Cambridge Analytica, lo scandalo sul furto di 50 milioni di profili Facebook: i sospetti sulle elezioni

Categoria: Estero

"Nel 2012", si legge, "CA ha realizzato un progetto per un partito italiano che stava rinascendo e che aveva avuto successo per l’ultima volta negli anni ’80".

18 Marzo 2018www liberoquotidiano.it

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C’è un partito italiano che ha lavorato con Cambridge Analytica. Qual è? Come riporta l'Agi, quella che fino a qualche giorno fa poteva essere solo una curiosità, diventa una domanda fondamentale dopo l’inchiesta condotta dal New York Times e dal Guardian che ha svelato come Cambridge Analytica abbia ottenuto in maniera scorretta i profili Facebook di circa 50 milioni di elettori americani per utilizzarli a fini elettorali. Cambridge Analytica è la società che ha lavorato per Donald Trump nella corsa alla Casa Bianca. Fondata nel 2013, Cambridge Analytica è stata creata con l’obiettivo di supportare le campagne elettorali utilizzando una profilazione molto precisa degli elettori a partire dai loro dati Facebook. Ma c’è un dettaglio importante: nelle sfide elettorali gioca sempre dalla stessa parte del campo, quella dei populisti.

Oltre alla campagna di Trump, è stata coinvolta nel referendum britannico sulla Brexit e nella corsa all’Eliseo di Marine Le Pen. Sul sito web, dove si citano oltre cento campagne elettorali in cinque continenti in 25 anni, a dispetto del fatto che è stata fondata appena 5 anni fa, tra le pratiche di successo è in evidenza l’Italia.

"Nel 2012", si legge, "CA ha realizzato un progetto per un partito italiano che stava rinascendo e che aveva avuto successo per l’ultima volta negli anni ’80". Usando - prosegue la nota - l’Analisi della Audience Target, CA ha rimesso gli attuali e i passati membri del partito assieme con i potenziali simpatizzanti per sviluppare una riorganizzazione della strategia che soddisfaceva i bisogni di entrambi i gruppi. La struttura organizzativa moderna e flessibile che è risultata dal lavoro di CA ha suggerito riforme che hanno consentito al partito di ottenere risultati molto superiori alle aspettative in un momento di grande turbolenza politica in Italia". DI chi stiamo parlando? Per capirlo, occorre fare un passo indietro e ricostruire l’intera storia

La storia inizia a Londra nel 1990 quando Nigel Oakes, che in precedenza era stato un produttore di TeleMontecarlo e poi un dirigente della compagnia di comunicazione pubblicitaria Saatchi & Saatchi, fonda l’Istituto per Dinamiche Comportamentali. L’obiettivo era studiare il funzionamento dei comportamenti di massa e come manipolarli. Nel 1993 Oakes fonda la SLC, i Laboratori di Comunicazione Strategica che si specializzano come cliente della Difesa britannica e che dal 1994 sostengono di aver seguito 25 campagne elettorali in diversi paesi del mondo (soprattutto paesi in via di sviluppo) con l’obiettivo di condizionare l’opinione pubblica usando i social media e strumenti di persuasione del mondo pubblicitario.

Qui cresce e si forma uno dei personaggi chiave della storia: Alexander Nix. Lo ritroviamo alla fine del 2013 al Palace Hotel di Manhattan a New York che brinda con il suo team. Ha appena convinto due importanti uomini di affari americani a usare le tecniche di SLC per condizionare le elezioni americane: e fondare Cambridge Analytica. I due americani sono Steve Bannon e Bob Mercer. Il primo è molto più noto, essendo stato il responsabile della corsa alla Casa Bianca di Donald Trump. Il secondo è più importante.

Bob Mercer non è soltanto un miliardario. È un matematico. Lavorava alla IBM, al progetto di intelligenza artificiale Watson. Ha lasciato per entrare nel fondo Renaissance Technologies. Anche qui: non un hedge fund qualunque. È considerata una delle più formidabili macchine per fare soldi del mondo. Usano i dati e l’intelligenza artificiale per decidere gli investimenti e nel tempo garantiscono un rendimento che secondo alcuni arriva al 40 per cento. È così che Mercer è diventato miliardario. Con la matematica e la finanza. Ma la sua passione è la politica. È un repubblicano convinto e sogna di poter usare i dati per condizionare la politica. Si fa convincere a finanziare la nascita di Cambridge Analytica. Un milione e mezzo di dollari per il progetto test: le elezioni di governatore della Virginia. Il candidato repubblicano perde, ma Mercer e Bannon - che nel frattempo prende la guida di CA - decidono di insistere. Sta per partire la corsa alla Casa Bianca e Nix ha un problema: per funzionare i modelli di CA hanno bisogno di dati, di milioni di profili di utenti Facebook. E qui entra in scena un altro protagonista. Aleksandr Kogan.

 

Aleksandr Kogan è un giovane matematico russo-americano che fa il ricercatore a Cambridge. Esperto in big data, analisi dei comportamenti sociali e neuroscienze, ha un curriculum accademico impeccabile: laurea a Berkeley, master a Hong Kong, decine di pubblicazioni. È sua l’idea per risolvere il problema di CA: se servono milioni di profili di utenti Facebook, lui sa come fare. Crea una società ad hoc, Global Science Research, e inizialmente prova attraverso Amazon. Va sulla Mechanical Turk, dove per alcuni lavoretti digitali gli utenti vengono retribuiti con pochi centesimi, e offre un dollaro per chi compila un questionario online con i propri dati personali. Per un pò funziona ma Amazon se ne accorge e lo blocca.

 

A quel punto prova con Facebook: crea un app che sembra un gioco, tu rispondi alle domande e ottieni un tuo identikit digitale, ma nel frattempo Kogan accumula dati, ufficialmente per fini scientifici, è un ricercatore di una delle più prestigiose università del mondo in fondo; e li passa a Cambridge Analytica. Quei dati sono un tesoro: dicono tutto su 50 milioni di elettori. Gusti, paure, speranze. Consentono di mandare messaggi mirati. A quel punto Mercer decide di investire 15 milioni di dollari in una partnership con SLC in vista della corsa alla Casa Bianca. E inizia a giocare

Robert Mercer è un personaggio curioso. È di una riservatezza proverbiale. Quasi maniacale. Vive praticamente recluso a Long Island, non lontano dal blindatissimo quartiere generale dell’hedge fund di cui è stato leader indiscusso fino a qualche mese fa. A dispetto del fatto di essere uno dei "re" di Wall Street, ci sono pochissime sue foto in giro (in compenso il suo yacht "The Sea Owl" è fotografatissimo). In uno dei suoi rari interventi pubblici ha detto: "Amo la solitudine dei laboratori di computer di notte. L’odore dell’aria condizionata negli uffici vuoti. Il rumore che fanno i dischi nei computer e il clac delle stampanti".

Questa immagine da eremita informatico va combinata con due altri elementi: uno noto, è il fondatore di Cambridge Analytica appunto; l’altro nuovo, sua figlia Rebekah Mercer è alla testa del più importante comitato elettorale dei repubblicani. E i Mercer sono i principali donatori di fondi per la corsa alla Casa Bianca, naturalmente contro i democratici. Inizialmente i Mercer e Cambridge Analytica si schierano con Ted Cruz, che sembrava il favorito. Ma subito dopo i primi test elettorali, cambiano cliente - in circostanze non chiare - e puntano sull’outsider Donald Trump. In campagna elettorale così si verifica un singolare processo: Mercer finanzia la campagna di Trump; a capo della campagna c’è Steve Bannon; Trump assolda Cambridge Analytica (di Mercer) che viene pagato molti milioni di euro per i suoi servizi; gli assegni vengono recapitati ad un indirizzo di Beverly Hills dello stesso Bannon - che era stato uno dei primi capi di CA oltre che azionista della società fino a qualche mese fa.

La corsa per la Casa Bianca come è noto viene segnata da voci su presunte interferenze russe (sulla quali è in corso una indagine federale). Non si tratta solo delle cosiddette fake news. In molti casi si tratterebbe di centinaia bot, profili finti gestiti attraverso un algoritmo e diretti dalla misteriosa Internet Research Agency di San Pietroburgo. In diversi casi si registrano attacchi hacker ai database dei partito democratico. Vengono rubati moltissimi dati, l’ipotesi è che possa esserci materiale compromettente sulla candidata democratica Hillary Clinton e la sua gestione scorretta delle email quando era al Dipartimento di Stato.

Il "malloppo" viene passato dagli hacker (tuttora ignoti) a WikiLeaks, l’organizzazione di Julian Assange. E qui torna in campo Cambridge Analytica: si scoprirà mesi dopo che l’amministratore delegato Alexander Nix era andato direttamente da Assange a chiedere di avere quei dati. Ma Assange sostiene di avergli risposto di no

Intanto nel Regno Unito si svolge una battaglia decisiva: il referendum che doveva decidere se restare o no nell’Unione Europea. Come è noto il 23 giugno 2016 vincerà la scelta della Brexit. Un successo anche per Steve Bannon che dal 2012 è un amico e sodale di Nigel Farage, il leader del partito Ukip che ha guidato il movimento per la Brexit (nel 2014 Bannon aprirà a Londra la sede britannica del suo sito Breitbart dicendo al New York Times che quello era "l’ultimo fronte della guerra politica e culturale in corso"). Vince la Brexit insomma e solo qualche mese dopo il quotidiano The Guardian scopre che dietro la campagna ufficiale per il "Vote Leave" c’è una oscura società di analisi di dati web, basata a Victoria, nella Columbia Britannica. In Canada. Ha un piccolo ufficio sopra un negozio, si chiama Aggregate IQ ed è stata la destinataria della metà del budget totale di "Vote Leave": quattro milioni e mezzo di euro. Ma anche altri tre gruppi di sostenitori della Brexit si sono rivolti ad Aggregate IQ.

Come è possibile che una società così piccola e marginale abbia giocato un ruolo così importante nel referendum britannico? L’inchiesta del Guardian è durata mesi e alla fine è stata ottenuta questa spiegazione ufficiale: "Li abbiamo trovati su Internet, li abbiamo sentiti al telefono e li abbiamo scelti perchè erano i più bravi". Solo che il Guardian ha verificato questa affermazione su Google, e al tempo della campagna referendaria non c’era nessuna referenza su Aggregate IQ, nessun articolo, nessun link. Era introvabile. Poi improvvisamente una traccia è emersa: durante le primarie americane Aggregate IQ ha ceduto l’uso di alcuni suoi brevetti: solo che non appartenevano alla società canadese. Appartenevano a Robert Mercer.