Tutte le promesse mancate di Dilma. La crisi del governo brasiliano

Categoria: Estero

va molto oltre lo scandalo Petrobras , i suoi consensi sono ai minimi storici, solo il 13 per cento dei brasiliani sostiene ancora Dilma,

di Redazione | 17 Aprile 2015 ore 13:23 Foglio

E’ difficile per un capo di stato appena eletto godersi la luna di miele con i propri elettori quando ti scoppia in faccia il più grande scandalo della storia del tuo paese. La presidente del Brasile Dilma Rousseff è stata rieletta a fine ottobre nelle elezioni più combattute della storia del Pt, il partito della sinistra brasiliana, ma oggi, dopo pochi mesi, i suoi consensi sono ai minimi storici, solo il 13 per cento dei brasiliani sostiene ancora Dilma, e nell’ultimo mese ci sono state due proteste come non se ne vedevano da anni, più estese e partecipate di quelle che ci sono state prima dei Mondiali. Quasi due terzi dei brasiliani, il 63 per cento della popolazione, vuole l’impeachment della presidente, e la causa che tutti citano è Petrobras, il gigante petrolifero che per anni, dicono i magistrati, ha finanziato le campagne politiche e le belle ville dei dirigenti del Pt, e i cui manager avevano messo in piedi un sistema di riciclaggio del denaro che ha fatto perdere all’azienda miliardi di dollari. Negli stessi anni su cui si concentrano le inchieste, Dilma era presidente di Petrobras, i giudici hanno falciato il suo cerchio magico (due capi di gabinetto del governo, e questa settimana il tesoriere del partito) senza toccarla, ma la formula che tutti usano è classica: non poteva non sapere.

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In Brasile c’è un clima da pre Tangentopoli, c’è rabbia e fermento politico, ma più ancora che la corruzione, quello che i brasiliani non perdonano a Dilma è l’aver infranto tutte le sue promesse. L’economia brasiliana quest’anno non crescerà, le prospettive per i prossimi anni sono fosche, e Petrobras, che un tempo era la più grande compagnia di tutta l’America latina, ha perso metà del suo valore di mercato da settembre a oggi, migliaia di posti di lavoro sono andati perduti, e questo contribuisce al disastro. In campagna elettorale Dilma aveva promesso alla classe media di non aumentare le tasse (le ha aumentate) e allo zoccolo duro del suo elettorato di non tagliare i sussidi pubblici su cui molta parte dei brasiliani sopravvive (li ha tagliati, giustamente). Aveva promesso di far ripartire la crescita brasiliana senza toccare le politiche solidali e paternalistiche del Pt. Ha fallito su entrambi i fronti, ai brasiliani resta soltanto la rabbia.