Improvvisamente gli elettori si sono messi a votare nello stesso modo in tutti i paesi

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L'esito del primo turno delle elezioni presidenziali francesi conferma che è in atto, nel mondo economicamente sviluppato, un trend omogeneo. È come successe nel '68

 di Pierluigi Magnaschi, 25.4.2017 da ItaliaOggi.it

L'esito del primo turno delle elezioni presidenziali francesi conferma che è in atto, nel mondo economicamente sviluppato, un trend omogeneo. È come successe nel '68. Allora, la miccia della ribellione o del drastico mutamento rispetto agli schemi precedenti venne innescata in California ma subito divampò in tutti i paesi europei, che poi restituirono zaffate sessantottarde arricchite di ideologia a degli Usa che, essendo più pragmatici (allora), erano rimasti fermi al rock e agli spinelli più un contorno di black power, visto che, intorno, c'era del casino.

Ovviamente chi, in Italia (e sono purtroppo in tanti), non ha percepito che nel mondo si è innescato un nuovo trend al quale anche noi siamo legati come dei cani al guinzaglio, ritiene ancora di poter guadagnare voti agitando la vicenda Minzolini o mettendosi a sbaciucchiare gli agnelli o sventolando un sol dell'avvenir che, oltre a non scaldare i cuori (come dovrebbe), non risplende neanche più da nessuna parte.

Gli ingredienti del trend sono:

1) il rifiuto dei partiti così come essi si sono presentati sinora e che oggi vengono percepiti dalla gente per quello che essi sono sempre stati e cioè come strutture parassitarie, autoreferenti, libere da ogni regola (e spesso persino dalla regole che essi si sono liberamente dati) incapaci, non solo di risolvere i problemi della gente, ma nemmeno di capirli.

2) La non accettazione, conseguente, delle vecchie banderillas (non a caso usate, come nelle corride, per disorientare e intontire i tori). Queste banderillas sono rappresentate dai confini destra/sinistra, visti come strumenti per impedire l'invasione dei campo da parte degli avversari o dei diversi. È sintomatico rilevare che i partiti che si dicono (si dicono!) favorevoli alla massima integrazione delle popolazioni straniere con quella nazionale diventano delle autentiche Erinni se vedono che un italiano appartenente all'altra congregazione politica si mischia a loro, minacciando di inquinarne la razza.

Ma oggi questi marchingegni cigolanti e arrugginiti, queste macchine asmatiche del vecchio spettacolo politico, non funzionano più. Da qui, ad esempio, in Francia, l'elezione di Macron verso la presidenza della repubblica. L'elezione di Macron, intendiamoci bene, è una elezione contro natura. Macron infatti è un giovane di soli 39 anni, che non ha speso nemmeno un giorno nelle ammuffite sezioni di partito. Sulla carta, aveva tutti gli ingredienti per perdere: non è un figlio del popolo nemmeno nella faccia. Esce inoltre dalla filiera dell'Ena che, da sempre, in Francia, è l'invidiata fucina dei privilegiati, di coloro cioè che non fanno anticamera nelle sale del potere. Subito dopo gli studi, Macron è stato accolto a braccia aperte dalla banca Rothschild che non ha certo molti affezionati nei bistrot, nemmeno in quelli parigini. Ha poi fatto la sua prima comparsa pubblica redigendo, a fianco di Jacques Attali (l'eminenza grigia del socialista François Mitterrand), il programma di rilancio economico della Francia a loro chiesto da Nicolas Sarkozy che invece era il presidente francese di centrodestra (prima invasione di campo da parte di Macron). Quindi (seconda invasione di campo, ma nel settore opposto) Macron è stato chiamato dal presidente socialista Hollande come suo consigliere economico e, subito dopo, nominato ministro dell'economia. Poi, usando lo «stai sereno François» di renziana memoria, Macron ha pugnalato Hollande e si è messo, per conto proprio, in corsa per l'Eliseo al suo posto.

La vittoria di Macron al primo turno delle presidenziali francesi è inoltre un segno della svolta che l'elettorato transalpino ha voluto imprimere a un quadro politico debilitato e ossificato. Il messaggio principale di questo successo è relativo all'Europa. I francesi, con questo voto (nel suo complesso), hanno infatti dichiarato (loro, che erano considerati eurofobici) hanno dichiarato, dicevo, che credono nell'Europa, almeno come male minore. Essi infatti sono convinti che fuori dell'Europa la loro situazione peggiorerebbe. Da qui la richiesta di un'Europa diversa, più integrata, più giusta, meno burocratica, in una parola più politica. Con questa Europa, è la loro tesi, andiamo nei pali. Ma, senza l'Europa, affondiamo come paesi irrilevanti nel mondo della macroaggregazioni planetarie.

E questa tendenza, cautamente filo europea, ha trovato conferma anche nelle recenti elezioni in Olanda dove infatti ha perso il partito anti-europeo che, alla vigilia del voto, veniva dato per vincente.

Così si sta afflosciando come una gomma bucata anche il partito antieuropeo e qualunquista AfD (Alternative für Deutschland, Alternativa per la Germania) che stava crescendo come i grillini in Italia, abilmente guidato da Frauke Petry che però adesso è stata costretta, dai suoi avversari nel partito, a ritirare la sua candidatura a cancelliera che era considerata inevitabile, visti i successi da lei conseguiti, prima del tracollo nelle intenzioni di voto dei tedeschi oltre che nelle ultime elezioni nei Laender tedeschi dove si è votato.

Ovviamente Macron, se ha vinto il primo turno, deve adesso vincere, fra due settimane, anche il ballottaggio, se vuole diventare presidente della repubblica. Ogni elezione è pericolosa ma credo che la possibilità che Macron ce la faccia anche al ballottaggio sia altissima. Infatti, da una parte, Le Pen ha fatto il pieno dei voti e adesso può contare solo sul rabbocco col 5% dei voti dell'estrema destra, mentre Macron può fare affidamento, al secondo turno, sui voti dei gollisti (Fillon li ha già assicurati pubblicamente), dei socialisti (già promessi da Hollande, nonostante tutto). Poi non è nemmeno escluso che una parte della sinistra di Mélenchon, che non vota certo per Le Pen, possa votare per Macron, proprio per fare argine alla, molto ipotetica, ma anche sempre possibile rimonta dell'estrema destra nazionalista.

 Pierluigi Magnaschi

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