Ratificare l’intesa tra i lestofanti vuol dire resa, Salvini entusiasta del piano Trump, Schlein incalza Meloni:
21.11.2025 ilfoglio.it lettura2’ilfoglio.it lettura2’
il piano di trump Ratificare l’intesa tra i lestofanti vuol dire resa, a Bruxelles prima che a Kyiv
Mentre Trump tiene fermo Zelensky e Putin continua a pestare l’Ucraina al buio e al freddo, l’Europa rischia di scoprire che la sua sovranità è stata umiliata prima ancora di accorgersene. È ora di tirare una riga e fare due conti definitivi nei rapporti con l’alleato americano… estratto Giuliano Ferrara
Le reazioni in Italia Salvini entusiasta del piano Trump, Schlein incalza Meloni: "Isolare vicepremier". M5s silente
La segretaria del Pd, tra i primi a commentare i 28 punti pubblicati da Axios, chiede "una pace giusta" che non sia "resa". Silenzio di Meloni, impegnata al G20 di Johannesburg. Il ministro degli Esteri Tajani frena il leader della Lega: "L'Europa non può non essere protagonista". Conte non commenta .. Redazione ilfoglio.it
Nel dibattito confuso che attraversa il centrosinistra, la vicepresidente del Parlamento europeo ha offerto l’unica lettura nitida di un documento che di “pace” ha ben poco
Sullo stesso argomento:
L'Europa può decidere da sola. L'unanimità è un totem politico
Nel Partito democratico, sul presunto “piano di pace” circolato nell’orbita trumpiana, prevale un atteggiamento esitante: chi invita alla prudenza, chi suggerisce di “vedere cosa c’è dentro”, chi si affida a un linguaggio che permette di rimandare il giudizio. In questo panorama, la voce di Pina Picierno è apparsa come la più lineare: non per toni roboanti, ma per la capacità di chiamare il documento con il suo nome.
Picierno ha detto con chiarezza ciò che molti nel Pd esitano a riconoscere: quel testo non rappresenta una strada verso la pace, ma un vantaggio strategico per la Russia. Le clausole che limitano l’esercito ucraino, impongono neutralità, bloccano la NATO e legittimano le annessioni riprendono integralmente il repertorio di richieste avanzate dal Cremlino negli ultimi vent’anni. Far finta che si tratti di una base negoziale equivale a ignorare l’esperienza degli accordi violati da Mosca — da Budapest a Minsk — e la logica, ormai dichiarata, dell’espansionismo putiniano.
La lettura di Picierno non drammatizza, ma osserva: un piano così costruito serve soprattutto a congelare il conflitto in una posizione favorevole alla Russia, dando tempo a Mosca e ai suoi alleati di rafforzare capacità militari e logistiche. È una valutazione che non si appoggia a slogan, ma alla ricostruzione dei fatti.
C’è poi un punto che nel Pd quasi nessuno ha affrontato: l’impianto mercantilista del documento. L’idea che la sicurezza europea possa diventare variabile negoziale nei rapporti tra Washington e Mosca è una novità che meriterebbe un’analisi seria. Picierno l’ha fatta: ha ricordato che un’Europa resa neutrale o indebolita non conviene a nessuno, tantomeno a un partito che si dichiara europeista.
Il punto, qui, non è celebrativo. È politico. Nel Pd convivono letture differenti del rapporto con gli Stati Uniti e della postura europea. Sulla vicenda del “Piano Trump”, la voce più netta è risultata quella di Picierno perché ha tenuto insieme due elementi oggi indispensabili: la difesa del principio che i confini non si cambiano con la forza e la consapevolezza che la pace non può essere il nome di un congelamento imposto dalla potenza aggressore.
In un momento in cui il dibattito rischia di avvitarsi in formule prudenti, la posizione della vicepresidente del Parlamento europeo offre almeno un punto di orientamento chiaro. E non è poco.