Saildrone: sentinelle del mare in navigazione “solitaria”

Categoria: Estero

Lunghi 7 metri fuori tutto, con una “albero” da vela in materiale composito di quasi 5 metri, questi UAS fanno affidamento sull’energia eolica per spostarsi…

Davide Bartoccini, 29.11.2022 ilgiornale.it lettura4’

www.inside the news over the world Esistono dei piccoli droni, simili in tutto e per tutto a minuscole barche a vela, che solcano gli oceani e attraverso l’intelligenza artificiale esplorano e controllano tratti di mare come fossero piccole imbarcazioni che girano il mondo in solitaria. Sono impiegate dalla US Navy e dalla Royal Navy e a prima vista non dissimile ai monoscafi futuristici che piacciono tanto ai designer di yacht.

Si tratta dei Saildrone: un nuovo particolare UAS, acronimo di Unmanned Surface Vehicle, oramai in linea con la flotte dell’US Navy e della Royal Navy come “esploratori” dei mari da remoto o con il supporto dell’Intelligenza artificiale che li guida ogni tempo e in ogni condizione meteorologica, ci sia mare calmo o in burrasca. Non c’è dubbio su quanto questi veicoli senza pilota giocheranno ruoli rilevanti e decisivi per il futuro delle flotte delle maggiori potenza che, come ben sappiamo, si confrontano oggi come ieri “ai confine del mare”, per utilizzare un’espressione cara a Patrick O’Brian e il suo capitano Aubrey. Che vengano destinati ai freddi mari del Nord come sorveglianti del settore Artico, o che finiscano per incrociare la rotta dei loro antagonisti cinesi nel Pacifico, proprio dove le potenze regionali si “contendono” i confini territoriali del Mar Cinese Meridionale, i Saildrone Explorer, sviluppati come prototipo un decennio fa, sembrano aver terminato la loro fase di test per essere divenuti parte integrante di almeno due delle più potenti marine miliari del mondo.

Lunghi 7 metri fuori tutto, con una “albero” da vela in materiale composito di quasi 5 metri, questi UAS fanno affidamento sull’energia eolica per spostarsi– come delle vere barche a vela – e su di un appartato di pannelli solari per alimentare il loro “pacchetto” di sensori – che comprende quattro telecamere, ricevitori di identificazione automatica e telecamere radar o a infrarossi per capacità notturne. Il software integrato riconosce gli obiettivi di interesse e può segnalare tali obiettivi agli utenti finali – li rendono degli strumenti estremamente utili per missioni di raccolta dati che li vedranno svolgere le loro traversate in solitaria senza la necessità di personale “umano”. A meno che non se ne manifesti l’occorrenza. Questo dal momento che la “capacità di apprendimento automatico” fornita dall’intelligenza artificiale rende il drone autonomo nelle decisioni più semplici come avviene per altri sistemi analoghi in via di sviluppo o già schierati in altri campi. L’obiettivo principale di questo sistema è quello di espandere la visuale della flotta oltre i propri orizzonti, in aree di pattugliamento pre-programmate, in modo economico e privo di rischio per personale umano che potrebbe riscontrare problematiche di vario genere in tratti di mare sottoposti a condizioni ostili.

Il Saildrone conduce dunque una traversata in solitaria come una vera barca a vela, e può effettuare un viaggio partendo dalla baia di San Francisco per giungere alle Hawaii in 34 giorni (test effettuato nel 2013, ndr), navigando in ogni condizione meteo, senza bisogno di alcun tipo di propellente che non sia qualche giorno di sole e il vento. Il computer di bordo, coadiuvato da un GPS, permette al comando missione – si tratti di una base navale o di un’unità madre – di impostare nel drone una rotta di navigazione che seguirà una serie di waypoint prestabiliti facendolo rimanere all’interno di “corridoi di sicurezza” e lasciandogli tenere conto autonomamente di venti e correnti.

Ciò nonostante, secondo quanto riportato da un funzionario del Dipartimento di Stato americano, una coppia di Saildrone operati dall’Us Navy è stata avvicinata e catturata proprio nel mese di settembre mentre era in missione di pattugliamento/test nel Golfo, da una fregata della Forze navali della Guardia rivoluzionaria iraniana che ha poi “riconsegnato” le due piccole imbarcazioni-drone dopo averle “tirate a secco e coperte con dei teloni”. In quell’occasione le forze navali delle Guardia rivoluzionaria iraniana comunicarono che “La fregata Jamaran” aveva “sequestrato le due navi per prevenire ogni possibile incidente dopo aver emesso avvertimenti alla flotta statunitense. Dopo che le rotte marittime internazionali sono state messe in sicurezza, le due navi sono state rilasciate in un’area sicura”.

I Saildrone possono infatti rappresentare una minaccia a causa delle informazioni che possono ottenere e trasmettere da un’aerea sotto il controllo diretto di un’altro stato, ma non sono provvisti di alcun sistema d’arma o di disturbo; essendo stati sviluppati, ed essendo formalmente entrati in forza nell’Us Navy, come sostituti/implementazione di sistemi come le boe oceaniche: asset più costosi, difficili da implementare e mantenere, e assai meno utili e versatili per il riconoscimento di minacce che non siano di natura “metereologica”.

Attualmente la Royal Navy sta testando l’utilità di questo nuovo vettore dal Bahrain nel conteso dell’Operazione Sentinel. Lì la task force multinazionale comandata dal commodoro Mackinnon che è responsabile della sicurezza delle navi mercantili che “attraversano alcune delle acque più strette e pericolose della regione, come lo Stretto di Hormuz, porta del Golfo, e il Bab al-Mandeb ai piedi del Mar Rosso”, sta impiegando tra le altre alcuni saildrone forniti dal partner statunitense. Gli operatori della mMarina britannica a bordo della fregata Type 23 HMS Montrose stanno prendendo dimestichezza con il mezzo che starebbe già mostrando come pattuglie di droni siano più efficaci nelle missioni di pattugliamento e monitoraggio di un’area di mare rispetto alla singola nave da guerra, che, pur supportata da elicotteri, UAV e immagini satellitari, non può riscontrare con altrettanta facilità irregolarità e cambiamenti del settore da perlustrare. Il Commodoro Mackinnon ha parlato in tale occasione dell’ambizione di realizzare “un vero e proprio oceano digitale” nel quale marine alleate possano impegnare “una combinazione di sistemi con e senza equipaggio, sopra, sopra e sotto la superficie” per fornire un resoconto “impareggiabile” della situazione, fornendo la piena consapevolezza e “consentendo la [migliore] scelta operativa al comandante”. Il piccolo Saildrone, inviato ai confine del mare, sembra dunque destinato a diventarne parte integrante