1-Storia di Gerusalemme (capitale) in pillole

Categoria: Estero

2- Trump vuole spostare l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme

Giorgio Dell’Atri 6.12.2017 da www.cinquantamila.it  

 1947 – IL PIANO DI PARTIZIONE

 Il piano di partizione della Palestina, approvato dalle Nazioni Unite nel 1947, prevedeva di dividere il territorio – all’epoca sotto mandato britannico – tra tre entità: uno Stato ebraico, uno Stato arabo e Gerusalemme sotto il controllo internazionale. Questo piano venne accettato dai dirigenti sionisti ma respinto dai leader arabi.

1948 – LO STATO DI ISRAELE

Dopo la fine del mandato britannico, con la prima guerra israelo-araba, nel 1948 venne creato lo Stato di Israele, che fece di Gerusalemme la sua capitale nel 1949, ma la parte orientale della città restò sotto il controllo della Giordania. Dopo la conquista e l’annessione della parte Est della città in seguito alla guerra israelo-araba del 1967, Israele dichiarò Gerusalemme «riunificata» e sua «capitale».

1980 – LA LEGGE FONDAMENTALE

Una legge israeliana di rilievo costituzionale adottata nel 1980 – la «Legge Fondamentale» – confermò lo status di Gerusalemme come capitale «eterna e indivisibile» di Israele. L’atto venne interpretato come una forma di annessione “de jure” di Gerusalemme Est, e quindi il Consiglio di Sicurezza dell’Onu deplorò immediatamente la decisione, che non è mai stata riconosciuta dalla Comunità internazionale, che considera Gerusalemme Est come «occupata».

LE AMBASCIATE A TEL AVIV

Prima della decisione del 1980 e delle relative risoluzioni di condanna dell’Onu, 13 Paesi avevano la loro ambasciata a Gerusalemme: la Bolivia, il Cile, la Colombia, Costa Rica, la Repubblica dominicana, l’Ecuador, El Salvador, il Guatemala, Haiti, i Paesi bassi, Panama, Uruguay e Venezuela. Poi anche questi Paesi, come tutti gli altri, hanno trasferito le loro sedi di rappresentanza a Tel Aviv. Costa Rica ed El Salvador hanno di nuovo installato la loro ambasciata a Gerusalemme dal 1984 al 2006.

OGNI SEI MESI LO STOP DEGLI USA

Nel 1995 il Congresso Usa approvò una legge – il «Jerusalem Embassy Act» – secondo cui Gerusalemme, «città indivisa», avrebbe dovuto essere riconosciuta come «capitale dello Stato di Israele», e quindi l’ambasciata americana trasferita da Tel Aviv a Gerusalemme. Il trasloco sarebbe dovuto avvenire entro il 31 maggio 1999. Da allora, però, è stato sistematicamente rinviato con un preciso intervento, due volte l’anno, del presidente americano in carica: il «Presidential Waiver».

2- Trump vuole spostare l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme

 

Telefonando ad Abu Mazen e dicendogli che l’ambasciata degli Stati Uniti in Israele sarà trasferita da Tel Aviv a Gerusalemme, gli Stati Uniti hanno implicitamente ammesso che la capitale d’Israele è Gerusalemme. La cosa è generalemte giudicata pericolosa e i palestinesi, spinti da Hamas, hanno proclamato tre giorni della collera a partire da oggi.  

• È molto tempo che non parliamo di Abu Mazen. Chi è Abu Mazen?

La aospensione temporanea dei massacri del Califfo (non mi illudo) ha reso di nuovo possibili occuparsi del conflitto arabo-israeliana. L’antica Palestina è divisa in tre pezzi. Un pezzo è occupato da Israele, gli altri due pezzi non confinanti tra loro, dai palestinesi. Il primo di questi due pezzi palestinesi è la Striscia di Gaza, dove governano i terroristi di Hamas, giunti al potere dopo una regolare elezione. Il secondo di questi due pezzi palestinesi è la Cisgiordania (il territorio al di qua del fiume Giordano) dove governano il moderati di Al Fatah, il cui capo è Abu Mazen, presidente di questa regione. Ecco chi è Abu Mazen.   

• E Gerusalemme?

La mossa di Trump, dagli sbocchi imprevedibili, ha qualche precedente importante. Il più importante è il Jerusalem Embassy Act, votato dal congresso degli Stati Uniti nel 1995, quando alla Casa Bianca c’era Clinton. Questa legge obbliga (e sottolineo: obbliga, essendo presidente il democratico Clinton) il governo americano a trasferire la sede dell’ambasciata americana in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme. L’atto per come è formulato sarebbe vincolante, ma all’interno della stessa legge si ammette che il presidente degli Stati Uniti possa derogare da questo impegno preso dal congresso firmando ogni sei mesi un rinvio dell’attuazione della legge giustificato da ragioni di superiori «interessi di sicurezza». Tutti i presidenti senza eccezioni da allora a oggi hanno firmato il rinvio, e il caso non è esploso.  

• Perché Trump no?

Lo ha firmato anche Trump lo scorso giugno. E dovrebbe firmarlo di nuovo alla fine dell’anno. Ma è accaduto che già durante il transition period

 il neoinquilino della Casa Bianca abbia nominato nuovo ambasciatore Usa in Israele l’avvocato David Friedman, 72 anni, un ebreo amareicano falco sulla questione palestinese. Friedman, contrariamente alla quasi generalità dei pensanti correttamente, è contrario alla soluzione dei due stati e sostiene che la Palestina deve essere assegnata agli israeliani che governerebbero quindi su ebrei, cristiani e musulmani palestinesi. Friedman è ancora più convinto che la prima mossa per imboccare questa strada sia quella di trasferire la capitale da Tel Aviv a Gerusalemmte. I significati del gesto di Trump sono perciò notevolissimi e annunciano in pratica la volontà di risolvere il problema obbligando i palestinesi a sottomettersi a Israele.  

• Reazioni palestinesi?

Il moderato Abu Mazen, come del resto i leader di tutto il mondo (compreso il nostro Angelino Alfano che ieri ha ribadito la linea italiana favorevole ai due stati), ha detto che si tratta di una mossa pericolosa. Abu Mazen, ricevuta la telefonata di Trump, ha anche telefonato a papa Francesco, suppongo per chiedergli di intercedere sul presidente americano. e ha parlato con Putin, il quale non s’è sbilanciato troppo e ha fatto sapere che «Mosca appoggia la ripresa dei colloqui tra Israele e le autorità palestinesi». Gli altri palestinesi, cioè quelli di Hamas, hanno rilasciato dichiarazioni assai bellicose. Ismail Haniyeh, capo dell’organizzazione: «Saranno oltrepassate tutte le linee rosse». Giovedì a Gaza Hamas porterà in piazza decine di migliaia di sostenitori, nel 30esimo anniversario della sua fondazione, mentre lo stesso giorno a Ramallah tutte le fazioni politiche palestinesi marceranno unite per condannare la politica di Trump. Il giorno più delicato potrebbe essere venerdì quando, su iniziativa di Hamas, avrà luogo un’ulteriore giornata di collera, che dovrebbe iniziare al termine delle preghiere islamiche nella Spianata delle Moschee di Gerusalemme. Tutte le forze di sicurezza israeliane sono naturalemte allertate. Trump ha ordinato ai suoi diplomatici di non andare nella zona orientale della città.  

• Gerusalemme, in effetti, di chi è?

Gerusalemme è divisa in due da una «linea verde», o Green Line. Nel 1949, alla fine della prima guerra vinta dagli israeliani, si assegnò la parte occidentale della città a Israele, e la parte orientale alla Giordania. Sconfitti gli arabi alla fine della guerra dei Sei giorni (1967), Gerusalemme Est venne occupata militarmente dagli israeliani, in contrasto con l’opinione di quasi tutto il resto del mondo, che considera ancora oggi Gerusalemme Est palestinese, e illegittima l’occupazione militare. Un elemento di complicazione è che i grandi monumenti delle religioni monoteiste (cristianesimo, ebraismo, islam) stanno a Gerusalemme Est. Voglio dire: la Basilica del Santo Sepolcro, il Muro del Pianto, la Spianata delle Moschee. Da qui sarebbe asceso al cielo Maometto, qui c’è il Muro del Pianto dove pregano gli ebrei e la via Dolorosa è quella percorsa da Gesù mentre lo portavano al martirio della Croce. La follia umana ha reso queste coincidenze un pretesto per gli odi reciproci e un infinito spargimento di sangue.