccontavano i nonni, della drogheria sotto casa e della porta che non era necessario chiudere».

Ma senza generalizzare: «Il potenziale e le prospettive di sviluppo sono evidenti. In Italia», conclude, «si continua ad avere dell'Albania la stessa idea di 25 anni fa, ma non è così».

Twitter @BarbaraCiolli

Categoria Estero