Come funziona e quanto costa la macchina Unesco

Categoria: Estero

L'Italia contribuisce con 12 mln l'anno. Più finanziamenti extra e i costi per la preparazione dei dossier. Ma metà dei fondi raccolti andrebbe in spese del personale. Il punto.

CARLO TERZANO, 27.1.2019 www.lettera43.it

La nomina di Lino Banfi alla commissione italiana per l'Unesco ha dato origine a numerose polemiche, soprattutto online. In realtà, benché tutti conoscano l'organizzazione per il suo ruolo nell'individuazione di siti culturali da proteggere, pochi sanno esattamente cosa sia, cosa faccia e quanto ci costi.

UNA ALLEANZA CULTURALE PER PRESERVARE LA PACE

Nato a ridosso della Seconda guerra mondiale il 4 novembre 1946 (l'anno prima, il 24 ottobre 1945, erano state fondate le Nazioni Unite), nella convinzione che, per assicurare un periodo di pace duraturo non sarebbero bastati gli accordi di natura politica ed economica ma servisse anche un'alleanza culturale, l'Unesco continua l'opera dell'Istituto internazionale per la cooperazione internazionale della Società delle Nazioni istituita a seguito della Grande guerra. Nel preambolo che lo istituisce si dichiara: «I governi degli Stati membri della presente Convenzione, in nome dei loro popoli, dichiarano: che, poiché le guerre nascono nella mente degli uomini, è nello spirito degli uomini che devono essere poste le difese della pace».

IL QUARTIER GENERALE DI PARIGI

Il quartiere generale invece si trova a Parigi, dove l'organizzazione è stata fondata, in Place de Fontenoy, a pochi passi dalla torre Eiffel. La sede, denominata "stella a tre punte" per via della sua caratteristica forma a Y, è stata progettata da tre architetti, tra cui l’italiano Pier Luigi Nervi. Un secondo edificio, soprannominato "la fisarmonica", ospita la sala ovale con il soffitto in rame dove si tengono le riunioni plenarie della Conferenza generale. Il complesso conta altri due edifici e tutti ospitano molte opere d’arte visitabili dal pubblico. Oltre 700 dipendenti lavorano in 65 dipartimenti distaccati nel mondo.

COME FUNZIONA L'UNESCO

L'Unesco si compone di tre grandi organi. La Conferenza generale, che riunisce tutti i 195 Stati membri, è l'organo sovrano. I governi nominano cinque rappresentanti al massimo, scelti dopo aver consultato i «rispettivi comitati nazionali, laddove esistono, o le istituzioni e i corpi insegnanti, scientifici e culturali». Ha competenza sui programmi e sui relativi budget che vengono votati con la regola "uno Stato, un voto". Il Consiglio esecutivo, eletto dalla Conferenza, è composto dai rappresentanti degli Stati membri e si riunisce due volte l'anno. Si tratta, come scritto nel sito dell'Unesco, di una sorta di consiglio d'amministrazione con il compito di verificare l'esecuzione delle decisioni della Conferenza generale. Infine c'è il Segretariato guidato dal direttore generale - attualmente la francese Audrey Azoulay - eletto ogni quattro anni. Questo organo ha il compito di mettere in pratica gli impegni assunti dagli Stati membri. Seguono poi le singole commissioni nazionali istituite con la Convenzione di Londra del 16 novembre 1945.

LA COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE ITALIANA

In Italia la Commissione nazionale, istituita nel 1950, si occupa di favorire la promozione, il collegamento, l'informazione, la consultazione e l'esecuzione dei programmi dell'Unesco. L'attuale presidente è Franco Bernabè. I suoi componenti sono di nomina governativa, ministeriale e parlamentare. Tra i rappresentanti espressi dal ministero dello Sviluppo economico guidato da Luigi Di Maio c'è Lino Banfi che ha sostituito il documentarista Folco Quilici, scomparso il 24 febbraio 2018. Tra gli altri rappresentanti figura anche il regista Pupi Avati (qui i membri della commissione). La Commissione a sua volta è strutturata in una Assemblea che fissa le strategie generali tenendo conto degli interessi della politica nazionale del Paese e in un Consiglio direttivo, l'organo di governo che «attua gli orientamenti strategici della Commissione».

IL CONTRIBUTO DEL NOSTRO PAESE

Appare ovvio che, una struttura tanto ramificata, abbia un costo considerevole. Come si può evincere da questo documento aggiornato al 5 dicembre 2018, il contributo annuale dell’Italia all'Unesco è pari a 12 milioni di dollari. Per la precisione, per il 2018 l'apporto è stato di 12.237.220 dollari. L'importo è calcolato sulla base del coefficiente stabilito alle Nazioni unite in base a reddito e popolazione ed è pari al 3,7% del bilancio complessivo dell'Organizzazione. Grazie all'assegno da 12 milioni che annualmente stacchiamo all'Unesco siamo l'ottavo contributore. Tuttavia, le spese non finiscono qui, perché risultiamo il primo finanziatore per contributi volontari extra-bilancio (30 milioni di dollari all’anno). L'Unesco, insomma, è un club costoso. Per questo gli Stati tentano di avere indietro la maggior parte dei fondi (magari anche più di quanto versato) candidando quanti più siti di «eminente valore universale». Ma anche la preparazione del dossier per perorare la causa ha un costo non indifferente: il settimanale Venerdì di Repubblica aveva stimato dai 300 mila ai 2 milioni di euro.

Prosecco 1

Unesco, l'Italia candida il paesaggio del Prosecco

LA METÀ DEI FONDI SPESI IN PERSONALE

Per questo c'è chi decide di andarsene: gli Stati Uniti, nel 2017, sfruttarono il pretesto dell'iscrizione di Hebron nel Patrimonio mondiale e il conseguente riconoscimento della Palestina da parte dell'Unesco per sbattere la porta (saranno fuori nel 2019). Dopo la sospensione del finanziamento da parte degli Usa, l’Italia è diventata, dopo il Giappone, il secondo contributore complessivo (somma che si ricava sommando il contributo ordinario e l'extrabudget). Ne ricaviamo qualcosa? Non sembrerebbe: nel 2016 un'inchiesta de Il Giornale aveva rivelato che il fondo per la salvaguardia dei luoghi fosse meno del 5% del budget complessivo dell'organizzazione: «Circa 30 milioni di dollari contro gli 802 del mastodontico conto economico dell'agenzia dell'Onu», che all'epoca spendeva quasi la metà dei soldi, ovvero circa 400 milioni, in personale. «Quanto all'Italia», si legge, «non percepisce fondi dalla speciale riserva che si occupa del patrimonio planetario. L'ultimo versamento al nostro Paese nel capitolo International assistance risale al 1994: 20 mila dollari per un corso di formazione». Se i soldi non arrivano dalla Stella a tre punte, arrivano da Roma: la Legge 77/2006 impone infatti il finanziamento di una selezione annuale tra i siti marchiati Unesco. Secondo quanto comunica il ministero dei Beni culturali, dal 2006 al 2017 sono stati finanziati 316 progetti, per un totale di 25.434.706,24 euro. Oltre 4 milioni di euro sono stati utilizzati dai siti per elaborare e aggiornare i Piani di gestione.

UN BOLLINO GARANZIA DI PUBBLICITÀ E PRESTIGIO

Nei 73 anni dalla sua istituzione, l'organizzazione ha riconosciuto 1.092 siti meritevoli di tutela, localizzati in 167 Paesi. L'Italia, dall'alto dei suoi 54 siti patrimonio dell'umanità, è al primo posto per beni tutelati. Il primo a essere riconosciuto è stato il sito preistorico della Valle Camonica (1979), l'ultimo la città industriale di Ivrea (2018). In molti pronosticano il sorpasso cinese, dato che il colosso asiatico ci tallona. Del resto, dal 2010 in poi le potenze emergenti sono diventate sempre più influenti e ghiotte di finanziamenti. Il riconoscimento non è solo un “bollino” da esporre ma anche garanzia di pubblicità e prestigio internazionale. Spesso, si anticipava, anche di finanziamenti per il mantenimento dei beni e la crescita del territorio, al fine di rendere le comunità dove sorgono i siti più ricettive al turismo. Per quanto riguarda i siti italiani, si ricordano brevemente il centro storico di Firenze, il Cenacolo di Leonardo da Vinci in Santa Maria delle Grazie a Milano, Porto Venere, le Cinque Terre e le Isole di Tino, Tinetto, Palmaria, le Strade Nuove e il Sistema dei Palazzi dei Rolli di Genova, le Dolomiti e l'Etna. Molti sono stati oggetto della fortunata trasmissione Rai Meraviglie curata e condotta da Alberto Angela, che ha contribuito a pubblicizzarli in tutto il mondo.

LA BATTAGLIA CONTRO IL CLIMATE CHANGE

Per estensione, oggi l'Unesco lavora anche per prevenire i cambiamenti climatici. Del resto, secondo una recente ricerca pubblicata su Nature Communications, sono una cinquantina i siti tutelati che potrebbero sparire entro questo secolo, sommersi dalle acque o messi a rischio dalla fragilità del territorio. La maggior parte si trova in Italia, che avrebbe dunque bisogno di politiche – e fondi – per tutelarli seriamente. Forse l'impegno di Lino Banfi, già apprezzato per il suo ruolo di testimonial dell'Unicef, potrebbe contribuire a cambiare la situazione.

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