USA TRUMP. L’ARRESTO DI MANAFORT? ‘SONO FATTI DI MOLTI ANNI FA, CHE C’ENTRO IO?’

Categoria: Estero

E IN EFFETTI AL MOMENTO NON C’È NESSUN LEGAME CON LA SUA CAMPAGNA

Maria Giovanna Maglie per Dagospia.com 30.10.2017

FORSE IL PROCURATORE MUELLER SPERA CHE MINACCIANDOLO CON DECENNI DI GALERA, MANAFORT E SOCIO TIRINO FUORI QUALCOSA CONTRO IL PRESIDENTE - LUI SI DICHIARA ‘NOT GUILTY’, E IL GIUDICE (FINANZIATRICE DEI CLINTON) FISSA UNA CAUZIONE DA 10 MILIONI DI DOLLARI

Twitta Trump piuttosto furioso: la cosa risale a molti anni fa, che c'entro io? In condizioni normali si direbbe che la svolta impressa oggi all'inchiesta cosiddetta RussiaGate dal Procuratore Robert Mueller per un lato rappresenta la classica montagna che partorisce il topolino, ma per l'altro lato, e soprattutto, ha preso una direzione che con l'idea originale di investigare su Paul Manafort, oggi consegnatosi all’ FBI, per il ruolo nella campagna di Trump in accordo con la Russia, non ha niente a che fare, ha preso un'altra direzione che con Donald Trump non c'entra niente.

La probabile accusa di cospirazione contro gli Stati Uniti fino al 2017 si riferisce solo a violazioni nel pagamento di tasse. Dall’evasione fiscale al riciclaggio, alla violazione delle regole che disciplinano la professione di lobbista, nessun reato è connesso all’attività politica. Ormai da tempo rassegnata ad ascoltare telegiornali e a leggere giornali che diranno il contrario, proseguo.

Una premessa. Un procuratore speciale a capo di una inchiesta come il Russia Gate può tranquillamente cambiare direzione dell'indagine. Anche se questo procuratore la direzione delle collusioni tra Hillary Clinton, Barack Obama e il suo governo con la Russia, attraverso l’affare di Uranium One, non la può prendere perché all'epoca dei fatti nel 2010 era proprio lui, Robert Mueller, il direttore dell'fbi, e come capo dell'agenzia comunicò al ministro della Giustizia, che guarda caso faceva parte della commissione che decise la vendita, assieme alla Clinton, i risultati di un'indagine scottante che dimostrava come il denaro dei russi usato per pagare la vendita di un quinto dell'uranio americano attraverso la filiale americana di Rosatom, provenisse da riciclaggio, estorsioni e malavita varia.

Gli fu detto di tacere e non riferire nulla al Congresso, obbedì. Già solo per questo, come più autorevolmente di me ha scritto un editoriale del Wall Street Journal, dovrebbe ricusarsi dall'incarico.

Veniamo a Manafort, che rischia grosso, condanna a decenni di galera oltre che multe milionarie. Si è dichiarato non colpevole.

Nel 2012 avrebbe fatto attività di lobby per un governo straniero, l’Ucraina, trasferito denaro e accettato pagamenti in maniera illegale, senza denunciare il tutto all'apposita agenzia di controllo dell'attività di lobbies all'estero, e senza pagare le tasse. Il suo associato Rick Gates è accusato degli stessi reati.

Paul Manafort è entrato nel gruppo ampio di consulenti della campagna Trump a fine marzo del 2016, a giugno è stato nominato capo della campagna, il 19 agosto è stato licenziato e sostituito con Kellyanne Conway, che ora è alla Casa Bianca col presidente. Ha sbagliato il team di Trump ad assumere sia pure per pochi mesi un personaggio discusso?

È possibile, ma Manafort aveva partecipato a campagne elettorali di vario genere e di alto livello già in precedenza, il suo studio comprende altri tre repubblicani di orientamento e due democratici, ha, tanto per dirne una, lavorato con Fusion GPS, quella società di lobby e consulenza di comunicazione legata ai democratici dalla quale è stato commissionato prima e poi distribuito il dossier fasullo che doveva denigrare Trump e che il comitato Nazionale democratico e la campagna Clinton hanno pagato a quanto pare addirittura 12 milioni di dollari, spese mai denunciate anzi negate fino all'ultimo momento.

Dice Alan Dershowitz, avvocato ed esperto delle questioni giuridiche che stanno intorno a un'inchiesta come quella del Russia Gate: il procuratore ha scelto un approccio minimalista, sperando che poi ci sia una catena di rivelazioni da Manafort e da Gates, magari per risparmiarsi un po’ di anni di galera. Il pentito che collabora non manca mai nessun posto del mondo.

Se così fosse, dopo mesi di indagine e la possibilità di accedere a qualunque documento, l’ha presa davvero alla lontana, si parla di violazioni commesse dal 2005 al 2011 e di una dichiarazione fiscale di Manafort del 2010/11. Senza averlo mai comunicato come da legge all'organo che sovraintende al lavoro dei lobbiisti per i governi stranieri, Manafort e il suo partner lavorarono per l’allora presidente dell'Ucraina Viktor Yanuckovich, poi defenestrato nel 2014 dalla rivolta di Maidan, e per gli oligarchi che dominavano l’economia del Paese, come Oleg Deripaska, dai quali Manafort avrebbe ricevuto un compenso in nero di 12,7 milioni di dollari.

C'è una coda che potrebbe riservare sorprese, ma che soprattutto alimenterà i pettegolezzi dei nemici di Trump: George Papadopolous, ex collaboratore volontario della campagna di Trump, si è dichiarato colpevole per aver reso false dichiarazioni all’Fbi nell’ambito delle indagini “sui tempi, l’estensione e la natura dei suoi rapporti e della sua interazione con certi stranieri che aveva capito avere strette connessioni con alti dirigenti del governo”.

Manafort e partner pagheranno una salatissima cauzione da 10 milioni di dollari e poi comincia un processo che durerà sei mesi, già si dice che il giudice è una signora sfacciatamente Democratica che dal 92 da’ soldini a Bill Clinton e adora i Clinton, ci sarà da aspettarsi avvocati strepitosi, l'affare grosso e riserva sorprese. Ne volete sapere una?

L'intera incriminazione di Paul Manafort potrebbe saltare per un importante cavillo giuridico che si chiama “fruit of the poison tree doctrine”, dottrina del frutto avvelenato, che sta nel quarto emendamento come stabilito dalla Corte suprema e riguarda prove ottenute con sistemi e perquisizioni illegali.

Se l'Fbi hai usato per investigare su Manafort anche solo in parte il dossier famoso finto di Fusion Gps – che all'inizio fu commissionato da repubblicani contro Trump, poi finì nelle mani dei democratici e della Clinton che lo pagarono profumatamente, giro’ di mano in mano perché era talmente fasullo che nessuno lo voleva usare, l'Fbi lo aveva, il giorno prima della inaugurazione della nuova presidenza incauti quotidiani lo pubblicarono – ecco che l'intera indagine viene invalidata in obbligo alla Costituzione da qualsiasi giudice. Vedete come il grande casino si tiene, come ha ragione Donald Trump a dire che sarebbe il caso di investigare sulla corrotta Hillary e i suoi amichetti? A volerlo fare.