Verso l’atomica dei rivoluzionari religiosi

Categoria: Estero

“L’Iran è un regime messianico e antisemita, il contenimento non funziona”. Parla Raphael Israeli

di Giulio Meotti | 03 Aprile 2015 ore 17:15 Foglio

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Roma. Il giorno prima della firma dell’accordo nucleare fra Iran e potenze occidentali, il comandante delle Guardie della Rivoluzione dell’Iran, generale Mohammed Naqdi, ha detto che “l’obiettivo di cancellare Israele dalla mappa non è negoziabile”. Secondo il professor Raphael Israeli, docente di Storia dell’islam all’Università Ebraica di Gerusalemme e considerato uno dei massimi orientalisti nello stato ebraico, quest’antisemitismo postulatore di un panislamismo mistico, ripetuto ossessivamente e con fosco trasporto, è il cuore dell’ideologia iraniana finalistica e messianica.

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“Dall’Egitto al Marocco, nel mondo islamico gli ebrei sono considerati il male, i ‘figli di maiali e scimmie’, dei subumani che vanno eliminati”, ci dice Israeli, originario di Fes, in Marocco, autore di quaranta libri fra cui una biografia del presidente egiziano Sadat e del padre dell’Iran contemporaneo Khomeini, e considerato assieme a Bernard Lewis di Princeton lo studioso di islam che ha avuto una forte influenza su come il primo ministro Benjamin Netanyahu guarda oggi alla questione iraniana. “Quest’antisemitismo risale alla storia del Profeta Maometto che venne tradito dagli ebrei di Medina. L’ayatollah Khomeini ha aggiunto l’idea che gli ebrei siani ‘nemici di Allah’. Soltanto con l’antisemitismo puoi spiegare perché l’Iran sia diventato il peggior nemico di Israele, pur non avendo confini contesi con lo stato ebraico”. Basta scorrere tre libri scritti da Khomeini (“Towzihol Masael”, La spiegazione dei problemi, “Vaiayat-e-Faghih”, Il regno del dotto, e “KashfoI Asrar”, La chiave dei misteri), per comprendere l’ossessione antiebraica del regime. Per Khomeini è impuro anche il denaro guadagnato da un musulmano che lavora in un’industria appartenente ad ebrei. Gli ebrei (“che Dio li sprofondi”) sono per Khomeini “i nemici più pericolosi”, perché aspirano a “distruggere l’islam e a instaurare un governo universale ebraico”, sono abbastanza “furbi e attivi” per poter giungere ai loro fini.

Ieri da Gerusalemme si sono alzate molte voci contro il deal atomico. “Il sistema della deterrenza internazionale sul nucleare, che ha impedito che la Guerra Fredda deteriorasse in un conflitto atomico, non funziona con un regime pazzo e fanatico come l’Iran”, ci dice il professor Israeli, per il quale per spiegare Teheran è decisiva la visione del dodicesimo imam, che ha abolito tutte le verità rivelate dagli altri profeti, che vive nascostamente tra gli uomini e che riapparirà sulla terra per instaurare l’ora della giustizia e della fede universale. Il regime iraniano ha assunto quella missione sacra quale “nayeb” (intermediario). “Questa visione islamica apocalittica pretende che il mondo attraversi una tribolazione che prepara l’avvento dell’imam. Rohani, Khamenei e Khomeini credono tutti in questa ideologia che spinse Ahmadinejad, quando era sindaco di Teheran, a costruire una autostrada per favorire il ritorno dell’imam. Per questi fanatici, l’apocalisse è un programma politico. Il regime iraniano è razionale, ma lo è nel lucido perseguimento di questo disegno messianico”. Eppure la Casa Bianca non sembra prendere molto seriamente minacce come quella del generale Naqdi. “Obama è un ignorante che non crede in niente e che ha costruito due presidenze sull’engagement con il mondo islamico”, taglia corto il docente israeliano. “L’Iran è l’unica rivoluzione in grado di mobilitare intere masse di persone che per strada gridano ‘morte all’America’ e ‘morte a Israele’”.