Non basta un ochi. C’è sempre l’austerity dopo il default. Atene a mani vuote all’Eurogruppo.

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E un fallimento non escluderebbe ristrettezze sui conti. Cristina Kirchner potrebbe offrire ad Alexis Tsipras qualche anticipazione su come il leader di un paese che abbia fatto default debba continuare per anni a fare i conti con l’odiatissima austerity.

Uno striscione dei manifestanti a favore del "no" al referendum greco, ad Atene (foto LaPresse)

di Marco Valerio Lo Prete | 07 Luglio 2015 ore 20:16

Roma. La presidente argentina Cristina Kirchner potrebbe offrire ad Alexis Tsipras qualche anticipazione su come il leader di un paese che abbia fatto default debba continuare per anni a fare i conti con l’odiatissima austerity. Perfino in prima persona. La Kirchner, per esempio, ogni volta che decide di varcare i confini argentini, deve pensarci bene prima di salire sull’aereo di stato “Tango 01”. Negli scorsi anni ci sono stati tribunali, americani e non solo, che attraverso ingiunzioni internazionali sono stati a un passo dal pignorare l’aereo di stato, nel tentativo dei tanti creditori di rifarsi almeno un po’ per il crac del paese nel 2001. Così Kirchner, per arrivare in Vaticano due anni fa a salutare l’insediamento del connazionale Papa Francesco, fu costretta a prendere un normalissimo volo di linea. Per un capo di governo, è austerity bella e buona. Prima di un fallimento conclamato dello stato greco, ben inteso, bisognerà attendere l’esito dei negoziati ripresi martedì a Bruxelles, dopo l’interruzione avvenuta a causa del referendum di domenica scorsa sulle proposte dei creditori, bocciate con un “oxi” (o “ochi”) dai greci. L’Eurogruppo si attende già oggi una lettera del governo di Atene per aprire un processo negoziale che porti a un prestito dello European stability mechanism (Esm), con annesse condizionalità come avvenuto a Cipro e in Spagna. Martedì l’esecutivo guidato da Tsipras non avrebbe presentato nuove proposte. La cancelliera tedesca Merkel ha ribadito che “senza le riforme, non è possibile intraprendere le iniziative necessarie per risolvere” lo stallo.

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Tra pagamento degli interessi, del capitale e altro, i greci hanno rifiutato un trasferimento di risorse dai partner europei che per il 2015 valeva il 5 per cento del pil (senza contare gli aiuti alle banche). E se è difficile che i mercati internazionali possano in poco tempo tornare a credere a un paese che ha appena tradito gli obblighi verso decine di stati e un paio di organizzazioni internazionali, allora a Tsipras non rimarrebbe che applicare un punto finora poco valorizzato – diciamo – del suo programma elettorale: il pareggio di bilancio. L’austerity, appunto.

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