Davvero i sei governi credono che “non esiste una soluzione militare”?
di Redazione | 19 Agosto 2015 ore 06:22 Foglio
Così percossa e attonita la terra al nunzio sta, diceva il poeta, e parlava della notizia della morte di Napoleone. Che è come dev’essersi sentita ieri la Libia insanguinata da una guerra civile alla notizia dell’ennesimo comunicato congiunto dei governi di Francia, Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti – questa volta sulla situazione a Sirte. Ascoltate questo passaggio: “Ribadiamo ancora una volta che non esiste una soluzione militare al conflitto politico in Libia”. Eccome no. I governi ribadiscono. Già ecco una nuova consapevolezza farsi strada nell’animo dei combattenti dello Stato islamico, eccoli deporre con ritrovata pietà i cadaveri appesi sulle croci, eccoli sospendere le decapitazioni dei ribelli che giovedì scorso tentarono una disperata sollevazione, eccoli i baghdadisti rinunciare per sempre all’utopia di uno stato jihadista a trecento chilometri dalle coste italiane e a pochi chilometri dai siti gasieri dell’Eni. E sentite la forza di quest’altro passaggio dalla potenza ineluttabile: “Gli avvenimenti di Sirte sottolineano ancora quanto sia urgente che le varie fazioni libiche trovino un accordo per la formazione di un Governo di Concordia Nazionale”.
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E noi che abbiamo speso questi anni dopo il 2011 a chiederci come mai le fazioni libiche stessero a cincischiare e a fare flanella tra Tripoli, Tobruk e Misurata, invece che agire come un sol uomo per il bene del paese. La risposta era: perché ancora mancava il comunicato congiunto dei sei governi. Tuttavia, il passaggio che ci riempie di maggiore ottimismo è il seguente: “Ci felicitiamo per la recente sessione di negoziati per il dialogo politico svoltasi a Ginevra e ribadiamo tutto il nostro appoggio al processo di dialogo guidato dal Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Bernardino León”. Si felicitano, i sei, per incontri che non stanno raggiungendo un risultato concreto che sia uno e che sono diretti da un inviato speciale dell’Onu il cui mandato in teoria è scaduto a marzo. Tranquilli, il mandato è stato rinnovato, un altro trucchetto per mettere fretta ai libici – e loro non ci sono mai cascati. E infatti continuano a fare i loro traffici e la loro guerra, e almeno queste cose servono a noi per avere l’illusione di essere sempre al round negoziale decisivo, quello che o funziona o si rompe per sempre. E invece ci si rivede tutti al prossimo tavolo. Teneteci fermi, sembrano dire i sei governi, che se non fosse per questo delicato processo di pace in corso saremmo già in Libia a menare le mani contro lo Stato islamico – non pensino di poter fare in Libia sotto i nostri occhi quello che hanno fatto in Siria e Iraq.
Ecco, a questi comunicati non crede nessuno. Non i governi, non le fazioni libiche che dovrebbero fare la pace e meno ancora lo Stato islamico. La politica non ottiene effetti. Converrebbe parlare della sua prosecuzione con altri mezzi.
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