VIAGGIO NELLE VISCERE DI “LA TUMBA”, LA PRIGIONE VENEZUELANA

Categoria: Estero

CHE STA CINQUE PIANI SOTTOTERRA DOVE I DETENUTI, ANCHE MINORENNI, SUBISCONO OGNI TIPO DI TORTURA

2. NON CI SONO FINESTRE, NÉ ARIA FRESCA, IL RUMORE DEI VAGONI METROPOLITANI CHE SFRECCIANO LÌ ACCANTO È INTOLLERABILE. LE CELLE SONO MINUSCOLE E NON HANNO IL BAGNO. PER FARE I BISOGNI, I DETENUTI DEVONO AVERE UN PERMESSO SPECIALE E L’ATTESA PUÒ DURARE ORE. I DETENUTI SPESSO SOFFRONO DI VOMITO, DIARREA, FEBBRE E ALLUCINAZIONI

3. NEL 2014 ALMENO 150 SONO MORTI A SEGUITO DI TORTURE. SI HANNO NOTIZIE DI PESTAGGIO, ELETTROCHOC, BRUCIATURE, ASFISSIA, STUPRO E MINACCE SESSUALI. SI TRATTA PER LO PIÙ DI STUDENTI SCESI IN PIAZZA CONTRO IL GOVERNO, O DI PERSONE CHE HANNO TWITTATO QUALCHE CRITICA. PER PORRE FINE È PARTITA LA CAMPAGNA #SOSVENEZUELA

Mariana Atencio per “Fusion”, Dagospia 19.7.2015

La paura dell’opposizione venezuelana è palpabile nella piazza di fronte al nuovo quartier generale dell’intelligence, il “Servicio Bolivariano de Inteligencia Nacional” (SEBIN), dove sta la più nota e blindata prigione sotterranea, sorta al posto della stazione metropolitana.

Le guardie monitorano la zona in superficie di quella che tutti, agenti di governo compresi, chiamano "La Tumba". Non ci sono finestre, né aria fresca, il rumore dei vagoni metropolitani che sfrecciano lì accanto è intollerabile. Le celle sono minuscole e non hanno il bagno. Per fare i bisogni, i detenuti devono avere un permesso speciale e l’attesa può durare ore.

Due volte a settimana Yamile Saleh emerge in lacrime dalle viscere, dopo aver fatto visita al figlio ventiseienne Lorent, in cella a cinque piani sottoterra: «Sono terrorizzata per ciò che può accadergli. Praticamente è sepolto vivo, in attesa di morire. Lo danneggiano psicologicamente e temo che non si possa recuperare. Continuo a dirgli che l’obbedienza civile, che il combattere per il Venezuela, questo paese non se lo merita».

Lorent ha già tentato il suicidio là sotto. E’ uno studente attivista, nel 2013 è stato visto parlare in Colombia ad un evento legato a una organizzazione neo-nazi, lo hanno rimpatriato e condannato per cospirazione. A niente è valsa la sua difesa: non conosceva la natura di quel gruppo.

I detenuti de “La Tumba” spesso soffrono di vomito, diarrea, febbre e allucinazioni, ma vengono negate loro le cure mediche. Camere e microfoni sono dappertutto, per analizzare ogni parola e pensieri dei prigionieri. Dalle violente proteste in strada che l’anno scorso hanno lasciato a terra 43 persone, il governo ha optato per il polso duro contro gli oppositori, trattandoli in modo crudele e disumano. L’ufficio dei diritti umani dell’ONU ha scoperto che 3.300 persone, inclusi minori, sono stati incarcerati solo tra febbraio e giugno 2014. Almeno 150 sono morti a seguito di torture. Si hanno notizie di pestaggio, elettrochoc, bruciature, asfissia, stupro e minacce sessuali.

Gerardo Guerrero è stato prelevato dalla polizia dal presidio “Occupy” di Caracas e ci ha passato sei mesi lì sotto. Ne è uscito pieno di segni, gli occhi gialli, la pelle bianca. E lui è scuro di carnagione. Non ha mai visto il sole in quel periodo. Trasferito a “El Helicoide”, le torture sono continuate. Lo hanno colpito alle gambe con assi di legno duro, finché non si sono rotte. Lo hanno appeso per 12 ore.

Marco Coello, 19 anni, è stato arrestato durante una manifestazione, accusato di cospirazione e detenuto per sette mesi. Ottanta persone hanno testimoniato per la sua innocenza. E’ stato legato, picchiato con gli estintori e minacciato con una pistola per costringerlo a firmare una confessione. Lo hanno cosparso di benzina e hanno minacciato di dargli fuoco. Ora il ragazzo è sotto trattamento psichiatrico.

A febbraio la Guardia Nazionale ha sparato al quattordicenne Kluiver Roa. A inizio 2015 il Ministro della Difesa venezuelano ha passato una risoluzione che permette l’uso di armi mortali durante le manifestazioni, senza fare differenze fra i pacifici e i facinorosi.

Il pilota González, detenuto a “El Helicoide” per dieci mesi, con l’accusa di aver organizzato una protesta, si è impiccato in cella. Era stato denunciato da un vicino, che sospettava la sua vicinanza al movimento studentesco che si oppone al governo. Questi segreti gruppi di spie civili si fanno chiamare "patriotas cooperantes", patrioti cooperanti.

Maria Magalis è stata arrestata per aver postato un tweet contro il governo, che di lei sapeva tutto: indirizzo IP, provider di internet, provenienza del segnale wifi. Come mai? La SEBIN si era piazzata a casa del vicino. Insieme a lei, sono state arrestate altre otto persone, per aver twittato messaggi di critica al governo. Per porre fine a tutto questo è partita la campagna #SOSVENEZUELA.

Ctegoria Estero