La Vallonia è il paradigma d’Europa

Categoria: Estero

Le sorti del libero scambio e la sublimazione dei veti delle minoranze

Una protesta contro il Ceta davanti al Parlamento europeo di Bruxelles (foto LaPresse)

di Redazione | 21 Ottobre 2016 ore 17:58  Foglio

Quarantaquattro socialisti del parlamento della Vallonia bloccano il Ceta (Comprehensive economic and trade agreement), l’accordo di libero scambio tra Canada e Unione europea, sopravvissuto finora al più ambizioso trattato con gli Stati Uniti (Ttip).

Venerdì la ministra canadese del Commercio, Chrystia Freeland, ha annunciato la fine e il fallimento delle discussioni con la Vallonia sull’accordo commerciale Ue-Canada, dichiarandosi delusa per l’opportunità mancata. A Bruxelles il presidente della Commissione, Jean Claude Juncker, intanto si diceva convinto che “la situazione possa evolversi entro i prossimi giorni”. Certo è che i socialisti in maggioranza in Vallonia, la regione francofona del federalismo belga – le altre due sono le Fiandre di lingua olandese e il distretto bilingue di Bruxelles – tengono in scacco i 221 parlamentari federali, pur rappresentando circa 2,4 milioni, due terzi, degli abitanti valloni, pari a un quinto di tutti i belgi. Lo 0,45 per cento dei cittadini della Ue.

ARTICOLI CORRELATI  Sanzioni alla Russia, Migration Compact e libero commercio. L’Ue arriva divisa al vertice di giovedì

Dal 2010, per 540 giorni, bloccarono la formazione del governo nazionale dopo le elezioni vinte dal partito nazionalista fiammingo N-Va di Bart De Wever, finché il socialista Elio Di Rupo formò un governo di minoranze varie dal quale la sinistra della Vallonia si sentì garantita.

Il risultato fu poi l’elezione di un liberale, Charles Michel, pure lui vallone come Di Rupo e come Paul Magnette, il leader dei 44 ostruzionisti di oggi.

La Vallonia è l’area meno popolosa e più povera del Belgio, pesantemente sussidiata a spese dei contribuenti fiamminghi, di Bruxelles e dei fondi europei. Per questo teme il mercato e la globalizzazione. Ma gode del privilegio di avere, appunto, un parlamento parallelo (ricorda nulla?) a quello nazionale, con diritto di veto sui trattati internazionali. E’ la sublimazione del potere di blocco della minoranza rispetto alle volontà e agli interessi maggioritari, nazionali e non. In Italia abbiamo avuto le regioni anti-trivelle, una minoranza come si è visto al referendum. E ora c’è la minoranza Pd, che a sua volta guarda alle sotto-minoranze dei partigiani Anpi, della Cgil, degli accademici à la Zagbrebelsky. Che la iper-rappresentatività e la super-proporzionalità, paludate da politicamente corretto, non aiutino la democrazia ma possano degenerare in dittatura delle minoranze, è un fenomeno che andrebbe preso sul serio, e affrontato prima che sia tardi.