Si scrive Portogallo, si legge Cina. Rischi e scenari per la presidenza Ue

Categoria: Estero

Investimenti, porti, gas, 5G, la presidenza portoghese del Consiglio europeo appena inaugurata è una ghiotta occasione per la Cina di Xi Jinping.

Di Francesco Bechis | 04/01/2021 – Esteri formiche.net lettura3’

Investimenti, porti, gas, 5G, la presidenza portoghese del Consiglio europeo appena inaugurata è una ghiotta occasione per la Cina di Xi Jinping. Il premier Costa è il primo cantore di Pechino in Ue e battezza l’accordo sugli investimenti, “terribile” stopparlo su richiesta degli Usa. E Huawei…

 

Si scrive Lisbona, si legge Pechino. Da terra di conquistatori a terra di conquista, negli ultimi anni il Portogallo ha aperto, anzi spalancato le porte alla Cina di Xi Jinping.

Dal 5G alla Via della Seta fino all’ultimo accordo sugli investimenti con l’Ue, il governo di Antonio Costa (nella foto) parla ormai un perfetto mandarino. Bloccare quell’intesa per le remore americane “sarebbe un segnale terribile”, ha detto il premier socialista e già sindaco di Lisbona. “Terribile” sarebbe anche solo “condizionare questi negoziati su richiesta di altri”.

Con gli “altri”, ovviamente, Costa si riferisce all’amministrazione a Washington DC. O meglio, le amministrazioni, se è vero che anche dal team Biden-Harris, tramite il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan, è arrivata una sonora strigliata al tandem Michel-von der Leyen, “Consultazioni tempestive con i nostri partner europei sulle nostre comuni preoccupazioni circa le pratiche economiche della Cina sarebbero gradite all’amministrazione Biden-Harris”.

 

Ci si potrebbe chiedere perché le simpatie cinesi di Costa debbano riguardare altri se non il suo governo e chi lo ha eletto. La risposta sta nella presidenza portoghese del Consiglio europeo che ha preso il via il primo gennaio. Un ruolo che, lo ha dimostrato il semestre appena chiuso di Angela Merkel, può avere un impatto non secondario sulla politica estera europea (ne sa qualcosa Vladimir Putin).

 

L’attenzione del governo cinese per il turno portoghese a Bruxelles è massima. Un tam-tam sui giornali del Partito comunista cinese o filogovernativi gli ha aperto la strada. “È innegabile che l’economia cinese ricoprirà un ruolo sempre più importante (in Ue, ndr) nel futuro”, si legge in un recente lancio dell’agenzia Xinhua. Il sospetto, insomma, che “l’autonomia strategica dell’Ue” che Costa mette in cima all’agenda della presidenza portoghese si traduca in un’autonomia dagli Usa ha più di un fondamento.

 

Non si scoprono certo oggi i rapporti fra Cina e Portogallo. Hanno un trascorso secolare e hanno vissuto un’impennata a inizio dell’ultimo decennio, quando, all’indomani della crisi finanziaria, un Paese allo stremo ha dato la sua benedizione allo shopping selvaggio dei cinesi nelle infrastrutture critiche, dalle banche agli ospedali privati fino al campione dell’energia di Stato Ren, finita nelle mani di State Grid (la stessa che, dal 2015, ha il 35% di Cdp Reti).

Con la presidenza di Xi e l’era Costa, però, è nato un legame politico organico, e inossidabile. Una partnership “più coesa della colla, più forte del metallo o della pietra”, per dirla con le parole del leader supremo cinese, pronunciate nel dicembre del 2018, quando il Paese iberico, con 5 mesi di anticipo sull’Italia, siglava entusiasta l’adesione alla Via della Seta (Belt and Road Initiative).

Considerare il Portogallo una vera e propria roccaforte cinese in Europa non è un’iperbole. Tanti i motivi che rendono il Paese affacciato sull’Oceano atlantico un boccone prelibato agli occhi della Città Proibita.

Investimenti a parte, c’è il fattore culturale e linguistico, che dà al governo cinese una marcia in più per curare i rapporti con Paesi strategici in America Latina (il Brasile) e soprattutto in Africa (su tutti, l’Angola e il Mozambico).

 

C’è la penisola e il porto di Sines, la città di Vasco da Gama, nell’Alentejo. Terminale di immenso valore geostrategico, è al centro di un braccio di ferro fra Stati Uniti e Cina: i primi vogliono farne uno snodo per l’export del gas liquido naturale, il governo cinese invece pianifica (nella Bri) un investimento modesto per farne un porto da container, 640 milioni di dollari.

 

C’è infine la questione 5G, con il governo Costa niente affatto convinto di mettere alla porta le compagnie cinesi accusate di spionaggio dagli Stati Uniti, su tutte Huawei e Zte. Sono nodi, questi, che verranno al pettine in sei mesi di presidenza del Consiglio europeo.

A Pechino sono i primi a saperlo. Solo un mese fa, in un’intervista alla portoghese Lusa, il numero due di Huawei in Europa, Abraham Liu, ha messo le cose in chiaro: “Gli europei devono trovare la loro strada alla cyber-sicurezza” e la presidenza portoghese da gennaio potrà “restaurare la cooperazione globale” interrotta da “altre potenze”. A buon intenditor…