L’intelligenza artificiale aveva anticipato l’epidemia

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Il mondo ha conosciuto l’epidemia di coronavirus il 9 gennaio scorso, quando l’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms) rendeva noto l’avvio di un’epidemia a Wuhan

Matteo Acciaccarelli 7.3. 2020 ilgiornale,it –lettura3’

Inside the news, Over the world. Il mondo ha conosciuto l’epidemia di coronavirus il 9 gennaio scorso, quando l’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms) rendeva noto l’avvio di un’epidemia a Wuhan e nella regione dell’Hubei. Ma in realtà, che qualcosa di diverso dall’ordinario stesse accadendo nella città cinese era stato scoperto qualche giorno prima da un sistema di analisi dati basato sull’intelligenza artificiale. Il 31 dicembre 2019, infatti, gli utilizzatori del software canadese BlueDot sono stati avvertiti riguardo all’avvio dell’epidemia da Covid-19 in Cina.

Come funziona l’analisi

Per riuscire in ciò, l’algoritmo alla base del sistema ha analizzato diverse fonti open source in lingua cinese che provenivano da Wuhan, facendole combaciare con gli studi effettuati sulle diverse malattie che possono colpire animali e piante. Esaminando tutti i dati raccolti il BlueDot ha potuto constatare che in Cina era in corso un’epidemia di un virus, anticipando di quasi 10 giorni l’Oms che ha, invece, dovuto attendere le comunicazioni ufficiali fornite dai funzionari del governo di Pechino. La mancanza di trasparenza e la reticenza nel mostrare una potenziale debolezza cinese ha fatto sì che l’epidemia di coronavirus non sia stata resa nota subito, favorendo -di conseguenza- l’espandersi del contagio sia in Cina che nel resto del mondo.

A differenza dell’Oms e dei governi, i sistemi di intelligenza artificiale possono individuare più velocemente ogni potenziale problema, ma al tempo stesso sono soggetti ad alcune limitazioni specialmente per quel che riguarda alla necessità di avere una quantità di dati sufficienti da analizzare. Informazioni che, inoltre, non devono essere solamente di un numero consistente, ma devono essere anche di elevata qualità per non inficiare nel lavoro di analisi dell’algoritmo. Per questo motivo il fondatore e amministratore delegato di BlueDot, Kamran Khan, ha spiegato a Wired che il sistema si basa principalmente sull’analisi delle informazioni raccolte sui diversi forum, blog e giornali online, oltre che dei dati provenienti dal ticketing delle compagnie aeree e degli hotel. Per questo motivo l’intelligenza artificiale è stata utile per predire dove si sarebbe esteso il Covid-19, anticipando i contagi a Bangkok, Seoul, Taipei e Tokyo.

La possibilità offerta dall’intelligenza artificiale di prevedere ciò che potrebbe accadere nel prossimo futuro è cruciale per i ricercatori, non tanto per individuare una cura per il virus quanto per consigliare le politiche da attuare per contenere e limitare il contagio.

La centralità dell’analisi umana

Ma non è solo l’intelligenza artificiale a fare la differenza, perché al termine della prima disamina delle informazioni a essere fondamentale è l’analisi umana. Nel caso di BlueDot è un’equipe di epidemiologi e di virologi a verificare la bontà dei dati raccolti e l’effettiva utilizzabilità per prevenire eventuali diffusioni di malattie contagiose. Non appena viene verificato che le conclusioni hanno un senso e un valore dal punto di vista scientifico viene elaborato un rapporto da inviare ai vari clienti, tra cui funzionari governativi, aziende e ospedali. Inoltre, come ha spiegato lo stesso Khan, nel caso in cui si tema un’epidemia su scala globale, l’allerta viene estesa anche alle compagnie aeree così che possano rimodulare i voli da e per le località colpite dal virus. Un modo per prevenire contagi, soprattutto se i funzionari governativi e gli ospedali del Paese in cui è partita l’epidemia non dovessero reagire in tempo o, peggio, se dovessero nascondere il contagio alle organizzazioni internazionali.

Il vero punto dirompente degli algoritmi predittivi è la possibilità di combinare alle informazioni tradizionali (la posizione del focolaio, il numero di casi e il periodo di contagio), analizzando anche i post sui social network, le discussioni sui forum specializzati, le notizie sui giornali e le mappe dei voli con i relativi numeri dei check-in. In questo modo l’intelligenza artificiale può elaborare un modello base di previsione della probabilità di diffusione di una determinata malattia in un breve lasso di tempo. Inoltre, un’altra capacità dell’intelligenza artificiale sta nella possibilità di comprendere nuove informazioni, memorizzandole nella memoria interna andando così ad apprendere in modo tale da ridurre i tempi di analisi in futuro. Per questo motivo è necessario che le informazioni non siano solo quantitativamente sufficienti, ma che lo siano anche qualitativamente; senza la qualità sarebbe, infatti, impossibile creare dei modelli aderenti alla realtà e scientificamente validi.

Di certo l’intelligenza artificiale può essere un importante strumento per identificare e prevenire eventuali epidemie, ma al tempo stesso non può e non deve essere l’unica modalità di contrasto alla diffusione dei virus. Questo perché basandosi principalmente su informazioni raccolte online, i software avrebbero moltissime difficoltà nell’individuare focolai che si potrebbero sviluppare in aree non coperte da una rete internet efficiente. Di certo l’intelligenza artificiale è il futuro nell’analisi di enormi quantità di dati, ma per la prevenzione delle malattie contagiose rimarrà sempre affiancata alla combinazione tra statistica ed epidemiologia, utilizzata finora con discreto successo nel contenimento di ogni tipologia di epidemia.