Consiglio Europa. Roberta Metsola presidente, i sovranisti tornano in partita in Ue

Categoria: Estero

FdI e Lega votano per la nuova presidente dell'Eurocamera, insieme a Ppe, socialisti e liberali. Dopo Sassoli si spezza il cordone sanitario anti-nazionalisti

Angela Mauro, 18.1.2022 hufpost.it lett.4’

“David voleva mettere tutti intorno allo stesso tavolo, un impegno che io voglio continuare a perseguire”, dice Roberta Metsola in aula a Strasburgo, poco prima della prima votazione che la elegge presidente del Parlamento Europeo a larghissima maggioranza: 458 voti. Peccato che il suo predecessore David Sassoli, scomparso una settimana fa, aveva stabilito paletti chiari intorno alla maggioranza che lo ha eletto nel 2019 e anche intorno a quella che qualche settimana dopo ha eletto Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Europea. Si chiamava ‘maggioranza Ursula’, appunto. Escludeva i sovranisti e ora non c’è più. Con l’elezione di Metsola il cambio di passo si vede subito: radicale.

Per lei, eurodeputata maltese del Ppe, oltre a Socialisti e liberali, votano anche i Conservatori e Riformisti, partito capitanato in Europa da Giorgia Meloni, che in mattinata ritira il proprio candidato di bandiera Kosma Zlotowski. E vota a favore persino la Lega, che ambisce ad una poltrona da vicepresidente per la sua Mara Bizzotto. Si chiamano fuori i Verdi, che sostengono la loro eurodeputata svedese Alice Bah Kunhke: 101 voti, una trentina di consensi in più rispetto ai 73 eletti del gruppo, segno che qualche dissenso interno ai socialisti o ai liberali si è rivolto ai Verdi. Si chiama fuori dagli accordi su Metsola anche la sinistra del Gue, che corre con la spagnola Sira Rego: 57 voti, anche lei incassa qualche sostegno in più rispetto ai 39 eletti del gruppo.

Dopo Sassoli, cambia tutto all’Europarlamento, malgrado le dichiarazioni di intenti della nuova presidente. “Voglio rafforzare la cultura del dibattito”, continua Metsola, “la politica non può essere battaglia tra vincitori e vinti, ma deve essere al servizio dei cittadini”. Significa: tutti attorno al tavolo, anche quelle forze politiche che sputano sull’Europa, lucrano sull’anti-europeismo alla ricerca di voti, anche i nazionalisti, accaniti difensori delle sovranità di ogni Stato membro, bastioni per bloccare il percorso di rafforzamento dell’Unione Europea. È uno stravolgimento del pensiero del defunto presidente del Parlamento Ue.

Con Metsola - convinta anti-abortista di un paese dell’Ue, Malta, dove l’aborto è ancora illegale - il patto a tre stretto tra Ppe, Socialisti&Democratici e i liberali di Renew Europe si ritrova preso d’assalto dalla destra più estrema, alla ricerca di un modo per tornare in partita, dopo l’esclusione dai posti di comando dell’Ue nel 2019, a inizio legislatura. Indipendentemente da come andrà la partita delle vicepresidenze, chi entrerà nelle stanze dei bottoni e come, quale contropartita immediata guadagneranno i sovranisti dopo aver sostenuto la nuova presidente, il senso politico dell’operazione è chiaro. Per i nazionalisti l’incasso politico c’è tutto: un posto al tavolo delle decisioni, come dice la nuova presidente, appunto.

D’ora in poi, le forze progressiste avranno meno voce in capitolo sui loro dossier, come la difesa dello stato di diritto contro gli ‘abusi’ di Polonia e Ungheria, la lotta ai cambiamenti climatici, i diritti sociali e delle donne. Sono proprio i punti citati nell’accordo a tre che ha candidato Metsola, ma quanto possono reggere se la presidente ha possibilità di avere anche i voti dell’estrema destra? Quanto contano, se il ‘cordone sanitario’ anti-nazionalismi non esiste più?

Avvocata, nata nel 1979 a St. Julian’s, Metsola è in politica da sempre, dalla militanza nel Partito nazionalista maltese alla formazione giovanile del Ppe. Dopo essersi candidata alle elezioni europee del 2004 e del 2009, senza riuscire a essere eletta, nel 2013 ha preso il posto di Simon Busuttil, dimessosi dall’incarico dopo aver assunto quello di parlamentare maltese. Alle elezioni europee del 2014 e del 2019 è stata rieletta, in entrambi i casi la più votata del suo partito.

Sarà lei dunque a guidare il Parlamento per la parte restante della legislatura, fino al 2024. In fede al patto di staffetta alla presidenza siglato da Popolari, Socialisti e liberali con l’elezione di Sassoli nel 2019. Fino a dicembre, Sassoli ha provato a mettere da parte questo accordo, già violato nel 2020 quando alla presidenza dell’Eurogruppo è stato designato il conservatore irlandese Paschal Donohoe invece della socialista spagnola Nadia Calvino. Al momento, dunque, i socialisti non hanno rappresentanza al vertice delle istituzioni europee. Per questo, Sassoli ha tentato di ricandidarsi. Ma l’operazione non è riuscita, rischiava di spaccare il fronte europeista.

 

Il risultato è che il fronte europeista è rimasto più o meno unito, ma con forti malumori interni e poco da esibire. I socialisti, per dire, hanno provato a chiedere la testa del segretario generale del Parlamento, il conservatore tedesco Klaus Welle, in cambio del sostegno a Metsola. Non ci sono riusciti. E in più ora il fronte europeista è assediato dai sovranisti, è più debole nella contrattazione politica su ogni materia. Se fino ad ora l’Europarlamento ha spesso tentato di sfidare gli Stati membri in nome di una Europa più unita e più decisiva, d’ora in poi questo potrebbe non accadere più. Terminata l’epoca dell’Eurocamera come ‘anomalia’ di un sistema europeo troppo affezionato alle bandiere nazionali.