L'ANTICIPAZIONE L'Ue è ancora divisa sul price cap, ma qualcosa si muove. Il documento della Commissione

Categoria: Estero

L’Italia spinge su un tetto al prezzo del gas, Bruxelles è più cauta: ieri è stata firmata una lettera da parte di 15 paesi favorevoli, tra cui la Francia. Ma dall'Europa sembrano esserci motivi di contrarietà alla misura

DAVID CARRETTA 29 SET 2022 ilfoglio.it lett4’

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[Aggiornamento giovedì 29 settembre ore 16] Il governo tedesco si è accordato sull'introduzione di un freno al prezzo del gas. L'esecutivo di Olaf Scholz prevede un pacchetto da 200 miliardi di euro di nuovo debito. Un fondo di crisi finanziato con prestiti e diretto a consumatori privati e imprese tedesche. "Il governo tedesco farà tutto il possibile per abbassare i prezzi [dell'energia]", ha detto Scholz in una conferenza stampa a Berlino. "Ora stiamo alzando un grande ombrello difensivo... che doteremo di 200 miliardi di euro". L'annuncio è seguito a giorni di negoziati tra il cancelliere socialdemocratico, il ministro dell'Economia Robert Habeck dei Verdi e il ministro delle finanze Christian Lindner dei liberaldemocratici su come rispondere a quella che Lindner ha descritto come una "guerra energetica" lanciata dalla Russia.

Il prezzo del gas europeo scivola sui minimi di seduta (-10 per cento a 186,5 euro) dopo l'annuncio del piano, mentre i danni al Nord Stream lasciano poche speranze di una ripresa dei flussi russi in inverno.

Bruxelles. Le pressioni dell’Italia per ottenere un tetto al prezzo su tutto il gas importato nell’Unione europea via gasdotto potrebbero iniziare a portare frutti, malgrado le divisioni che permangono tra i ventisette stati membri sul price cap. La Commissione di Ursula von der Leyen si è convinta a formulare una serie di ipotesi da sottoporre ai ministri dell’Energia, dopo la lettera inviata da quindici paesi per chiedere il tetto al prezzo del gas. “Il price cap, che è stato chiesto dall’inizio da un numero crescente di stati membri, è la sola misura che aiuterà tutti i paesi a mitigare la pressione inflazionistica, gestire le aspettative e fornire un quadro in caso di interruzione potenziale degli approvvigionamenti”, si legge nella missiva recapitata martedì alla commissaria per l’Energia, Kadri Simson.

“Il tetto dovrebbe essere applicato a tutte le transazioni all’ingrosso sul gas naturale”. Italia, Belgio, Bulgaria, Croazia, Francia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna hanno chiesto alla Commissione di presentare una proposta prima del Consiglio straordinario Energia di domani. La firma francese, arrivata all’ultimo, potrebbe essere stata decisiva per convincere la Commissione a rompere i suoi tabù e indugi, malgrado le resistenze della Germania. La risposta è arrivata ieri sotto forma di un “non paper” prudente, che non contiene proposte formali, ma una serie di ipotesi e opzioni, con una valutazione dei pro e dei contro. Il documento – che il Foglio ha potuto consultare – include anche la possibilità di “introdurre misure per limitare i prezzi” di tutto il gas importato nell’Ue.

Dal “non paper” emerge che il price cap su tutto il gas all’ingrosso chiesto dai quindici non è l’opzione preferita dalla Commissione. Al contrario. In un annesso al documento vengono spiegate tutte le ragioni contrarie, compresa la necessità di passare da un modello di mercato a un sistema amministrato per allocare gas e razionamenti. Il pericolo maggiore è per la sicurezza degli approvvigionamenti. Gli altri esportatori potrebbero ridurre le forniture all’Ue o dirottare il gas altrove. La Norvegia, che è diventata il primo fornitore via gasdotto, ha pubblicamente detto di essere contraria a un tetto.

Un price cap al gas naturale liquefatto (Gnl) potrebbe spingere le navi americane o del Qatar verso l’Asia. Gli approvvigionamenti vanno garantiti non solo per questo inverno, ma anche per la prossima primavera, quando l’Ue dovrà riempire nuovamente gli stoccaggi con forniture di gas russo a zero o quasi. Inoltre, prezzi più bassi aumenterebbero la domanda, esponendo l’Ue a penurie in caso di taglio totale delle forniture russe.

Per la Commissione è dunque meglio concentrarsi sul gas importato via gasdotto: “Un approccio concordato reciprocamente con partner affidabili è l’opzione preferita”, si legge nel “non paper”. Tuttavia, “l’obiettivo chiave per l’Ue è di assicurare prezzi più bassi per i consumatori dell’Ue già questo inverno. L’Ue dovrebbe quindi essere pronta a introdurre misure per limitare i prezzi” di tutte le importazioni via gasdotto.

La seconda ipotesi del “non paper” è un intervento sul Gnl, in particolare creando un benchmark diverso dal Ttf di Amsterdam per il prezzo del gas naturale liquefatto. Nel caso del Gnl, però, un vero e proprio price cap sembra escluso. La terza ipotesi della Commissione è di “fissare un prezzo massimo sulle importazioni di gas naturale dalla Russia”, con il vantaggio che ridurrebbe la capacità del Cremlino di finanziare la guerra in Ucraina.

Secondo il documento, in caso di taglio totale di forniture russe, l’Ue nel suo insieme può resistere “a un inverno con temperature medie” grazie agli stoccaggi e ai piani di riduzione della domanda. L’ultima ipotesi suggerita dal “non paper” è la creazione di “un quadro temporaneo dell’Ue per limitare l’influenza degli elevati prezzi del gas sulla formazione del prezzo dell’elettricità. Un’opzione potrebbe essere di mettere un limite al prezzo del gas nella generazione elettrica a un livello che aiuti ad abbassare i prezzi dell’elettricità senza un aumento complessivo del consumo di gas”, dice il documento.

Il “non paper” sarà discusso dai ministri dell’Energia domani. Il gruppo dei quindici non è sufficiente a raggiungere la maggioranza qualificata per approvare il tetto al prezzo di tutto il gas all’ingrosso. Oltre alla Germania, anche Paesi Bassi e Danimarca si sono espressi contro un price cap limitato al gas importato via gasdotto. Il tema probabilmente finirà al tavolo del Consiglio europeo del 7 ottobre a Praga. In vista di quell’appuntamento, lunedì Emmanuel Macron volerà a Berlino per incontrare Olaf Scholz. La firma francese è ancora più importante se si vuole convincere la Germania sul price cap proposto dall’Italia