Il “Project 141” e la ragnatela di basi militari cinesi: il piano segreto di Pechino

Categoria: Estero

Il documento si intitola “Making Uneven Progress on Overseas Basing Efforts” ed è una sorta di aggiornamento sullo stato delle basi all’estero dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese (Epl)”.

Federico Giuliani 29 APRILE 2023 iò giornale.it lettura6’

it.insideover.com L’immagine raffigura una cartina geografica, a colori, comprendente parte dell’Europa, Africa, Asia e Oceania.

Una legenda distingue i Paesi per i quali esiste “un interesse confermato a partire dal 2014”, in lilla, e quelli, in giallo, nei quali sono state osservate non meglio specificate “negoziazioni”. Vengono inoltre indicate le nazioni dove sono presenti strutture in costruzione e altre nelle quali esistono “probabili contratti approvati”, mentre dei numeri mettono in risalto alcuni Stati strategici, inseriti in una tabella che ne sintetizza gli “sviluppi recenti”.

Dai Pentagon Leaks è emersa una nuova soffiata top secret sulla Cina, a pochi giorni di distanza dalla diffusione delle informazioni relative al super drone spia ipersonico WZ-8 cinese, e alle notizie relative ad armi informatiche che il Dragone starebbe costruendo nel tentativo di dirottare i satelliti nemici. Adesso i riflettori sono puntati sulla possibile ragnatela di basi militari che il gigante asiatico avrebbe intenzione di realizzare in giro per il mondo.

La rivelazione è contenuta in un report presumibilmente facente parte dei numerosi file altamente classificati condivisi online da Jack Teixeira, un ex aviere della Massachusetts Air National Guard, adesso arrestato.

Il braccio di ferro Usa-Cina che infiamma la “Terra del Fuoco”

L’accordo tra Cina e Tagikistan per una base militare

Come la base militare cinese in Cambogia cambia gli equilibri asiatici

Il Project 141

Secondo quanto riportato da un recente documento, la Cina starebbe perseguendo un’ambiziosa strategia militare globale che prevede, da qui al 2030, la creazione di almeno cinque basi all’estero e dieci siti di supporto logistico. Il file presenta anche una mappa che delinea altre strutture pianificate in diverse regioni, tra cui Medio Oriente, Sud-est asiatico e Africa.

I funzionari militari cinesi avrebbero chiamato questa iniziativa “Project 141” (ovvero “Progetto 141”). La scoperta ha fatto risuonare non pochi campanelli d’allarme a Washington, sempre più convinto dei continui sforzi di Pechino per espandere la sua presenza militare in posizioni strategiche in tutto il mondo.

Attenzione, inoltre, alla tempistica della rivelazione visto che la divulgazione del presunto progetto del Dragone è arrivata nel momento in cui il gigante asiatico stava cercando di espandere il suo ruolo di attore globale. La telefonata tra Xi Jinping e Volodymyr Zelensky, le visite dei leader europei a Pechino, la mediazione per il disgelo tra Iran e Arabia Saudita, gli incontri con Vladimir Putin, la diplomazia crescente con i governi latinoamericani e africani: queste sono soltanto alcune delle recenti mosse effettuate dalla Repubblica Popolare Cinese, che adesso rischiano di essere offuscate da un loro ipotetico secondo fine.

Stando al documento trapelato sul web, l’EPL prevede di sfruttare il Progetto 141 per stabilire una rete mondiale di avamposti militari e navali in Guinea Equatoriale, Gibuti, Emirati Arabi Uniti, Cambogia e Mozambico; due di questi sarebbero attualmente in costruzione, altrettanti si troverebbero in attesa di approvazione e uno soltanto (quello di Gibuti) è operativo.

Gli Usa avevano da tempo covato il dubbio che la Cina volesse dare vita ad una rete militare globale attraverso la Belt and Road Initiative (BRI), un progetto parallelo volto al rafforzamento di legami economici e commerciali tra Pechino e i membri dell’iniziativa. Sempre secondo il contenuto del documento riservato, il governo cinese considererebbe il Progetto 141 una leva per favorire la BRI, nonché un piano fondamentale per contrastare gli Stati Uniti e aumentare la propria influenza in alcune aree specifiche, compreso il Medio Oriente.

L’ascesa della Cina nell’Indo-Pacifico

La lotta tra Cina e Usa per il controllo del Pacifico

Il presente e il futuro dell’Indo-Pacifico

Gli Emirati Arabi e il Medio Oriente

È interessante dare un’occhiata alla mappa. Il dossier più caldo riguarda gli Emirati Arabi, dove la Cina starebbe costruendo, in gran segreto, una struttura militare. La stessa, tra l’altro, che già un anno fa aveva allertato Washington, spingendo l’amministrazione Biden a lanciare un avvertimento ad Abu Dhabi.

Sembrava che la questione fosse chiusa, e invece, stando ad alcune informazioni riservate, lo scorso dicembre i servizi di spionaggio americani avrebbero rilevato, sempre negli Emirati Arabi, la ripresa delle costruzioni della stessa “presunta base militare cinese”.

I funzionari statunitensi sono particolarmente concentrati sul porto di Khalifa, a circa 50 miglia a nord della capitale emiratina, dove opera un conglomerato marittimo cinese. “Abbiamo interrotto i lavori sulle strutture”, aveva detto Anwar Gargash, consigliere diplomatico della leadership degli Emirati Arabi Uniti, ad un evento del think tank di Washington tenutosi nel 2022.

Ma un anno dopo, si legge in uno dei report dell’intelligence Usa trapelati, la struttura dell’Epl “probabilmente era collegata all’elettricità e all’acqua municipali” ed “è stato completato un perimetro murato per un sito di stoccaggio logistico dell’Epl”. Un secondo documento avverte che “la struttura dell’Epl” costituisce “una parte importante” del piano di Pechino per stabilire una base militare negli Emirati Arabi Uniti.

Esaminando il sito di Abu Dhabi Ports si può notare come la Cina abbia fin qui investito circa 1 miliardo di dollari nello sviluppo del porto, con diverse società cinesi coinvolte nel processo di costruzione e gestione. Uno dei più importanti investitori cinesi nel porto è China Ocean Shipping (Group) Company (COSCO), e cioè una delle più grandi compagnie di navigazione del mondo. Gestisce un terminal container in loco, ampliato negli ultimi anni per ospitare navi più grandi.

Il porto di Khalifa, inoltre, è strategicamente importante per diversi motivi. In primo luogo, si trova sulla costa del Golfo Persico, dove si snoda una rotta marittima vitale per le esportazioni di petrolio e gas dal Medio Oriente. In secondo luogo, il porto è situato vicino a diverse basi militari chiave, tra cui la base aerea di Al Dhafra dell’esercito americano e la base navale degli Emirati Arabi Uniti a Mina Zayed. Infine, il porto si trova vicino allo Stretto di Hormuz, uno stretto corso d’acqua che rappresenta un punto di strozzatura critico per le spedizioni mondiali di petrolio.

Tra gli altri affari, ha evidenziato il WP, a ovest di Fujairah la Cina si è resa protagonista di profonde incursioni economiche al porto di Khalifa. Una filiale del suddetto gigante marittimo COSCO ha siglato un accordo da un milione di dollari con la società Abu Dhabi Ports e ha stipulato una concessione di 35 anni nel dicembre 2018, che ha consentito alla società cinese di gestire e sviluppare un terminal per container nel porto di Khalifa.

Come riportato dal media cinese People’s Daily, le aziende cinesi sono coinvolte anche nella costruzione dell’adiacente rete ferroviaria Etihad che passerà per Khalifaport e collegherà i cinque emirati di Abu Dhabi, Dubai, Sharjah, Fujairah e Ras Al Khaimah, il sistema di trasporto arteria che va da est a ovest degli Emirati Arabi Uniti.

CRRC Qingdao Sifang Co Ltd, una consociata di China Railway Rolling Stock Corp con sede nella provincia dello Shandong, dovrebbe invece fornire treni passeggeri diesel multipli a Etihad Rail. Affari economici, sostengono gli 007 Usa, che in realtà avrebbero profonde implicazioni nel settore militare.

Le nuove basi della Cina

Il Medio Oriente, dunque, è diventato un particolare punto focale nella competizione tra Usa e Cina. Eppure, Pechino avrebbe messo nel mirino anche altre regioni. Al momento, Gibuti è l’unico luogo all’estero nel quale la Repubblica Popolare ha una base riconosciuta, aperta ufficialmente nel 2017 dalla marina dell’Epl. Lì, secondo un’altra rivelazione classificata, lo scorso febbraio l’esercito cinese era “quasi certamente vicino al completamento di un edificio per le operazioni di antenna a Doraleh” per lo spionaggio satellitare su Africa, Europa e Medio Oriente.

In ogni caso, lo scorso giugno era rimbalzata la voce secondo cui la Cina stava procedendo con piani segreti per costruire una struttura navale ad uso esclusivo del proprio esercito in Cambogia, nel Golfo della Thailandia. Dal canto loro, i funzionari cambogiani spiegavano che la Cina stava semplicemente finanziando l’aggiornamento della base cambogiana esistente, la base di Ream, e aiutando ad addestrare i cambogiani nella riparazione navale.

Nel frattempo, da altri documenti è emerso che, a febbraio, un team inviato da Pechino avrebbe visitato sia la Guinea equatoriale che il Gabon, per assistere ai preparativi per la costruzione di un centro di formazione congiunto e per addestrare il personale guineano sulle apparecchiature di comunicazione.

Un appoggio in Gabon e in Guinea Equatoriale consentirebbe a Pechino di piantare una preziosa bandierina sulla costa occidentale dell’Africa, con vista sull’Oceano Atlantico, mentre la struttura negli Emirati potrebbe essere il perfetto trait d’union per unire il sito di Gibuti al cuore della regione mediorientale. Il Mozambico, invece, potrebbe agevolare, in futuro, l’espansione cinese nell’Oceano Indiano, così come eventuali strutture nel sudest asiatico.

L’espansione della Cina nei porti del mondo facilita la raccolta di informazioni di Pechino sui movimenti e le attività militari statunitensi in quelle aree, ha sottolineato Camille Lons dell’International Institute for Strategic Studies. In base a una legge cinese approvata nel 2017, infatti, le società commerciali cinesi sono obbligate a condividere informazioni con i militari, se chiamate a farlo. “È difficile sapere se ciò accadrà, ma è motivo di preoccupazione”, ha concluso l’esperta.