Schiave di Dio per ripagare i debiti

Categoria: Estero

Benvenuti nel campo giochi clandestino delle Trokosi, dove non ci sono giochi da fare e le ragazze che sono state abbandonate qui sono preda di fantasie suicide.

J.S. VON DACRE 13 MAGGIO 2019www./it.insideover.com da Il Giornale.it/

Benvenuti nel campo giochi clandestino delle Trokosi, dove non ci sono giochi da fare e le ragazze che sono state abbandonate qui sono preda di fantasie suicide.

Per secoli, bambine di appena 2 anni sono state offerte ai santuari di tutto il Ghana come schiave dei sacerdoti che vi risiedono. Le ragazze restano lì in qualità di rimborso per i crimini commessi dai loro parenti (alcuni dei quali morti già da generazioni, prima che le ragazze nascessero).

Julie Dorbadzi aveva sei anni quando è stata donata a titolo di risarcimento del furto di 200 cedi (circa 0,120 euro) commesso da un suo bisnonno. Mewornovi Kokou, dieci anni, è stata ceduta a causa di un crimine commesso da un suo antenato così tanto tempo fa che nessuno ricorda quale fosse il crimine, o chi lo avesse commesso. Grace Duga Cabanu vi è stata mandata come offerta agli dei per migliorare i raccolti della famiglia per via di un accordo con i suoi antenati che esisteva fin dai primi anni del 1800. Abla Kotor è stata usata per espiare gli abusi del padre sulla nipote.

La maggior parte delle ragazze è destinata a passare il resto della vita in schiavitù, svolgendo qualsiasi ruolo gli anziani ritengano opportuno, lavorando duramente nelle fattorie, come domestiche e come schiave del sesso per i sacerdoti. Sono degradate ad essere poco più che un bene di proprietà.

Neppure la morte rappresenta in sé una via di scampo. Quando una ragazza muore, a volte, i suoi parenti hanno l'”onere” di sostituirla con un’altra giovane vergine. Questa pratica può diventare una specie di nastro trasportatore di ragazze che la famiglia continuerà a fornire.

L’antica usanza proviene dalle comunità Ewe di Togo, Benin e Ghana. La parola deriva dalle parole “Ewe tro”, che significano “Dio”, e “kosi”, che significa schiava, e pertanto il termine si traduce in “schiava di Dio“. Questa usanza è particolarmente diffusa nella Regione dell’Alto Volta del Ghana che confina con il Togo, e alcune tribù del Togo e del Benin praticano usanze simili.

Danny Morris, direttore nazionale di International Needs UK, ha illustrato le problematiche derivanti, per le vittime, da questa pratica antiquata.

“Una delle ripercussioni è, in quanto adolescente o bambina, la sensazione di impotenza. Il trauma della separazione dalla famiglia, per poi crescere in questa situazione, determina su una ragazzina un reale senso impotenza. Queste ragazze restano lì per tutta la vita e sono lì per dare figli ai sacerdoti. C’è anche un senso di fatalismo a cui sono rassegnate, che ha una presa mentale e morale perché le ragazze credono di salvare la loro famiglia e, se cercano di allontanarsi, la metteranno in pericolo. Quelle che riescono a liberarsi nella maggior parte dei casi scopriranno di essere ostracizzate dalla loro famiglia, dalla società e dai villaggi”.

Nel 1998, l’organizzazione International Needs Ghana è stata determinante in una campagna che ha visto il rilascio di circa 2.800 ragazze Trokosi e che alla fine ha portato a dichiarare fuorilegge il sistema per il quale l’organizzazione era direttamente responsabile. Eppure, nonostante sia stata bandita, la Trokosi continua a prosperare in alcune parti del Paese.

“Renderla illegale ha avuto come conseguenza che è stata gestita clandestinamente”, ha spiegato Morris. “Uno dei problemi è stato che ad alcuni la messa al bando della pratica è apparsa come un’imposizione di valori occidentali su una cultura tradizionale, ma crediamo che sia un problema morale: come si può vivere in pace con se stessi se si permette alla società di schiavizzare donne e ragazze? È radicato in una credenza culturale che richiede un cambiamento fin dalle fondamenta, e nelle zone rurali del Ghana le credenze tradizionali hanno molto potere, specialmente quando sono legate all’estrema povertà. C’era una ragazza che è stata ceduta al santuario perché la sua famiglia credeva di essere maledetta, dato che i suoi componenti soffrivano di alcune malattie”. Lo stesso Morris ha poi proseguito: “La cosa interessante è che abbiamo salvato le donne, ma siccome le loro famiglie credevano ancora nella pratica, non hanno voluto essere riunite alle loro figlie. Ci sono centinaia di donne che sono state liberate e vivono una vita normale, ma purtroppo sono ancora estraniate dalle loro famiglie. Quindi, affinché (la Trokosi) possa essere veramente sradicata, si richiede una vera trasformazione nel modo di pensare, ma continueremo a sostenere lo sradicamento di questa usanza e di questa pratica”.

Tenuta lontana da sguardi indiscreti, questa tradizione rimane tuttora sottostimata anche nello stesso Ghana. Molti ghanesi che vivono nelle città e lontano dalle zone rurali sono ignari di questa tradizione e poi rimane anche un certo settore della società che ne è a conoscenza ma sceglie di ignorarlo. Così, lontano dalle città affaccendate, nelle lontane e polverose regioni l’istituzione retrograda, che è la Trokosi, continua a prosperare.

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Scritto da J.S. VON DACRE jsvondacre.com